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| << | < | > | >> |Indice7 Premessa QED 11 1. Dimostrazioni e logica 1.1. Cosa è un teorema, 11 1.2. Cosa è una dimostrazione, 15 1.3. La dimostrazione nella filosofia, 17 1.4. La dimostrazione nella storia, 21 1.5. La dimostrazione nella logica, 31 49 2. Le funzioni della dimostrazione 2.1. Evitare i calcoli, 50 2.2. Predire i risultati, 51 2.3. Controllare lo strumento, 51 2.4. Aumentare l'affidabilità, 52 2.5. Fornire spiegazioni, 52 2.6. Fare economia, 54 2.7. Spiegare mediante riconduzione agli assiomi, 54 2.8. Suggerire generalizzazioni, 56 2.9. Spiegare mediante generalità, 57 2.10. Trasportare risultati, 57 2.11. Stabilire collegamenti, 58 2.12. Spiegare mediante sussunzione, 58 2.13. Fare due passi invece di infiniti, 61 2.14. Definire la semantica, 63 2.15. Provare la correttezza, 65 2.16. Spiegare mediante la semantica, 67 2.17. Risolvere problemi, 68 2.18. Esplicitare il contenuto costruttivo, 69 2.19. Estrarre algoritmi, 70 2.20. Fare umorismo, 71 2.21. Semplificare la vita, 72 2.22. Risparmiare risorse, 72 2.23. Sprecare risorse, 75 2.24. Creare concetti, 76 2.25. Inventare forme di ragionamento, 79 2.26. Resuscitare, 80 2.27. Spiegare «perché non», 81 2.28. Refutare, 81 2.29. Scoprire controesempi, 82 2.30. Suggerire teoremi, 84 2.31. Suggerire assiomi, 85 2.32. Suggerire le ipotesi giuste, 85 2.33. Vedere i risultati, 86 2.34. Sostituire l'intuizione, 86 2.35. Permettere l'intuizione, 87 2.36. Vedere quel che non c'è, 87 2.37. Raffinare l'intuizione, 89 2.38. Confermare l'intuizione. 91 2.39. Definire l'intuizione, 91 94 3. Strategie di dimostrazione 3.1. Dimostrazioni dirette, 99 3.2. Distinzione di casi, 103 3.3. Sillogismo disgiuntivo, 107 3.4. Contrapposizione e modus tollens, 110 3.5. Dimostrazioni per assurdo, 111 3.6. Dimostrazioni in avanti e all'indietro, 117 3.7. La gestione dei quantificatori, 120 134 4. Stili di dimostrazione 4.1. Alles Logische. Was ist das?, 136 4.2. Dimostrazioni e logiche, 140 4.3. Purezza dei metodi, 171 4.4. Metodi di decisione, 173 177 5. Una morale 181 Indice dei nomi |
| << | < | > | >> |Pagina 7PremessaNulla è più importante in matematica delle dimostrazioni, e nulla paradossalmente è meno studiato. I matematici ne discutono in continuazione, le fanno, le giudicano, le confrontano, ne valutano i rispettivi meriti, ma manca una considerazione teorica, come invece è stata almeno tentata per le euristiche di soluzioni di problemi. Non si sa neanche dare una definizione che accontenti tutti; quelle che circolano o sono prese dalla tradizione filosofica o deviano verso polemiche sterili sul ruolo o non ruolo della logica. Nella filosofia della matematica si discute di questioni ontologiche o epistemologiche, di realtà e di conoscenza, ma non delle dimostrazioni. L'insegnamento poi pretende di farne a meno, come fare a meno della vanga nella vigna, oppure, all'università, che si imparino per imitazione. Per studiare le dimostrazioni occorre per prima cosa avere presenti molti esempi, e questo abbiamo fatto nell'esposizione che segue; per impostare una teoria è necessario iniziare con una fenomenologia. Gli esempi mostrano innanzi tutto una grande varietà di funzioni svolte dalle dimostrazioni nella costruzione della matematica, una molteplicità di strategie logiche e una pluralità di stili. Al di sotto delle differenze di stile stanno le diverse capacità espressive e definitorie dei linguaggi e le diverse potenzialità deduttive delle logiche che si usano, spesso senza esserne consapevoli. Una semplice considerazione dei multiformi aspetti delle dimostrazioni dovrebbe convincere chi studia, chi insegna e chi fa matematica che la logica deve essere studiata in simbiosi con la matematica, e viceversa, e che non è un sistema rigido di norme quanto un arsenale di strumenti. Ma gli strumenti servono per fare qualcosa. Questo libro nasce da una frustrazione. Si insegna la logica a persone che non hanno familiarità con l'attività dimostrativa, nel senso di sapere evocare dimostrazioni in tempo reale, o costruirle. Si constata allora come la logica, priva della sua materia e ragion d'essere, finisca per diventare solo un altro formalismo da affiancare ai tanti già appresi, quelli dell'algebra, dell'analisi, della programmazione. Della diversità dei vari formalismi, a cui si aggiunge ora quello della logica formale, non si capisce e non si chiede né la ragione né la funzione. Il pluralismo dei linguaggi è una bella cosa, se li si sanno tradurre, altrimenti è una cacofonia. D'altra parte, coloro che ne hanno subìte troppe, imparando le teorie nella inesorabile scansione teorema-dimostrazione..., tendono a pensare che si voglia forzare sulla loro conseguita professionalità una sovrastruttura inutile. | << | < | > | >> |Pagina 111.
Dimostrazioni e logica
1.1. Cosa è un teorema Se si chiede a una persona comune di citare un teorema, è alta la probabilità che si senta rispondere «2 + 2 = 4», o qualcosa di simile. Lo stesso se si fosse chiesta una verità matematica. Le persone comuni, e anche molti matematici, non fanno differenza tra teorema e verità matematica, e non provano alcun disagio di fronte all'augusto concetto del Vero. La matematica per il popolo è fatta di enunciati che sono verità assolute, qualunque cosa questo voglia dire, non contingenti, analitiche, per chi sa di filosofia, necessarie, certe oltre ogni dubbio. Ma 2 + 2 = 4 non è un teorema.
I teoremi sono enunciati formali condizionali del tipo
dove T è un enunciato o una congiunzione o un insieme di enunciati. A è la conclusione, T le assunzioni, cioè gli assiomi della teoria. «Formali» significa che sono formule di un linguaggio simbolico artificiale, costruite rispettando solo regole di correttezza sintattica, e prive di un significato intrinseco, come è invece per le frasi delle lingue naturali. Dato un teorema «se T allora A», si usa anche dire che A è un teorema di T; dire invece che A è un teorema incondizionato non ha senso. Al massimo, se non c'è T, A può essere un teorema logico, vale a dire una formula logicamente valida, una tautologia. | << | < | > | >> |Pagina 492.
Le funzioni della dimostrazione
Consideriamo ora la dimostrazione nella matematica. Usiamo il termine «dimostrazione» per le dimostrazioni informali, senza voler precostituire alcun giudizio sulla quantità di logica o di formalizzabilità che contengono. Intendiamo le dimostrazioni che si usano nella scuola o tra matematici, che sono riconosciute tali dal processo di accettazione della comunità scientifica e che si trovano scritte ed esposte in articoli, libri, seminari. Nel parlare al plurale di funzioni della dimostrazione ci si discosta subito dall'idea tradizionale ancora spesso ripetuta, secondo cui l'unica funzione sarebbe quella di convalidare in un modo speciale i risultati: «I greci antichi scoprirono che in aritmetica e in geometria era possibile dimostrare che i risultati erano veri». Noi siamo meno ingenui, forse più infelici, e una funzione che non assegniamo alle dimostrazioni è certamente quella di stabilire la verità, e tantomeno in modo esclusivo. Molte altre e più interessanti sono le funzioni svolte dalle dimostrazioni nella costruzione della matematica. Non tutte le realizzano tutte; alcune dimostrazioni si raccomandano solo per un motivo, altre ne assommano parecchi, nessuna forse tutti. Parlando di funzioni della dimostrazione intendiamo i diversi contributi che le dimostrazioni apportano alla conoscenza, e i diversi possibili ruoli che svolgono nella formazione sia della matematica in sé sia dei rapporti che si instaurano con le discipline in cui la matematica trova utilizzazione. Le dimostrazioni si possono classificare anche secondo altri criteri, ad esempio il tipo e la forma, e alcuni tipi sono più adatti a una funzione, altri ad altre. Incominciamo a sviluppare una prima classificazione secondo le funzioni. | << | < | > | >> |Pagina 943.
Strategie di dimostrazione
Esaminiamo ora in dettaglio alcune semplici dimostrazioni, per mettere in luce quali strategie di ragionamento vengano utilizzate, e di conseguenza quali leggi logiche sostengono i vari passaggi. Uno degli obiettivi è anche quello di fare un ripasso, oppure una introduzione alle leggi logiche di più frequente utilizzo. Le dimostrazioni che presentiamo sono molto vicine alle dimostrazioni formalizzate. Qualcuno sostiene, come si è detto, che si perde il senso di quello che si fa e ci si smarrisce nei passaggi locali, senza visione globale, della strategia. Le dimostrazioni informali d'altra parte sono più difficili per i principianti in quanto di solito richiedono molta esperienza matematica; spesso sono costituite da un accostamento di diversi domini di discorso; le più belle sono quelle imprevedibili. Con le dimostrazioni formali si verifica lo stesso fenomeno che si constata quando si guarda la pelle al microscopio; diventa irriconoscibile, piena di buchi, potrebbe trattarsi di un qualunque tessuto, e in generale l'aspetto è repellente, quanto invece è piacevole l'epidermide al tatto e alla vista. Una persona non dice all'amato «guarda la mia pelle al microscopio». Ma in compenso col microscopio si vede da cosa è costituita, e i diversi strati che non si sospettavano, e altro; e una questione di livelli di realtà, o di percezione. In verità proprio la scelta e l'indicazione delle leggi e delle regole che si utilizzano aiutano, con la loro descrizione, a mettere a fuoco la strategia dimostrativa quindi a capire il senso di quello che si fa. Lo scopo di questa presentazione non è quello di invitare a produrre sempre le dimostrazioni con tale pignola insistenza sui dettagli, quanto di insegnare a esporle (a sé e agli altri) attraverso un discorso chiaro e comprensibile. Quando si deve eseguire un passaggio logico, a differenza di un calcolo numerico o algebrico, si incontrano talvolta difficoltà di espressione, innanzi tutto perché ci si deve esprimere, poi perché si ha a che fare con una materia impalpabile, il linguaggio allo stato puro nelle sue articolazioni logiche che sono indipendenti dall'argomento concreto in oggetto. Non è del tutto corretto dire, come talvolta si sente affermare, che nell'esposizione informale si saltano dei passaggi, mentre in quella formale li si eseguono tutti; non ha senso, ché non è scritto da nessuna parte quali debbano essere tutti i passaggi. Succede piuttosto che nel presentare un argomento si usino forme linguistiche compatte, non familiari a chi non è fluente nel parlare, e ha quindi difficoltà a seguire il filo del discorso; lo si verifica quando si espone una semplice dimostrazione a una matricola. Ma tali inferenze sono valide quanto quelle più semplici. Chi non padroneggia una lingua può anche riuscire a dire le stesse cose di un esperto della materia, ma in modo più lungo, faticoso e inelegante, accostando (con la «e») frasi elementari, senza consecutio, senza costrutti di connessione sofisticati: è tipico di chi è rozzo esprimersi usando solo le proprietà di base dei connettivi, e di pochi connettivi (e non parliamo dei pronomi e dei legami che stabiliscono tra le frasi, cioè di variabili e quantificatori). L'obiettivo naturalmente — e l'auspicio — è che si diventi fluenti e si abbandoni il pidgin, non quello di insegnare il pidgin. Un aiuto può venire dal vedere come i costrutti più compatti si traducono nel proprio linguaggio povero, cogliendone il significato e la portata sezionandoli su casi paradigmatici. | << | < | > | >> |Pagina 1775.
Una morale
Dalla precedente carrellata di dimostrazioni si ricava una morale: poiché le dimostrazioni si presentano con stili ben caratterizzati a seconda dei settori disciplinari, per imparare a fare dimostrazioni, o anche soltanto per apprezzarle, è auspicabile una frequentazione di diversi campi della matematica (che è raccomandabile anche per altri ovvi motivi). Bisogna tuttavia che le persone abbiano gli strumenti per riconoscere ed esplicitare le differenze che le colpiscono. Nella fruizione artistica si presenta un analogo problema di educazione; il diverso godimento che si prova davanti a un Van Gogh o a un Warhol non può essere lasciato alle pure sensazioni; diventa più profondo se diventa più consapevole, cioè se si hanno gli strumenti culturali per confrontare non solo momenti storici, ambienti, intenzioni ma anche le tecniche degli autori. Nel caso delle dimostrazioni le tecniche sono le logiche. Dire che le logiche sono tecniche, non significa suggerire che siano come un paio di guanti che si infilano e si tolgono a piacere, senza lasciare traccia. Le logiche sono il modo di funzionare della nostra testa. Quando ci si mette in un'ottica particolare, tutto il pensiero ne è influenzato: come si concepisce l'oggetto della ricerca, i tipi di definizione che si adottano, le abitudini che si formano, le immagini che accompagnano il ragionamento, i problemi che si formulano, oltre ovviamente alle soluzioni e alle strategie per trovarle. Un esempio familiare a tutti è la geometria fatta o al modo dei greci o secondo Descartes. Per fortuna la nostra testa è capace di funzionare in diversi modi. Non si deve essere vincolati a una sola impostazione, soprattutto nell'insegnamento, anche se, o proprio perché, le persone tendono ad acquiescere nel modo meno faticoso, o in quello ricevuto. Le varie riforme sperimentate nei paesi occidentali privilegiano ora l'una ora l'altra disposizione, una volta i calcoli, una volta le astrazioni, oppure la soluzione dei problemi. La risposta invece sta nella loro compresenza, o addirittura contrapposizione; le persone bisogna sorprenderle. Sono le dimostrazioni che sorprendono, non i fatti. I matematici si sorprendono per risultati che capiscono solo loro, ma anche per le persone comuni sono disponibili esempi comprensibili.
Si consideri la famosa illusione ottica, [...]
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