Copertina
Autore Jacob Levi Moreno
Titolo Un matrimonio da fare
SottotitoloLo psicodramma della coppia
EdizioneDi Renzo, Roma, 2005, Acting , pag. 184, cop.fle., dim. 143x210x12 mm , Isbn 978-88-8323-114-8
OriginalePsychodrama [1969]
LettoreElisabetta Cavalli, 2005
Classe psicologia , psicanalisi
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Indice

Prefazione di Ottavio Rosati                       7

Verifica di ruolo per una prognosi matrimoniale   13

Joyce e Emmett: i fidanzati                       21

Ann, Ellen e Frank: il triangolo                  53

Michele e Paul: coppie in crisi                  121


 

 

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Pagina 7

Prefazione


Questo libro ripropone in una nuova versione italiana, tre psicodrammi sul fidanzamento e il matrimonio tratti dal terzo volume di Psychodrama (Beacon House, 1969). Il titolo pensato dall'editore per questa raccolta, allude alla minaccia Questo matrimonio non s'ha da fare, fatta dai bravi a Don Abbondio allorché Don Rodrigo osteggia le nozze tra Renzo e Lucia. Il titolo dunque non è di Moreno, ma a Moreno sarebbe certamente piaciuto, visto che tutti i promessi sposi hanno un nemico da tenere d'occhio: il persecutore interno che sabota l'amore. Don Rodrigo è la nostra difficoltà a sentire le ragioni dell'altro. Dunque un matrimonio di successo non è uno status che si acquisisce con una cerimonia, e nemmeno con una famiglia. È una realtà in tensione. È un patto da realizzare giorno per giorno, un gioco di ruoli da costruire con l'altro e con se stessi.

[...]

Tutti i protagonisti di questi psicodrammi diretti da Moreno sono indimenticabili per pathos, coraggio e intelligenza. Persone reali sembrano personaggi di una commedia di Mamet o di un racconto di Singer. Ed è un peccato che un solo paragrafo riassuma lo psicodramma della coppia sposata da molti anni che si era presentata al Teatro di Beacon, sul punto di divorziare. Questi coniugi rappresentarono la primavera del loro amore e, giocando, ritrovarono molte scene felici della loro vita coniugale. Alla fine decisero di restare insieme. Moreno è uno di quei terapeuti di genio, vagamente sciamanici, che nella loro pratica clinica fanno molte più cose di quelle che teorizzano e credono di fare. In questi casi (e penso anche a Milton Erickson, Bert Hellinger e Alexandro Jodorowsky) solo le trascrizioni delle terapie permettono di leggere tra le righe i trucchi del mestiere. Di questo quarto psicodramma, sappiamo solo che la messa in scena dell'antico eros, l'amore allo statu nascendi, evitò il divorzio tra marito e moglie. Ma non sappiamo come fece Geièl a ottenere un miracolo simile. Moreno si limita ad affermare che, se avesse conosciuto lo psicodramma, persino Schopenhauer, il più pessimista dei filosofi, avrebbe cambiato idea sul fatto che i momenti dolorosi della vita sono più numerosi di quelli piacevoli. E in nome della spontaneità, il sale dello psicodramma, Moreno prende a modello Shakespeare, che nel suo teatro, rappresentava magnificamente gli inizi: "Shakespeare," scrive, "aveva un senso particolare dell'inizio".

[...]

Solo quarant'anni fa, ciò che oggi è diventato normale nella psicoterapia, nei talk show e nei reality, di medio e infimo ordine, era ancora un evento straordinario ed eccitante. È merito di Moreno aver operato, negli Anni Venti, questa rivoluzione democratica dell'inversione di ruolo tra attori e spettatori che ha sconvolto la storia del teatro e della psicoanalisi. Il passaggio iniziatico dalla platea al palcoscenico consentiva al pubblico di esprimersi, non solo a parole, ma con il corpo, le immagini, le emozioni racchiuse negli occhi e nei timbri di voce. Il gioco dell'eros è dedicato a tutti: mariti, mogli e amanti. Per Moreno lo psicodramma di coppia è una pozione per tenere insieme l'amore, come quella del Sogno di una notte di mezza estate: una pozione per far nascere l'amore.

Ma democrazia non vuoi dire scemocrazia. Il teatro della spontaneità ha delle regole e dei limiti. Proviamo a leggere il foglietto illustrativo nella scatola della medicina. Alla base di questa pozione, non c'è la seduzione volgare del gruppo, ma il rispetto dei valori e la ricerca della verità.

Nello psicodramma ideale l'identità di nomi, posti ed eventi è indispensabile. Bisognerebbe conoscere i veri nomi del direttore, degli ausiliari e dei pazienti, così come sono registrati i veri nomi dei luoghi in cui vivono. Una descrizione il più possibile concreta dell'interno della casa è altrettanto indispensabile di una descrizione adeguata dell'interno della mente e dei rapporti personali. Un'operazione simile non costituisce un gesto narcisista o esibizionista, ma è fatta per sottolineare un punto di importanza etica, assiologica, cioè relativa ai valori...

Moreno denuncia come immorale il fatto di non rispettare i nomi, i luoghi e gli eventi effettivi, o di sostituirli con riferimenti fittizi. Lo giudica come una concessione alla scienza priva di arte del suo tempo, alla sua artificiale obiettività, facilmente incline a omettere i fatti viventi, dinamici.

È passato mezzo secolo e, alla scienza priva d'arte denunciata da Moreno, si è affiancata l'arte priva di scienza e coscienza, dei nostri tempi televisivi. C'è di nuovo bisogno di rivoluzioni, per i nipoti di Geièl. Qualcuno dovrà pur ri-orientare la foresta di antenne che fa ombra alla luce. Negli innamorati, che oggi passano in televisione, dentro reality e storie vere, una mano di cerone copre la reale realtà degli innamorati. Il pasticcio di ruolo che seduce due malcapitati per mezz'ora di televisione bastarda - non tutta la televisione lo è - invecchia le primavere di milioni di coppie in ascolto. Invece di favorire l'incontro e la consapevolezza, i conduttori spargono melassa di massa, oppure fomentano lo scontro tra mogli, mariti, amanti e fidanzati. Trionfa l'arraffo del primato, la voce alta, la passata di mano tra capelli e microfonino.

Per giustificarsi davanti al nuovo pubblico che non ne può più, i produttori rivendicano i gusti e i limiti di un Nazional Popolare, che in realtà non sta né in cielo né in terra ma è solo un bluff per imporre dall'alto un mondo neo-isterico di calciatori e veline. Redazioni di sceneggiatori, in bilico tra script editor e funzionari di rete, insegnano a mogli, mariti e amanti come mischiare nelle loro storie vero e falso, piangere e baciare a comando, arruffianarsi sottogruppi di pubblico. Alla fine il reality consiglia al pubblico sempre gli stessi acquisti: proiezione, scissione, spostamento, aggressione passiva, ipocondria, svalutazione. L'identificazione proiettiva da anni è in cima alle classifiche.

Who Shall Survive? Chi darà un nuovo programma a questo Colosseo dei sentimenti dove l'intesa di milioni di coppie in ascolto è stata massacrata sfoderando i peggiori meccanismi di difesa e offesa?

Un'ultima nota dedicata ai giovani lettori che sopravvivranno per operare nei micro-macro-cosmi della professione, dei consultori, delle scuole e degli studi televisivi. Oggi è difficile, per uno psicologo, leggere gli psicodrammi di coppia di Moreno, senza pensare alle nuove risorse offerte dalla psicoterapia sistemica, o dalla tecnica delle costellazioni familiari. Ma occorre pensare che più della metà di queste nuove terapie hanno avuto, per abbrivio, proprio la terza rivoluzione psichiatrica scatenata da Moreno nella Vienna di Freud.

La forza degli psicodrammi raccolti in questo libro sta nel loro ritmo brillante e nel loro omaggio all'etica dell'ascolto. È lo stile, affettuoso ma profondo, che fa di Moreno una stella fissa nella storia delle idee. Una stella utile per muoversi in modo nuovo nella vecchia patologia di coppie, reti e gruppi. Ma in Italia oggi esistono molte coppie e sempre più reti. Abbia coraggio lo psicodrammatista.

Ottavio Rosati, Roma, marzo 2005

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Pagina 13

Verifica di ruolo per una prognosi matrimoniale


"La mia fidanzata e io vogliamo essere certi che il nostro matrimonio funzionerà. Se esiste un modo per scoprire se siamo adatti l'uno all'altra, lo vogliamo utilizzare". Queste parole di un giovane fidanzato mi portarono a sperimentare la verifica di ruolo, una tecnica che consente a una coppia, intenzionata a sposarsi, di sperimentare nel gioco i vari ruoli di un rapporto coniugale. Col concetto di atomo culturale ci si riferisce allo schema dei rapporti di ruolo che definiscono una persona. La verifica di ruolo esplora questo insieme di rapporti. Il notevole stato di instabilità nel matrimonio rende oggi importante una prognosi di successo.

Durante una sessione estiva all'Istituto di Psicodramma di Beacon (New York) fu quindi organizzata una sessione di verifica di ruolo per prognosi matrimoniale, dedicata alla coppia di giovani che aveva chiesto di poter verificare la propria compatibilità. Dopo una breve introduzione sull'importanza dei rapporti di ruolo nel matrimonio, seguì una discussione con i membri del gruppo. Tutti concordarono che i ruoli cruciali fossero questi:

— supporto economico della famiglia,

— amante,

— genitore,

— partner,

— ospite,

— cittadino,

— fedele di un culto religioso,

— compagno in senso emotivo,

— compagno in senso intellettuale,

— padrone di casa,

— compagno di stanza.


Il passo successivo fu l'effettiva verifica di questi ruoli.

Invitai il giovane a salire sul palcoscenico dello psicodramma e spiegai in breve il procedimento. Lo invitai a mostrare al gruppo come avrebbe funzionato in ciascun ruolo, esprimendosi con la massima libertà.

Nel primo ruolo, quello di supporto economico, il ragazzo cominciò a parlare come un insegnante di fronte alla sua classe. Dava l'impressione che il suo progetto per il futuro fosse quello di diventare insegnante.

Nel ruolo di amante invece divenne impacciato e cadde in una caricatura del ruolo simulando un abbraccio con molto ardore.

Nel ruolo di padre immaginò una situazione col figlio adolescente. Giocava con lui a pallone, a ping-pong, lavoravano insieme il legno, andavano a pescare, e così via.

Nel ruolo di partner rappresentò una discussione con la moglie su problemi finanziari e sul fatto di iscriversi insieme a un torneo di ping-pong.

Nel ruolo di ospite - che lui stesso aveva suggerito nella discussione di apertura - si comportò in modo più spontaneo e adeguato. Accoglieva i suoi invitati, offriva da bere, proponeva di giocare a carte, guidava la conversazione, e così via.

Quando rappresentò il ruolo di cittadino, cominciò a correre a destra e a sinistra facendo firmare petizioni di voto, presenziando a riunioni politiche e telefonando al dipartimento della sanità per la raccolta dei rifiuti.

Nel ruolo di fedele di un culto religioso si mostrò molto devoto. Si inginocchiò in una chiesa episcopale e recitò una preghiera.

Rifiutò con imbarazzo il ruolo di compagno in senso emotivo.

Il ruolo di compagno in senso intellettuale emerse in un pranzo con la moglie. Parlavano dell'organizzazione delle Nazioni Unite. In pratica, il giovane tenne una conferenza e poi chiese alla moglie cosa ne pensava. Andarono nello studio e ogni tanto si leggevano l'un l'altro qualche commento.

Nel ruolo di padrone di casa, fece una descrizione abbastanza dettagliata della casa, ma quando venne invitato a entrare in azione, emerse che ne aveva un concetto limitato. Usciva dal letto e scendeva a consumare un pasto già pronto.

Come compagno di stanza il giovane era inappuntabile. Si alzava, faceva la doccia, metteva la biancheria nel cesto e lasciava tutto in ordine.

Lo stadio successivo del procedimento consisteva nel chiedere alla fidanzata, che fin li era stata un semplice membro del pubblico, di mostrare al gruppo come avrebbe agito lei negli stessi ruoli.

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Pagina 41

Joyce: Tu sei abituato alle situazioni scomode. Sei stato in Marina e hai dormito per terra e cose di questo genere. Ma io devo avere certe cose. Gli uomini si adattano in modo diverso dalle donne.

Emmett: Supponi che io lasci la scuola e cerchi subito un lavoro.

Joyce: Ma io non voglio sposarti a meno che tu non abbia una laurea. No! La mia famiglia non ne vorrebbe sentir parlare. Non essere stupido.

Emmett: Ma devo sposare la tua famiglia o devo sposare te?

Joyce: Ma non parleresti il mio stesso linguaggio. Hai sempre pensato che io fossi superiore.

Emmett: Oh, un momento. (Risate del pubblico.) Solo perché mi insegni a fare i gelati credi che questo ti renda superiore a me?

Joyce: No. Ma se non ti prendi una laurea avrai sempre questa sensazione. Nel momento stesso in cui ti dico qualcosa, mi dirai di smettere.

Emmett: Cosa ti fa pensare di essere più istruita di me? A questo punto cosa puoi dirmi che io non possa dirti o che non possa insegnarti? Solo perché insegni a delle ragazzine come cucinare a casa?

Joyce: È vero. Ma almeno io ho un diploma e non mi preoccupo mai di cosa diranno gli altri.

Emmett: Che significa quel pezzo di carta? Anch'io ho un diploma.

Joyce: Davvero?

Emmett: Sì: liceo. (Risa del pubblico.)

Joyce: Rimane solo un anno e mezzo. Secondo me sarebbe terribile sacrificare tutto quello che hai fatto solo per questo anno e mezzo. Non potresti provare?

Emmett: Il fatto che ti amo e voglio stare con te non significa niente?

Joyce: Certo che sì. Significa tutto il mondo per me, tesoro. Ma ti renderei infelice, non capisci? Renderei infelice te, oltre che me, se mi mettessi in una situazione del genere. Io lo vedo. Forse tu no. Ma io so quello che voglio.

Emmett: E cos'è che vuoi? Sei sicura di sapere quello che vuoi?

Joyce: Sì. So quello che voglio.

Emmett: E io c'entro qualcosa?

Joyce: Sì, alla fine sì. Sì. (Stringe le mani di lui.)

Emmett: Cosa intendi dire con alla fine?

Joyce: Devi lavorare. Io voglio il successo nella vita. Questo è il mio obiettivo ultimo. Voglio una famiglia felice, qualcosa come quello che la mia famiglia ha adesso. Questo è l'unico modo in cui sarò felice. Devi solo avere pazienza con me. È un po' difficile adesso...

Emmett: Perché non mi sposi e aspetti con me?

Joyce: Lo farei, tesoro. Ma dovremmo andare a chiedere aiuto alla mia famiglia e non abbiamo soldi. E se viene una malattia... Ne abbiamo già parlato.

Moreno: Posso interrompervi per un minuto?

Joyce: Sì.

Moreno: Emmett, ti dispiace andare a casa e lasciarmi solo per un minuto con la tua affascinante ragazza? (Emmett esce tra gli applausi del pubblico.) Adesso sono passati dieci anni. Vorrei che tu proiettassi la tua vita e la visualizzassi tra dieci anni a partire da adesso. Quanti anni avrai?

Joyce: Tra dieci anni avrò trentaquattro anni.

Moreno: Rappresenta la tua vita come sarà tra dieci anni. Hai bisogno di qualcuno con cui recitare?

Joyce: Beh, non so dove sarò o cosa farò.

Moreno: Giusto. Ma su questo palcoscenico hai la possibilità di proiettare quella che secondo te sarà la situazione. Sei sola o sposata?

Joyce: Sola. Adesso.

Moreno: Sarai sola tra dieci anni?

Joyce: Spero di no. (Risa del pubblico.)

Moreno: Cosa pensi? Sposata?

Joyce: Penso di sì.

Moreno: Come si chiama lui?

Joyce: Emmett.

Moreno: Costruite ora una situazione tipica che avverrà il 23 luglio 1958. Vi darò due minuti per prepararla. (Joyce ed Emmett vanno dietro le quinte per riscaldarsi.) Via via che andiamo avanti viene tutto registrato, in modo da poterlo riascoltare. Dopo ne discuteremo e vi chiederò di esprimere la vostra opinione su tutti i fattori implicati in questo rapporto. Certi fattori si ripetono in ogni vita, cosicché potrete dare un contributo alla discussione. D'altra parte, potrete aver imparato qualcosa da questa presentazione. Forse avrete scoperto che molte cose che sono successe a voi o ai vostri amici sono analoghe a quelle che Joy sta provando sul palcoscenico. Può darsi che siate arrivati a qualche conclusione riguardo al tipo di ragazza che è Joy e al tipo di ragazzo che è Emmett. Forse avete qualche idea sul fatto che debbano o no sposarsi. Vedete, quando siamo molto giovani, la nostra visione del futuro è molto più forte di quando siamo vecchi. Direi che le persone con chiare immagini del futuro di solito ottengono ciò che vogliono.

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Pagina 83

Moreno: Sapete la storia di quel discepolo di Socrate che andò da lui dicendo: "Mi dispiace, grande maestro, disturbarti, ma sono in un dubbio. Amo Fibia e voglio sapere se devo amarla, sposarla, separarmi da lei, scriverle poesie d'amore, o che altro. Ora tu ci hai insegnato tutto sulla guerra e la politica, ma niente sul matrimonio". Si dice che Socrate non sapesse rispondere alla domanda, cosicché gli chiese un giorno di tempo. Per ventiquattro ore stette seduto nella piazza del mercato, immobile. Non riusciva a dire una parola mentre aspettava la voce che gli avrebbe detto che consiglio dare al suo discepolo. Il discepolo si impietosì di lui e gli si avvicinò. "Mio caro Socrate", disse. "Hai una qualche esperienza in queste cose? Tu sei mai stato innamorato e sposato?". "Mai", rispose Socrate. Allora Socrate chiese al daimon dentro di lui cosa fare! La risposta era che doveva trovarsi una donna da sposare. La voce si sparse in tutta Atene e tutte le madri della città offrirono le figlie in età da marito, sottolineando a Socrate le loro qualità positive. Ma nessuna gli piaceva. "Non posso prendermi una donna con la quale sia facile vivere, che tutti gli altri vogliono", disse Socrate. "Voglio dimostrare che un filosofo può andare d'accordo con la donna più difficile". E così, come sappiamo, alla fine trovò Santippe. Platone scrisse molti dialoghi di Socrate ma non conosciamo nessun dialogo tra Socrate e Santippe. Forse è una fortuna. In questo teatro dello psicodramma, stiamo cercando di obbedire all'insegnamento secondo cui bisogna avere esperienza e pratica. Inoltre, c'è da considerare che non sempre gli uomini scelgono la donna con cui è più facile vivere. Probabilmente vi sarete chiesti: "Perché dobbiamo innamorarci quando è così difficile?" Nelle poche parole che ho scambiato con Ellen, abbiamo citato il fatto che noi operatori sociali apparentemente dobbiamo fare un grande sacrificio.

Moreno fa una pausa prima di cambiare argomento.

Moreno: Bene, perché sei venuta qui?

Ellen: La mia spiegazione è che lei ha fatto appello al mio concetto del bizzarro, ma questo mi indebolisce, temo.

Moreno: Ci sono molti triangoli d'amore. Lo schema si ripete in molti modi. Colpisce il ricco, il povero, il vecchio e il giovane. Non è affatto inusuale. È successo in tutta la storia dell'umanità. Noi tutti vorremmo scegliere le persone a noi più complementari, con cui poter vivere senza finzioni e resistenze. A noi tutti piacerebbe vivere a un livello così aristocratico. Non vedi come sarebbe bello se tutti gli amori fossero reciproci? Se tu semplicemente avessi conosciuto Frank e dopo esserti innamorata di lui avessi scoperto che anche lui ti amava... Ma il nostro mondo non è fatto così. Non sempre abbiamo le persone che vogliamo avere e certo non otteniamo mai quelle con cui vogliamo essere. La nostra incapacità di soddisfare questo desiderio ci mette in difficoltà. Tu sei solamente una tra milioni. Ora, cosa c'è di tanto spiacevole in questo?

Ellen: Suppongo di non voler ammettere di essere in una situazione scomoda.

Moreno: Cosa vuoi dire?

Ellen: Penso di non essere contenta delle mia difficoltà.

Moreno: Suppongo che ciascuno di noi desideri la perfezione: perfezione nel vestire, nel parlare, nell'amore, nel lavoro. Frank prima ha detto che tu soffri del complesso di essere una dea. Ha qualche ragione per ritenere di essere nei guai? Perché considerare le cose in questa luce? Abbiamo tre persone qui: te, Frank e Ann. Non c'è niente di male nella vostra situazione. Siete tutti e tre esseri umani con desideri simili, e quel tipo di problemi che tutti hanno.

Ellen: Non lo vedo in termini di sbagliato. Lo considero una cosa negativa, un qualcosa di poco pratico da avere.

Moreno (cercando di mettere a proprio agio Ellen): Che avviene se un figlio o una figlia lasciano la madre? Non causa difficoltà qualche volta? Ma non lo consideriamo imbarazzante. Un figlio cresce, i suoi affetti cambiano e lascia la madre, con grande dolore di lei. Tempo fa abbiamo avuto un caso in cui la rottura del legame coi genitori da parte di un figlio causò grande dolore alla madre, e dovemmo prenderla in trattamento. È molto diverso quando una donna porta via un uomo a un'altra donna?

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Pagina 145

Il primo episodio, precedente a quello della suocera, potrebbe essere stato un incontro tra Paul e Michele che presentavano il loro conflitto attuale, basandolo su fatti esistenti, ma ampliandoli. Paul non ama più Michele. Vuole lasciare lei e i figli e tornare in America non appena riesce a trovare un lavoro lì. Michele vuole mantenere in vita il matrimonio, non tanto per sé, quanto per amore dei figli. Sospetta che Paul ami qualcun'altra, forse una ragazza lasciata in America, o una persona nuova a Parigi. A questo punto, per portare avanti lo psicodramma, le scelte possibili sono:

a) ritorno nel passato al primo incontro tra Paul e Michele,

b) inversione dei ruoli: Paul diventa Michele e Michele diventa Paul,

c) proiezione nel futuro,

d) tecnica dello specchio,

e) mettere Paul nel ruolo di studente di medicina e indagare sul suo desiderio passato di diventare medico (cosa che emergerà più tardi nella sessione),

f) mettere in scena l'altra donna nella vita di Paul. Incontro di Michele con la ragazza di Paul


Moreno: Tu non lo sai. Ora, come è successo? Michele è rimasta incinta prima che la sposassi?

Paul: No. Non proprio.

Moreno: Come sarebbe 'non proprio'? O sì, o no. A quanto pare, allora, no.

Paul: Diciamo di sì!

Moreno: Va bene. E così ora avete questi due figli e naturalmente sono piccoli. La cosa principale è il rapporto tra voi due. La seconda cosa è il rapporto coi bambini.

Paul: Questo è il problema. È il mio problema. A casa parliamo francese, e come risultato mio figlio di quattro anni non parla inglese. Ho cercato di parlare inglese, con lui, forse non ho cercato abbastanza. Mi scoraggio perché, anche se mia moglie dice che vorrebbe che gli insegnassi l'inglese, ogni volta che ci provo davvero, lei si arrabbia. E la situazione diventa molto difficile.

Moreno: È un matrimonio bilingue, giusto?

Michele: Sì.

Paul: È un matrimonio francese.

Moreno: Allora voi come parlate tra voi due?

Paul: Parliamo in francese.

Moreno: In francese. E questo ti secca?

Paul: Mi secca terribilmente.

Moreno: Perché non parlate in inglese?

Paul: Perché lei si arrabbia.

Michele: No. Adesso parliamo sempre più inglese, perché il mio inglese è migliorato.

Paul: Solo quando litighiamo, e solo quando io mi arrabbio tanto da lasciare il francese.

Moreno: A quel punto cominci a parlare in inglese?

Paul: Sì. La verità è che non parliamo per niente inglese.

Moreno: Parlate in francese?

Paul: Per lo più in francese.

Moreno: Beh, anch'io dovrò imparare il francese la prossima volta che verrò ad assistervi. Allora parlerò solo francese. Ora sembro prendere la parte di Paul perché parlo inglese. Non temere, Michele.

Paul: Io ho la sensazione di aver abdicato al mio paese, alla mia funzione.

Moreno: Alla tua lingua. Hai lasciato tua madre, hai lasciato tutto per Michele.

Paul: Non ho lasciato niente per lei. Ma penso di aver assunto un ruolo secondario. Non sono io che dirigo la cosa.

Moreno: È Michele che domina la scena?

Paul: Sì. E la sua cultura mi domina.

Moreno: Michele è nella cultura francese. Parla francese. I suoi figli parlano francese. Tutto in francese.

Paul: Appunto.

Moreno: E tu sei del tutto isolato dalla tua famiglia.

Paul: Proprio così.

Moreno: E tu dovresti essere il capofamiglia. Beh, Paul, ti capisco in pieno. Ti dirò cos'altro c'è. Vedi, in un matrimonio c'è una terza forza, e questa forza sono i figli. Dobbiamo prima pensare ai figli, prima di arrivare a qualsiasi altra conclusione. Tu sai di avere un altro problema: il tuo rapporto professionale con Michele. Tu sei uno scrittore di libri, giusto? Un giornalista, uno scienziato. E tu Michele, sei anche psicologa o qualcosa del genere.

Paul: No, no. Michele è avvocato.

Michele: Sono avvocato.

Moreno: Un avvocato. Mio Dio. Potrebbe avviare il divorzio da sola.

Michele: Sì.

Moreno: Per farla breve, in un certo senso avete tre dimensioni di rapporto, come uomo e donna, e poi naturalmente come persone che lavorano insieme...

Paul: Come artisti.

Moreno: Io vi ho conosciuto come persone che lavorano insieme e sono rimasto molto colpito. Michele è altrettanto brillante di te.

Paul: Oh, molto di più

Moreno: Molto di più. Davvero. E così ora naturalmente Michele scrive in francese e tu scrivi in inglese. E poi avete bisogno di qualcun altro che traduca?

Paul: No, scrivo tutto io.

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