Copertina
Autore Salvatore Marchese
Titolo Cucina di Lunigiana
SottotitoloLe fonti, le storie, le ricette
EdizioneMuzzio, Roma, 2004 [1989], Cucine regionali 22 , pag. 308, ill., cop.fle., dim. 142x210x22 mm , Isbn 978-88-7413-073-3
PrefazioneLuigi Veronelli, Marco Guarnaschelli Gotti
LettoreFlo Bertelli, 2005
Classe alimentazione , regioni: Toscana
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Indice

Presentazione di Luigi Veronelli          IX
Introduzione di Marco Guarnaschelli Gotti XI
Ringraziamenti                          XIII

Prefazione                                 1

A gh'era n'om...                           5

La cucina                                  7
Le castagne                               13
    La lavorazione delle castagne         13
    Il castagno                           15
I cereali                                 41
    Il mulino e la molitura               41
    Il grano e il granoturco              43
    Il pane e la tradizione               45
    La lavorazione del grano              53
    I testi 55
Le carni                                 109
I pesci                                  175
Le verdure                               211
I dolci                                  245
    Le storie della spongata             245
I liquori                                277

Qualche menu della tradizione            279
Il folclore, le tradizioni, i musei      283
Glossario                                287
Bibliografia essenziale                  293
Indice delle ricette                     297
Fonti delle illustrazioni                307

 

 

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Pagina 15

Il castagno

Il castagno, elemento decisamente fondamentale della cultura cucinaria di tutta la Lunigiana fino a pochi anni fa, è stato così nominato (Castanea sativa) per rimarcare la sua provenienza da un'antica città della Tessaglia (Castanum, la chiamavano appunto i latini) che sorgeva in mezzo a curatissimi boschi di castagni.

La sua area di diffusione è abbastanza estesa e infatti lo si trova, oltre che in Italia, anche nella Penisola Balcanica e nella ex Iugoslavia, in Francia, nella Penisola Iberica, in Turchia, nel Sud dell'Inghilterra, in Ungheria, in Romania, nei Carpazi e nel Canton Ticino.

I castagneti italiani non sono spontanei, ma rappresentano il risultato di un'antica rivoluzione iniziata probabilmente dai romani e intensificatasi, poi, nel Medioevo, durante un'autentica, provvidenziale opera di trasformazione del paesaggio nella quale, in epoche diverse, hanno svolto una parte di estrema importanza anche la vite e l'ulivo.

Con la messa a dimora di queste tre piante, l'uomo ha chiuso un ciclo, apertosi con la semina del grano, riguardante il suo modo di essere: da nomade, infatti, è diventato agricoltore. E con l'agricoltura si è sviluppato l'allevamento. In Lunigiana, in alcuni momenti, la farina di castagne è stata veramente "la farina" (mancando il frumento) e il castagno si è proposto come "l'albero del pane".

Non solo. Il castagno è come il maiale, e viene completamente sfruttato.

Dalle castagne, la farina. Ma anche il legno per costruire mobili e per scaldarsi, oppure per estrarre il tannino. Ancora: le foglie da mettere sul fondo dei testi, l'humus adatto per i profumatissimi funghi. È per tutto questo che si pensa al castagno come all'emblema stesso della Lunigiana.

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Pagina 28

Polenta di castagne

    Ingredienti
    • 600 g di farina di castagne
      (passata al setaccio)
    • Ricotta
    • Circa 2 l d'acqua
    • Sale

Portare a ebollizione l'acqua salata in una pentola capace • Abbassare la fiamma e cominciare a versare la farina (a pioggia, per evitare la formazione di grumi) mescolando molto bene con un cucchiaio di legno • Questa polenta dovrà cuocere mediamente per circa 3/4 d'ora • Tagliarla a fette e servirla (calda) con ricotta • È gradevole anche il giorno dopo, appena abbrustolita

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Pagina 30

Patuna pontremolese

    Ingredienti
    • 400 g di farina di castagne
    • 1/2 l d'acqua
    • Sale

Impastare la farina con l'acqua e il sale • La pasta, di media consistenza, si stende (strato di circa 2,5 cm) sul fondo di un classico testo • Coprire con il testo superiore e cuocere (circa 30 minuti) sotto la cenere • Il risultato è uns sorta di pane grezzo da mangiare con ricotta, formaggi freschi e salsiccia

La pattona è conosciuta in tutto il comprensorio lunigianese (dal mare alla Cisa) e il suo uso era comune, fino all'immediato dopoguerra. È ancora di grande attualità in numerose famiglie di Vinca (sulle Apuane) e dell'Alta Lunigiana.

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Pagina 58

Testaroli di Pontremoli

    Ingredienti
    • 600 g di farina di frumento
    • 1/2 l d'acqua
    • Sale

Con l'acqua, la farina e il sale, in una zuppiera o in un altro recipiente, si prepara una pastella abbastanza fluida • Si fa scaldare la forma di base (testo in metallo o in terracotta) e si versa un po' di pastella che si farà uniformemente distribuire sul fondo per uno strato di circa 1/2 cm • Si mette il coperchio e si completa la cottura (9-10 minuti) • Si taglia il disco a rombi o quadrati di 4-5 cm di lato che si mettono per pochissimi minuti in acqua bollente • Si condisce con pesto (preferibilmente), olio d'oliva e pecorino grattugiato

I testaroli e gli altri dischi di pasta sono, in pratica, dei veri e propri "liofilizzati" come la pasta secca comune. Si possono dunque conservare per farli rinvenire (reidratare) immergendoli in acqua bollente. È quindi ragionevole pensare a essi come a un cibo adatto ad accompagnare l'uomo in viaggio (così si può pensare subito alle trie arabe da cui sembrano derivate le paste secche meridionali e genovesi).

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Pagina 74

Polenta incatenata

    Ingredienti
    • 300 g di farina di granoturco setacciata
    • 200 g di fagioli borlotti freschi,
      oppure 150 g di fagioli borlotti secchi
    • 1 cavolo nero
    • 50 g di formaggio parmigiano grattugiato
    • 1/2 mestolo d'olio d'oliva
    • 1 cucchiaio di sale grosso
    • 1 l e 1/2 d'acqua

Se i fagioli sono secchi, metterli a bagno la sera prima, versarli in un paiolo di rame o una qualunque casseruola con l'acqua e il sale • Quando i fagioli sono cotti aggiungere il cavolo tagliato fine • Se i fagioli sono freschi, metterli a cuocere insieme al cavolo • Durante la cottura, versare l'olio d'oliva • Quando il cavolo è cotto, abbassare il fuoco e versare la farina di granoturco a pioggia e poco per volta, mescolando bene con una paletta di legno per impedire che si formino grumi • La polenta dovrà rimanere molto morbida, eventualmente aggiungere acqua tiepida o olio d'oliva a seconda della densità • Lasciare cuocere per 40 minuti circa e servire nei piatti da portata con formaggio parmigiano

Questo piatto lo si prepara anche con gli erbetti e i fagioli dall'occhio, in sostituzione del cavolo e fagioli borlotti.


Una variazione sul tema delle polente "in catene" è data dai frascadèi, composti da farina di granoturco, cavoli neri e patate. È, sicuramente, un piatto che richiama l'inverno e le immagini della famiglia raccolta attorno al camino ad ascoltare lunghe storie e a pulire le castagne.

Rispetto alla polenta incatenata, nei frascadèi c'è, in più, quasi a rafforzare il concetto di piatto invernale, il lardo tritato o la mortadella "meglio se nostrale".

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Pagina 94

Strozzapreti alla ligure

    Ingredienti
    • 1 kg di spinaci
    • 3 uova intere
    • 350 g di ricotta
    • Parmigiano grattugiato
    • Noce moscata
    • Farina bianca
    • Burro
    • Salvia
    • Pomodoro fresco
    • Sale e pepe
    • Basilico

In abbondante acqua salata, sbollentare gli spinaci • Scolarli, strizzarli con cura e tritarli • In una ciotola capace, amalgamarli con le uova e il parmigiano • Unire la noce moscata, aggiustare di sale e pepe • Se il composto resta troppo fluido, incorporarvi un cucchiaio di farina bianca • Prelevare porzioni dell'impasto ricavando delle polpettine di forma leggermente allungata e passarle nella farina, velandole appena • Scottare gli strozzapreti, pochi alla volta, in abbondante acqua salata, e toglierli con una schiumarola appena salgono in superficie • Lasciarli scolare bene, raccoglierli in un vassoio da portata e condirli a piacere con burro fuso, salvia e parmigiano, o con una salsa di pomodoro fresco e basilico (e parmigiano a piacere)

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Pagina 114

Un notevole contributo alla sussistenza della gente di Lunigiana fu apportato dal maiale, anche se con un po' di ritardo rispetto ad altre regioni (i più antichi esempi di iconografia relativa al maiale figurano in codici miniati carolingi del IX secolo).

Se ne ricavavano – come oggi – insaccati e carni da salare. E, soprattutto, il lardo, che aveva due destinazioni. O veniva bollito per ottenerne lo strutto (in grado di conservarsi benissimo per molto tempo), adatto a surrogare il burro (dolci) e l'olio (fritture) con eccellenti risultati sul piano del gusto, o veniva messo a stagionare.

Il luogo più adatto per la conservazione del lardo è Colonnata, sulle Alpi Apuane.

Il lardo (di schiena) viene cosparso di un fitto strato di erbe (rosmarino, salvia, aglio e molte altre) tritate e amalgamate con pepe e (molto) sale: i ritagli di lardo vengono stesi in "conche" di marmo (vasche scavate in un unico blocco che presenta a volte dimensioni notevoli, fino a raggiungere i 2 o 3 metri cubi) in cui un tempo si conservava l'olio d'oliva.

Il lardo, preparato in primavera (per l'abbondanza delle erbette), si conserva molto bene per qualche mese. Poi si taglia a fettine e si può mangiare crudo (eccezionale, quello di Colonnata) o si può utilizzarlo, tritato, per diverse preparazioni.

Tutta la carne, in Lunigiana, è spesso associata al pepe.

Dopo le Crociate, del resto, le spezie, e il pepe in modo particolare, cominciarono a diffondersi in tutta l'Europa. I primi a usarle furono naturalmente i marinai (spesso genovesi e liguri in genere), che in qualche modo collaborarono con i mercanti per farle conoscere e apprezzare. Il pepe dava sapori a carni malamente conservate o, comunque, povere di gusto perché venivano macellate bestie vecchie o con la muscolatura indurita dal lavoro nei campi (nel caso dei bovini).

Era indispensabile, talvolta, prima bollire la carne (brodi), poi riutilizzarla con diverse manipolazioni (polpette, polpettoni eccetera). Oltre che da Venezia, la via delle spezie verso la Lombardia e il Nord passava pure dalla Lunigiana, e un po' di pepe, in un modo o nell'altro, restava disponibile per la gente del posto, che ha imparato ad apprezzarlo con lo stesso spirito con cui ha accolto il baccalà, lo stoccafisso e, più tardi, la patata e il pomodoro.

Il pepe, come il sale, è dunque un elemento che aiuta a conservare il cibo. Logico, allora, che quando questo diventò di facile acquisto (il suo mercato ha avuto frequenti sbalzi) entrasse nel cucinario quotidiano lunigianese, sempre propenso – e questa è la caratteristica fondamentale – ad accogliere solo quanto fosse in grado di durare a lungo o, comunque, di contribuire allo scopo.

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Pagina 128

Bianco e nero fritti

    Ingredienti
    • 500 g di cervella, animella e fegato
    • Farina e pane grattugiato
    • 1 uovo
    • Olio
    • 2 cucchiai di buon aceto rosso
    • Succo di limone
    • Sale e pepe

La cervella deve essere pulita benissimo con acqua fredda e succo di limone (bagno d'acqua corrente, limone, ancora acqua) • L'animella si fa bollire con acqua e aceto, dopo averla lavata con cura • Il fegato (ricco di sangue) va appena pulito • Si tagliano fegato, animella e cervella a fettine sottili, poi si salano e si pepano prima di passarli in farina, nell'uovo leggermente battuto e nel pangrattato • Si friggono in padella, in olio bollente, poche fettine per volta (per non abbassare la temperatura dell'olio) • Si friggono prima l'animella e la cervella e, in ultimo, il fegato • Trattandosi di piccoli pezzi, è opportuno cuocere brevemente, ma a fiamma alta

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Pagina 194

Totani ripieni

    Ingredienti
    • 800 g di totani già puliti e lavati
    • 1 uovo
    • La midolla di un panino bagnata nel latte
    • 100 g di parmigiano grattugiato
    • 100 g di mortadella
    • Un niente di noce moscata
    • 1 spicchio d'aglio
    • Un po' di maggiorana
    • 3 pomodori maturi
    • 1 bicchiere di vino bianco
    • Un po' di prezzemolo
    • Sale e pepe
    • 5 cucchiai d'olio d'oliva
    • 1/2 cipolla bianca

Nettare i tentacoli dai totani e tritarli finemente con la midolla del panino, la mortadella, la maggiorana • Amalgamare il tritato con il parmigiano, la noce moscata e un po' di sale • Con l'impasto riempire i totani e chiuderli con l'aiuto di uno stecchino o di un apposito spiedino • In una terrina capace, scaldare l'olio e farvi soffriggere la cipolla, l'aglio e il prezzemolo tritati per 5 minuti • Aggiungere i totani e, dopo un minuto, il vino bianco • Lasciare evaporare a fuoco dolce per 7 minuti • Versare i pomodori spellati e passati al setaccio, aggiustare di sale e pepe e fare cuocere lentamente per circa 3/4 d'ora

Varianti

Si possono diminuire il parmigiano o la midolla di pane sostituendoli con un po' di verdura (bietole) bollita, strizzata e tritata • Oppure: si può diminuire la mortadella sostituendola con la verdura • Ancora: se i totani sono freschissimi e non troppo grossi possono cuocere, con ogni ripieno, anche senza pomodoro • Con la casseruola coperchiata e un po' d'acqua


Seppie con verdure

    Ingredienti
    • 700 g di seppie fresche (già pulite e lavate)
    • 1 mazzo di bietole (già pulite e lavate)
    • 5 cucchiai d'olio d'oliva
    • 1 bicchiere di vino bianco
    • 2 spicchi d'aglio
    • Un po' di prezzemolo
    • A piacere origano e maggiorana
    • Sale e pepe

Tagliare a striscioline di mezzo centimetro le seppie e farle rosolare, in una terrina, con l'olio, il prezzemolo e l'aglio tritati • Mescolare bene per circa 5 minuti, a fuoco dolce • Versare il vino bianco e farlo evaporare • Mettere l'origano e la maggiorana • Mescolare e cuocere per circa 10 minuti • Aggiustare di sale e pepe e unire le bietole strizzate e tritate grossolanamente • Ultimare la cottura (col coperchio), mescolando di tanto in tanto per 20-25 minuti, a fuoco medio

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Pagina 245

Le storie della spongata

Non si può entrare nel merito dei dolci della Lunigiana senza dedicare la dovuta considerazione alla spongata (a Pontremoli) o spungata (a Sarzana). Le due specialità, tuttavia, non differiscono soltanto per una vocale, come vedremo. Il dato sicuro è che entrambe le versioni costituiscono uno squisito dessert con il quale degustare un calice di Sciacchetrà, il famoso vino passito delle Cinque Terre.

Per quanto riguarda la spongata di Pontremoli, le varie ipotesi degli studiosi, confermate anche durante un convegno svoltosi l'1 febbraio 2003 nella elegante cittadina lunigianese e organizzato dall'Accademia italiana della cucina, concordano nell'attribuirle un'origine ebraica. Più precisamente, la ricetta della spongata sarebbe giunta in Italia — in Lombardia e in Emilia Romagna — nel corso del 1500, portata dagli Ebrei sefarditi sfuggiti all'Inquisizione spagnola.

Alcuni profughi arrivati nelle varie città — Busseto, Soragna, Piacenza, Cremona, Crema, Mantova, Modena, Reggio Emilia, Parma — aprirono bottega vendendo pani e dolci, tra i quali, soprattutto nel periodo natalizio, le spongate. Particolarmente rinomata è sempre stata, da allora, quella di Brescello, come documentano attendibili testimonianze.

Fonti importanti attestano pure che a Soragna, per esempio, la spongata veniva definita "cibo da ebrei". Perché? Un miscuglio di frutta secca e candita, preparato con gli ingredienti reperibili nel territorio di residenza, è previsto nel pranzo di Haroseth, in occasione della Pasqua ebraica, per ricordare le sofferenze della schiavitù in Egitto. Castagne, mandorle, nocciole, pinoli e canditi sostituiscono nella memoria le pietre, la malta e gli sforzi sostenuti dai prigionieri per costruire gli edifici voluti dai Faraoni.

A Brescello, il paese di Peppone e don Camillo, la tradizione della spongata è forte e ben radicata. Le cronache locali raccontano infatti di quando, nel 1454, i dolci vennero inviati a Milano al Duca Francesco Sforza.

È abbastanza naturale pensare al riconoscimento della bravura di qualche pasticciere del luogo e all'opportunità di offrire una squisitezza rara e buonissima. La ricetta, con tutta probabilità, era molto simile a quella raccolta da Anna Gosetti della Salda a proposito della spongata di Brescello.

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Pagina 277

I liquori


Elisir di mandarino

    Ingredienti
    • 12 mandarini (o limoni o arance)
    • 1 l di alcool
    • 1 kg di zucchero
    • 1 l di acqua

Si lasciano le bucce dei mandarini in infusione con l'alcool per 10 giorni • Poi, si scioglie lo zucchero in acqua e si aggiunge alla soluzione alcolica • Si lascia riposare il tutto per due giorni • Si filtra e si conserva in bottiglie scure per 2 settimane


Nocino

    Ingredienti
    • 30 noci (col mallo, in giugno)
    • 1 l di alcool
    • 750 g di zucchero
    • 2 g di cannella in polvere
    • 10 chiodi di garofano
    • 4 dl di acqua
    • Scorza di un limone a pezzetti

Si fa un'infusione di tutti gli ingredienti in una bottiglia adatta • Si lascia da parte per 40 giorni scuotendo di tanto in tanto • Dieci giorni prima di filtrarlo, si assaggia: se fosse troppo forte si diluisce con un po' d'acqua • Si filtra e si conserva in bottiglie scure

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Pagina 287

Glossario


ARBADELA: impasto di farina di granoturco, cipolla e bietole.

ARMELETTE (armelete): tagliatelle di farina di castagne e di farina di frumento condite con pecorino, ricotta o sugo di porri.

BACCIOCCA: torta di patate o cipolle tra due sfoglie di pasta (Varese Ligure).

BARBOTTA (barbotla): impasto di farina di frumento e fiori di zucca (ne esistono diverse versioni).

BIANCHETTI: avvannotti di acciughe e sardine; si possono consumare bolliti, in frittelle o in brodo. La pesca – fine inverno – è rigorosamente controllata (Val di Magra).

BURNISA: è la cenere (per cuocere le patate e per scaldare i testi).

CARSENTA: grosso pane lievitato. Sul fondo del testo di cottura si mettono foglie di castagne.

CASTAGNACCI (ciao, a Bagnona): dischi (crépes) di farina di castagne del diametro di circa 20-25 cm preparati nei testi. Si condiscono preferibilmente con ricotta fresca.

CRAVA (capra): abitualmente si prepara in umido perché viene cucinata, come la pecora, in tarda età. Prima è più utile per il latte da formaggio.

CRUSTIN (grospin): crostino alla maniera toscana, con fegatini e rigaglie. Eccellenti antipasti.

CUCINA: zuppa di erbe spontanee preparata a Massa tra novembre e gennaio (prima del germoglio).

[...]

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Indice delle ricette


Acciughe al verde 182
Acciughe con patate in tegame 183
Acciughe ripiene 182
Acciughe "Tramonti" 183
Agliata di polmone e milza 129
Agnello allo spiedo 150
Agnello arrosto 151
Agnello con carciofi 152
Agnello con i funghi 155
Agnello e porcini alla griglia 151
Agnello fricandò alla castelnovese 155
Amor 274
Anatra farcita  163
Anatra muta con fagioli 162
Anguilla impanata al forno 206
Anguille al forno 1 204
Anguille al forno 2 205
Anguille in umido 203
Anguille marinate 205
Arbadela 63
Aringhe per polenta 203
Arista di maiale da mangiarsi calda 137
Armelette 29

Baccalà al forno 198
Baccalà al latte 199
Baccalà della mamma  202
Baccalà fritto 200
Baccalà in bianco 201
Baccalà in umido 201
Baccalà marinato 198

[...]

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