Copertina
Autore Svend Åge Madsen
Titolo Rigenesi
EdizioneIperborea, Milano, 2003, 115 , pag. 434, dim. 100x200x28 mm , Isbn 978-88-7091-115-2
OriginaleGenspejlet
EdizioneGyldendalske Boghandel, Copenaghen, 1999
PrefazioneMaria Valeria D'Avino
TraduttoreMaria Valeria D'Avino
LettoreRenato di Stefano, 2003
Classe narrativa danese
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Indice

1.  Premessa                                  9
2.  Pre-figurazioni                          11
3.  Pre-visioni                              19

LIBRO PRIMO: FINCHÉ SEPARAZIONE

4.  Uno sguardo in purgatorio                23
5.  Scacchi e peripatetiche                  26
6.  Uno dei più felici errori di natura      31
7.  Non somigliava a un angelo               36
8.  Il pensatoio                             40
9.  Il banchetto originale                   43
1O. L'altro                                  51

LIBRO SECONDO: FINCHÉ MORTE

11. Raccontare una non-storia                59
12. Ilmetodo per acquisire 1'onniscienza     64
13. Maschere nude                            67
14. La menzogna che ricreò Helena            73
15. Il secondo primo incontro                78
16. La legge al di sopra della legge         81
17. Annullamento della legge naturale        85
18. La legge ultima                          88

LIBRO TERZO: IL RITORNO

19. Bottiglie vuote e giornali non letti     95
20. La fiaba della morte                     99
21. La combinazione lineare quotidiana      103
22. Consacrato al dolore                    110
23. La resurrezione                         114
24. La restituzione                         117
25. La riapparizione                        120
26. Rinascita                               123

LIBRO QUARTO: LUOMO CHE TORNÒ INDIETRO

27. Trasfonnare il mondo in sogno           129
28. Il vecchio pazzo                        132
29. Riconquistare la vita                   140
30. La casa senza tempo                     146
31. L'unica                                 153
32. Anfitrione e il desiderio               158
33. Il gusto dell'acqua zuccherata          162
34. La città degli odori                    165

LIBRO QUINTO: ALLA VITA

35. La sindrome dell'imperatore             173
36. Il terzo                                178
37. Festa e bombe                           185
38. La mente nuova dell'imperatore          190
39. La danza della vita                     195
40. Ce n'è un'altra                         199
41. Seno e bambino                          207
42. Lettere dal passato                     211
43. La bambina alla stazione                216
44. Entrare nel passato                     221
45. Come un tiro di buoi                    225

LIBRO SESTO: ALL'AMORE

46. Chi amerai come te stesso?              231
47. Un non giorno                           237
48. La sola e unica                         244
49. Una cosa divertente che diventa
    terribile                               248
50. Novella                                 253
51. Una cosa terribile che diventa
    fantastica                              257
52. Questo non è un racconto                260

LIBRO SETTIMO: ALLA GIOIA

53. Monologo a due                          269
54. Trovare le parole                       277
55. Salvata dal gong                        282
56. Fare luce dentro                        289
57. La nebbia mi è negata                   295
58. In memoriam                             299
59. Un suono di campane                     305

LIBRO OTTAVO: AL DOLORE

60. Genesi                                  313
61. Una trama di biglietti volanti          319
62. Quando la sfinge vide se stessa         325
63. Il dolore                               330
64. Sogni di comprensione                   334
65. Il ritardo della luce                   337

LIBRO NONO: LA DIGNITÀ DELL'UOMO

66. Fuori dalla tana                        343
67. Luomo senza impulsi                     348
68. Di nuovo alla mercé dei giornali        354
69. Il regalo più piccolo del mondo         357
70. Un'altra perla                          363
71. Un uomo nuovo                           368
72. Nello stesso spazio                     371
73. Momenti di felicità                     374

LIBRO DECIMO: COME IL VERO HELLED

74. L'eroe della bellezza                   381
75. Un mondo di me                          385
76. Alleata con il nemico                   390
77. L'incidente                             395
78. Io non vivrò in eterno                  397
79. Il patto                                401
80. Uscire dalla propria pelle              405
81. L'esperimento                           408
82. L'aspettativa                           414
83. Nel mondo                               417

Bibliografia                                421
Postfazione                                 423

 

 

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Pagina 9

1. Premessa



Questo libro si propone di spiegare qual è il senso vita. Inoltre vorrei dar conto della relazione esistente tra il bene e il male. Siamo liberi di sceglierci e di assumerci determinati valori, come molti sono propensi a credere? Oppure, come hanno sostenuto altri, esiste una legge più grande di noi?

Nel rispondere a queste domande sarò obbligata a sfiorare e a risolvere diversi enigmi secondari, la cui soluzione può ugualmente avere un certo interesse comune. Penso in special modo al problema dell'identità: "Chi sono io?" come spesso viene formulato, e all'altrettanto frequentemente sollevato: "Esiste un Dio?" Prima che quest'ultimo punto venga chiarito, devo prendere posizione riguardo ai due corollari che ne discendono. Se sì: è un vantaggio per l'uomo? Se no: è una circostanza che dovrebbe modificare il nostro comportamento?

Tuttavia, anche i problemi: "C'è vita dopo la morte? Cos'è la verità? Esiste il libero arbitrio o è tutto già stabilito a priori?" troveranno risposta, sebbene in minor dettaglio. Inoltre ho intenzione di far luce sull'annoso dibattito circa il rapporto tra realtà e fantasia. E di lì ovviamente: "Da dove viene l'ispirazione, la facoltà di trascendere ciò a cui sembriamo essere destinati?"

Infine non mancherò di pronunciarmi sul fondamentale dilemma: "Possiamo sapere con certezza se esistano altri uomini oltre a noi?" Ed eventualmente: "Possiamo essere certi che siano dotati di coscienza? Come possiamo agire, in generale, al fine di conoscere il mondo?"

Sono tutti interrogativi che hanno solleticato la curiosità di molti e attendono da lungo tempo una risposta. Di sicuro qualche persona impulsiva preferirebbe un immediato chiarimento di tali enigmi, ma tanto vale che si munisca di una buona dose di pazienza. Per comprendere le risposte e trarne pieno profitto, sarà necessario raccogliere alcuni elementi propedeutici.

Sono convinta che il lettore giudicherà ben ripagati i suoi sforzi.

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Pagina 11

2. Pre-figurazioni



La stanza in penombra odorava di pane troppo tostato. Just Helled sedeva al tavolo spostando qua e là frammenti di unghie tagliate. Rannicchiata nella poltrona, sua figlia sfogliava senza costrutto un libro di scuola. Fu allora che lo straniero entrò.

Così magro da sfiorare il grottesco, con le maniche troppo lunghe della giacca penzolanti sulle mani, i pantaloni a fisarmonica che nascondevano metà delle scarpe.

"Ciao Krystofiles", salutò l'uomo al tavolo, mentre regolava l'ultima unghia. "Ero qui che riflettevo sc-iul perché sc-ioffriamo."

Il nuovo venuto osservò i frammenti di unghia sul tavolo, disposti a cinque a cinque in due archi, come se il proprietario se ne fosse appena distaccato.

"Gli uomini e pure le be-sctie. Perché tutto è disposc-to in modo che sci-offriamo?"

"Per darci modo di tirar via la mano dal fuoco con una quanta rapidità."

"Una sc-erta rapidità, Krystofiles. Ma quando la mano è già bruciata del tutto? A cosa sc-erve allora? Lutto. Disc-perazione as-scioluta. É proprio necessario?"

"Per spingerci a lottare. Svignarla da quello che duole. Forma l'impulso di supervivenza."

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Pagina 59

11. Raccontare una non-storia



Molti - non avrei esagerato se avessi scritto: Innumerevoli - hanno raccontato storie. Qui io dovrò invece presentare una non-storia. Perché l'azione che dovrebbe aver luogo sembra non voler arrivare, e il tempo sembra rifiutarsi di passare.

Oggi - sono arrivata al 16 novembre del 1998 - nel giornale c'è un'intera pagina su un "Nuovo impulso per la terapia genetica" e su "I grandi dilemmi etici della tecnologia genetica". In prima pagina si parla di nuove minacce all'Irak da parte di USA e Inghilterra. Lo scatto quotidiano, segnato dal giornale, come pure il ticchettio regolare dell'orologio in salotto, mi dà una speranza che il flusso del passato possa riprendere a scorrere con regolarità. Ma finora la mia teoria dei ricordi non ha retto alla prova.

Se fossi veramente nata da quello sguardo, come il destino avrebbe preferito, oggi sarei più vecchia di cinque o sei anni, e il tempo non sarebbe costretto a languire in acque stagnanti.

Nessuno potrà più accertare se quella sera i due giovani si separarono immediatamente dopo il pranzo, nel rispetto del loro mutuo accordo - per riguardo al reciproco, fittizio fidanzato - o se riconobbero il messaggio del destino e si unirono fisicamente subito dopo le loro nozze spirituali.

Quel che è dato sapere si limita al diario intermittente di mia madre, la quale, a Roma, cercava di mettersi all'opera con la pianificata tesi di laurea: la visione dell'uomo nel romanzo Uno, nessuno e centomila, dello scrittore italiano Luigi Pirandello.


"11 ottobre. Forse stabilire un paragone con Calvino. Un sacco di somiglianze evidenti da tirar fuori. Quali? Quali? Quali? Spacconate. Millanterie. On ne peut écrire et penser qu'assis. Quante risate deve essersi fatto dentro di sé. Pallone gonfiato di una ragazzina.

Arrossisco ancora adesso. Allora no. Ansiosa com'ero di dimostrare quanto colta, erudita. Fanculo Nietzsche, Flaubert e tutti gli altri. Perché non riesco mai a tenere il becco chiuso. Almeno ho detto qualcosa.

J

JUST

S

T

Cos'ho detto in effetti? Nemmeno una parola sensata. E quel che è peggio: troppo poche insensate. Dimenticata?"


Il romanzo su cui Helena voleva scrivere inizia con il protagonista che si accorge del proprio naso. O meglio: scopre che la moglie considera il suo naso storto, cosa che lui stesso non aveva mai notato. La circostanza provoca una serie di riflessioni. Luomo si rende conto che quello che gli altri vedono, quando lo incontrano, non è lui. Quello che vedono è la loro immagine di lui, del tutto diversa dalla sua. Il che conduce a un progressivo relativismo.


"14 ottobre. Perché inizia proprio con il naso? Questa parte ridicola del corpo?

Naso molto utilizzato. Mollare P. e fare la tesi sui Nasi in letteratura??? Naturalmente il capolavoro, he he he: Gogol: Il Naso - che se ne va in giro da solo. E l'uomo dal Naso al di sopra di ogni altro n.: Cyrano! Una tesi molto erudita che ficca il naso dappertutto.

Non c'era un racconto? Johan Borgen? Sì. Qualcosa del tipo: lui passeggia in santa pace in una serra, gli entra qualcosa nel naso. Una mosca? Proprio allora compare LEI - la lei dei suoi sogni - e lo pesca col dito infilato profondamente nella narice. Penoso quanto Qu'assis almeno.

Ovidio Nasone - avrà qualcosa a che vedere con il naso? Uno studio naseologico. E procurarsi quel libro di cui Christl parla con tanto entusiasmo. L'uomo che sente gli odori. Certo può essere pesante leggere il tedesco. Süss-kind, dolce bambino, facile da ricordare. (Süskind, Il profumo.)

I nasi, perché è la prima cosa che salta agli occhi, la più evidente, a meno che non ce l'abbia duro proprio in quel momento, ovvio. Tutte cavolate: la prima cosa sono gli occhi. E un sorriso, riconoscente. Dobbiamo fare del nostro meglio, per riguardo verso i nostri fidanzati. Un sorriso che non poteva mentire. Ma lui ha una fidanzata, senza dubbio piena di qualità come lui.

Un discorso davvero brillante, lì per lì su due piedi, anzi su un culo seduto, come pensava anche Krystofiles... Anche se era in errore, il buon Just. Per quanto suonasse bene. Non era "l'Altro" a provocare il pensiero. É stata la gelosia. Quell'occhiata, quando chiacchieravo con Krystofiles mentre lui parlava. Occhi da Otello (erudita, la piccola). Avrà anche tutte le fidanzate che vuole, caro ispirato dalla gelosia. Non l'altro, perciò: ma il terzo uomo!! Devo ricordarmi di ventilargli l'idea quando... se...

Ho gettato alle ortiche il suo pudore. Telefonargli! Sì, sì, per la miseria. ... Occupato, naturalmente. Ho scritto il "suo" pudore. Freud mi avrebbe amata: l'unica persona che potrebbe volermi bene. Pudende.

Della cerchia di Helena nella Città Eterna è Chrisl, una compagna di studi, quella di cui parla più spesso. ("Chrisl con la sua voce crillastrina." Non è chiaro se intendesse cristallina o pollastrina.) Dal diario si può avere l'impressione che i sentimenti di Chrisl per lei fossero più intensi di quanto a Helena piacesse. Gli sviluppi del loro rapporto non vengono comunque ulteriormente seguiti.

Chrisl divenne più tardi moglie di un ambasciatore. In una lettera cortese, meticolosa e impersonale, dice di ricordare perfettamente Helena al tempo dei suoi anni di studio a Roma. Quello che invece non ricorda è che Helena abbia mai nominato un suo ragazzo o fidanzato. Né ha memoria d'altro che possa essere d'aiuto a una figlia intenta a ricreare la propria madre, non parliamo interessare un pubblico più vasto.

Tra i più intimi amici di Helena, i libri, se ne distingueva uno in particolare. Era un manuale di biologia piuttosto voluminoso che Helena aveva preso in prestito da suo padre.


"24 ottobre. Paradosso. Lavoro: studiare cose belle, divertenti. Tempo libero: ammazzarmi sul libro di papà. Non ci capisco un tubo. Solo quando andiamo a passeggio in Campo dei Fiori - ogni giorno verso mezzogiorno - improvvisamente capisco tutto, con lui che mi racconta come ogni cosa sia collegata, in modo paziente, intelligente, divertente, istruttivo - innamorato come dovrebbe, come deve essere.

Trucco di P., che Calvino sgraffigna: si prende il lettore per mano, lo si porta a spasso: 'Quando avete agito così? Ieri, oggi, un minuto fa? E ora? Ah, ora voi stesso siete disposto ad ammettere che forse avreste agito altrimenti. E perché? Oh Dio, voi impallidite. Riconoscete forse anche voi che un minuto fa voi eravate un altro? Ma sì, ma sì, mio caro, pensateci bene: un minuto fa, prima che vi capitasse questo caso, voi eravate un altro; non solo, ma voi eravate anche cento altri, centomila altri.' (In italiano nel diario, citato da Uno, nessuno e centomila.)

Quando siamo nella piazza ti racconto di Giordano Bruno, in modo divertente e intelligente. Prima lo bruciano. Poi gli rendono omaggio costruendogli una statua nello stesso posto, così può anche essere contento. (Annuisci riconoscente per l'informazione, che sicuramente sapevi già. Ma ti rendi conto che devi lasciarmi un po' di vantaggio almeno in un campo.)

Poi è il tuo turno. Esegui un trapianto genetico su dei fagioli, me li mostri: 'Non è difficile. Esiste una quarta anomalia che può condurre a una mutazione: è la traslocazione. Il passaggio a un'altra categoria. I cromosomi assomigliano a questi fagioli. Immaginati che da uno di essi venga tolto qualcosa, così.' Improvvisamente tutto è chiaro. Grazie al tuo entusiasmo.

Ti racconto della teoria di P. secondo la quale ognuno è molte persone. Il protagonista che all'inizio pensa di essere Uno. Poi, quando tutto gli crolla intorno, si rende conto di essere Nessuno. E, alla fine, di essere tanti quanti sono quelli che lo guardano: Centomila.

Annuisci, entusiasta della mia spiegazione: sei diventato di colpo centomila volte più intelligente.

Mi lascio sedurre dal tuo entusiasmo. Ti scrivo una lettera: Sono a Roma, tu che fai?

Mi immagino che ne rideresti. L'appallottolo e la getto via. Telefono, invece. Occupato. Ovviamente, sei occupato. Tutte le ragazze belle e intelligenti della città non fanno che telefonarti."

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Pagina 106

"Sciocchezze. Se hai imparato il danese splendidamente, con tutte quelle parole. Ti ricordi delle cose incredibili."

"Ho un trucco. Da bambino ero mentalmente ritardato. Solo per i numeri di telefono, date, anni, quadrature, ero adulto. Finché la favola non mi ha conquistata. La mia bella favola."

"Una favola?" biascicò Just un po' brillo.

"Se ho detto questo ne scuso. Un errore di calcolo. Volente dire tavola. Un sistematico di riconversione tutto ai numeri: così esco a cavarla col mio io. Convertire parole è molto facile: tu sei dieci ventuno diciannove venti, non è vero, Just, niente più di semplice. Così il tuo nome è ricordato nella mia testa: 10. 21. 19. 20. Sono o non sono 11.18.25.19.20.15.06.09.12.05.19? Chiedo al mio io ogni mattina. Nella vostra lingua, dopo avere transnumerato. Le nostre lettere possiedono altri numeri: la sola cosa dovuta imparare, diventando la vostra lingua, la mia. Alle parole è applicata con poco, una sua numerica vita. Ai concetti, più difficile, molti fattori, in dipendente dalle qualità. Come una numerazione di Gödel per le equazioni. Una specie. I colori sono potenze di undici. Il rosso è undici alla terza, il giallo undici alla quinta, il blu undici alla settima. Le sfumature tra l'uno e tra l'altro. Finché è in un senso, tutto è nel senso: chiaro. La faccia più difficile a riconoscere. Perché cambiante. Non devi sorridere, i piccoli sorrisi hanno intendenza per rimanere sotto la minima soglia, non essendo registrati."

"Non sto ridendo di te. L'idea mi affascina."

"I suoni erano una difficoltà. Stonato, dice. Ma sul binario mi mise la nuova tecnologia. Un altro tempo potevo tenere in calcolo solo composizioni lente. Beethoven, Mahler, baccano, baccano: troppi numeri, più velocemente delle operazioni. Poi ho imparato la tecnica dalla tecnica. Sono oltrepassato. Come il direttore d'orchestra legge la partitura, io leggo è facile dai numeri, capente la loro chiarezza."

"In modo digitale? Come un lettore di CD?"

"Troppo onore, quasi. Lui si rifà a un sistematico binario, io a uno nella base dieci. Diversamente il mio io non potrebbe star dietro. E con tutto sempre un po' di polvere sulla linea, correndo avanti e indietro a tradurre. Perciò il mio linguaggio è un poco sbrindellante sui margini, sempre, errori di arrotondamento, dice. Se-parlassi-molto-lentamente- saprei-parlare-in-modo-perfetto- sia-grammaticalmente- sia-dal-punta-di-vista-lessicale. Ma parlante rapido fabbrico sganciamenti, in che dovrai avere generosità, o la noia ti avrà vinto."

"Mi meraviglia che tu non ne abbia mai parlato."

"Si registra che la gente travisa il mio io. 'Mio io, mio io, perché mi sono abbandonato?' come Dio disse a se stesso. Detto in un passo di confidenza: qualcosa non va nel valzer di parole, se tre deve fare uno."

"Dici che ti fraintendono?"

"La gente ha intendenza a considerarmi come un automatico. È il loro errore di calcolo. I numeri non sono più automatici delle parole, è solo un altro sistema, con i suoi sconvenienti e i suoi vantaggi. Lo puoi capire."

"Altroché. Di colpo resto stupefatto rendendomi conto di cosa siamo capaci. Quando in una frazione di secondo traduciamo cilindrico, allungato, parzialmente trasparente, ristretto in alto, in 'Bottiglia'."

"Senza errori di virgola?"

"Il più sovente. Il più sciovente. Sce non c'è alcol nel scisctema, pericoloscia fonte d'errori."

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Pagina 142

Lemma si fece così pensieroso che il sale gli scivolò dalle mani, distruggendo il suo accurato modello di ricerca.

"Ora sono io che non ti seguo."

"I diversi tipi di mutazione corrispondono alle diverse dimensioni dei granelli di sale. Dobbiamo calcolare in che misura siano correlate. La delezione verrà esaminata a sé, e così la duplicazione, l'inversione. E la..."

Just strinse trionfalmente tra le dita l'ultimo pisello di sua figlia, prima di lasciarlo cadere con conseguenze catastrofiche.

"Traslocazione. Così avremo un diagramma sulla probabilità che due cromosomi acrocentrici possano mutare in uno metacentrico. E viceversa."

"Ma sempre solo la probabilità."

"È un parametro su cui verificare la possibilità di formazione di una coscienza spontanea. O autocoscienza, se preferisci. È già qualcosa."

"È già qualcosa. A parte questo ho lasciato il progetto."

"Stai già per ritornarvi. Solo che non lo sai."

Lemma sorrise scuotendo la testa. Allontanò il piatto. L'esperimento aveva fatto spargere tanto sale sul cibo da renderlo immangiabile.

"Perché dovremmo metterci a rovistare nella coscienza?" domandò riluttante.

"Perché non sappiamo che cos'è."

"L'effetto collaterale di uno scambio di informazioni alquanto complesso."

"Balle. Pensavo che questo l'avesse già escluso Penrose."

"Ancora con i tuoi acquedotti innamorati." (Penrose: The Emperor's New mind. Vedi il capitolo 38, La mente nuova dell'imperatore. )

"Il cervello è il nostro strumento più importante. Dobbiamo capire come funziona, è naturale."

"A prescindere dalle conseguenze?"

"Finché non lo sai, ospiti uno sconosciuto nel tuo corpo. Sei alienato a te stesso."

Prima di rispondere Lemma cercò di disciplinare la ciocca ribelle.

"Non sopporto questo modo di pensare. C'è gente che non guiderebbe una motocicletta senza sapere come funziona. È l'estrema fuga dalla realtà mettersi a osservare gli strumenti, voler capire l'asciugacapelli, la radio, il cervello, prima di accenderli."

"L'ultima la vedo dura: capire prima di cominciare a pensare."

"Guarda le nostre scimmie. Usano un bastone per acchiappare la frutta, un rametto per tirar fuori le formiche. Non sono alienate, appunto... perché sanno fare le cose senza rifletterci prima."

"Noi non siamo scimmie. Il punto è precisamente questo. Noi abbiamo una forma particolare di consapevolezza."

"La riflessione su di sé è la malattia. Fa concentrare l'attenzione sulla struttura del mezzo, invece di usarlo. Il giocatore di scacchi che analizza le sue mosse si troverebbe presto fuori gioco se cominciasse a meditare su come fa ad analizzarle."

"Credo di avere imparato a pensarla diversamente su questo punto. Dopo essermi reso conto di come i computer giocano a scacchi."

"Non sono capaci, papà", intervenne la bambina. "Si limitano a contare i punti di vantaggio."

"È esatto, Simone... Ho raccontato a Simone di un articolo che avevo scritto da giovane. Nel quale dimostravo che i computer possono vincere senza sapere affatto giocare a scacchi."

"Interessante... Chi racconta con fluidità la propria esperienza, usa il cervello in modo naturale", proseguì Lemma con calore, come se la sapesse più lunga di quanto era disposto ad ammettere. "Uno che deve conoscere tutte le regole di una lingua per poterla usare, e controllare la sincronia del sistema nervoso per poter afferrare una palla, è un invalido. Chi alzerebbe soltanto il braccio che fosse in grado di operare personalmente nel caso si rompesse, è handicappato quanto chi guiderebbe una motocicletta solo se la sapesse riparare da sé."

"C'è un libro che ti ha irritato, mi par di capire. Io non l'ho letto", disse Just conciliante. (Robert Pirsig: Lo zen e l'arte di riparare una motocicletta. )

Si sbarazzò della criticalità autoorganizzata divorando i piselli rimasti. Dopodiché aggiunse come per caso:

"Per il momento la possibilità di rovistare nell'autocoscienza è qualcosa di nuovo. I nuovi saperi in campo umano sono sempre accompagnati da diffidenza. La clonazione ad esempio. Ti ricordi quanta paura se ne aveva all'epoca? Eppure da quanto tempo sono in grado di farlo?"

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La donna suonava, ed era una musica di cui la bambina non aveva mai sentito l'uguale, talmente insistente, talmente evocativa di nostalgia che dovette nascondere il viso tra le mani perché non avrebbe dovuto esserci nient'altro al mondo che quel suono cullante, ronzante, che conteneva ogni cosa.

Anche il padre era preso nell'incantesimo, tanto da rimanere immobile a occhi aperti anche dopo la fine della musica, mentre i suoi pensieri inseguivano le ultime note che continuavano il loro cammino nell'aria. La donna fu la prima a parlare, e lo fece con una voce velata che sembrava il naturale seguito della melodia.

"La musica è ciò che esisterebbe se nulla esistesse", disse.

Un'idea da far girare la testa alla bambina, che per la prima volta in vita sua aveva sfiorato l'eternità. E oscuramente inteso come il concetto presumesse l'esistenza del Nulla. Elen sedeva immobile e maestosa, cresciuta insieme al suo strumento, cui l'ampiezza dell'abito permetteva di riposare tra le sue gambe. Era una madre diventata giovane, una madre che aveva portato con sé la musica tornando dal regno dei morti, dal Nulla.

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39. La danza della vita



"Però non hai ancora risposto alla domanda", obiettò uno degli ascoltatori più attenti. "Di che cosa vi occupate?"

"Questa è una festa", gridò la padrona di casa cercando di sovrastare la domanda. "Venite a ballare una buona volta. Davvero nessuno si lascia tentare?"

Elly cercò di prendere una posa aggraziata e seducente, con totale insuccesso. Quando con mosse oscene provò ad alludere ai pregi della danza, raccolse solo brutali sghignazzi. La pista da ballo era illuminata da un paio di fari potenti, ma il resto del giardino era immerso nell'oscurità appena rischiarata dalla luna.

"Se la coscienza non è solo un effetto collaterale", proseguì Just, mentre gli interessati si rimettevano ad ascoltare in pace, "dev'essere qualcosa di autonomo. E se è così dovremmo poterla ritrovare, trovarne i segni. Per esempio nella catena del DNA, che per così dire è il progetto esecutivo dell'essere umano. Ma che come sapete è anche spaventosamente lunga."

Krystofiles scattò in piedi con fare dimostrativo. Si unì a Elly, tuttora sulla pista da ballo a parodiare gesti di seduzione. Krystofiles la invitò a ballare con grandi rotazioni delle braccia e salamelecchi. Elly accennò una riverenza che bastò a mandarla quasi a gambe all'aria.

"Ma se assumiamo che le scimmie antropomorfe non possiedono la forma di autocoscienza di cui stiamo parlando, mentre gli uomini sì, potremmo limitarci a cercare in quella parte della catena di DNA dove gli uomini si differenziano, ad esempio, dagli scimpanzé. Così scenderemmo circa a un due per cento del materiale."

Alla luce dei riflettori i due si erano lanciati in una danza grottesca: l'uomo magro e disarticolato con un informe ammasso di donna tra le braccia. Qualcosa di simile a un valzer inglese, ma fuori tempo.

"L'uomo ha ventitré paia di cromosomi, mentre le scimmie antropomorfe ne hanno ventiquattro. Tutto fa ritenere che un tempo debba essere avvenuta una fusione - grazie a un errore, ovviamente: ogni progresso si produce grazie a sviste. Due cromosomi della scimmia si possono unire, noi la chiamiamo traslocazione, e formare un cromosoma un po' più grande. Un'anomalia genetica, non molto dissimile da quella che conosciamo nella sindrome di Down, ad esempio. Non però da uomo sano a mongolo, ma da proscimmia a uomo. In un certo senso la traslocazione è il meno grave degli errori genetici possibili, poiché il materiale genetico non va necessariamente perduto: si struttura solo in modo leggermente diverso. Improvvisamente, insomma, abbiamo un mutante dallo stadio scimmiesco in grado di fare una cosa mai vista prima: comprendere se stesso, specchiarsi idealmente. È in grado di immaginare che le cose potrebbero essere diverse, di pensare il futuro. Il mutante ha acquisito auto-coscienza."

Just si accorse che la figlia era rimasta sola, Soffi era scomparsa. La compagnia era rivolta verso di lui. Alle sue spalle, come in un fregio, i due danzatori si esibivano nella nube di fumo sprigionata dalla sigaretta di Krystofiles. In quel momento stavano affrontando qualcosa che avrebbe dovuto rappresentare un tango. Quando la suola umana piegava all'indietro la sua partner dagli incerti confini, i due sembravano sfidare ogni legge di gravità.

"Ora noi abbiamo isolato il materiale genetico di una piccolissima porzione del cromosoma traslocato, in cui si può supporre di trovare il minuscolo mutamento responsabile dell'immensa differenza. La sequenza che è alla base dell'inimitabile caratteristica umana: l'auto-coscienza. Si potrebbe dire che abbiamo trovato la sede dell'anima."

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