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| << | < | > | >> |IndiceL'Idea e il carattere del libro 17 Fine in sé del libro 23 Le genti del Libro 27 Lettura interminabile 33 L'edizione dell'inedito 39 A libro aperto e chiuso 43 I sentori della libreria 51 Il commercio dei pensieri 57 La materia dei libri 61 |
| << | < | > | >> |Pagina 21Il libro di Platone è un dialogo. Si direbbe comunemente che "prende forma" di dialogo, come se il dialogo fosse una forma o un genere disponibile tra altri. Ma, in realtà, il dialogo o la dialogia costituisce l'essenza del libro – o l'Idea della sua Idea: il libro essenzialmente parla a, è indirizzato, si indirizza da sé, si invia, si volge verso un interlocutore che sarà dunque un lettore. Il libro non parla di, parla a, o non parla di senza parlare anche a, e in modo tale che questo indirizzare è indissociabile, essenzialmente inseparabile da ciò "di cui" si parla o si scrive.Il libro è un dialogo: conferisce all'Idea il carattere del dialogo. Per questo, la sua Idea non preesiste a tale carattere: è essa stessa l'impronta specifica di un indirizzare. L'Idea, la Forma, designa qui con estrema esattezza la forma dell'indirizzare e, meglio ancora, la forma in quanto indirizzamento. Un libro è un indirizzamento o un appello. Sotto la linea melodica del suo canto corre, ininterrottamente, il basso continuo del suo invito, della sua domanda, della sua ingiunzione o della sua preghiera: "Leggimi! Leggetemi!". (E questa preghiera mormora sempre, anche quando l'autore dichiara: "Non leggetemi!" o: "Butta via il mio libro!".) | << | < | > | >> |Pagina 24Il libro così non è soltanto, o meglio non è affatto, un veicolo o un supporto di comunicazione. Non è un medium: è immediatamente, di per sé, prima di tutto, comunicazione e commercio di sé con se stesso. Chi lo legge davvero entra in questo commercio e non fa nient'altro. Proprio in questo consiste la sua differenza rispetto al "libello" o al "trattato": questi ultimi trasmettono un messaggio, mentre il libro si comunica da sé in persona, se è lecito esprimersi così.Il libro dispone il proprio fine in sé e si comporta come l'involucro di un'interiorità. Sono implicate in esso un'unità e un'unicità, che non si tratta di portare alla luce più di quanto ci si ponga il problema di mostrare l'"anima" di una "persona", ma la cui implicazione è tanto più certa ed esigente dal momento che la spiegazione è esclusa o infinita (il che è lo stesso). L'aperto/chiuso del libro si rivela come la topologia di un dentro continuamente rovesciato in un fuori: ogni libro è nastro di Moebius, in se stesso dunque finito e infinito, infinitamente finito da tutte le parti, poiché apre a ogni pagina un nuovo margine, e ogni margine diviene più largo, più capace di senso e di segreto. | << | < | > | >> |Pagina 33Ciò che arriva al lettore è un mondo, e quel mondo viene a mescolarsi alla pluralità dei mondi da cui si lascia abitare. La lettura è una mescolanza di mondi, una cosmogonia in fase di genesi o di agonia, la caratterizzazione potenziale, esponenziale, ma sempre asintotica, di una congruenza prima e ultima, all'interno del libro ma anche tra questo e la cosmografia del suo tempo - si tratti del tempo della sua scrittura oppure di uno dei tempi della sua lettura, uno di quei tempi così numerosi e diversi, dato che il libro "attraversa i secoli", come si dice. Così il lettore di Platone, di Montaigne, di Milton o di Lucano, di James o di Kafka non finisce mai di caratterizzare daccapo sotto i loro nomi e sotto i loro titoli - sotto i Saggi, Il castello, Farsaglia o Il Paradiso - degli schemi polimorfi e proteiformi, innalzamenti diversi di bufere o di febbri, cadute di torpore o di tristezza, profili precisi e sfuggenti, tutto il blasone di una galassia ogni volta rimessa in gioco, riformata, trasformata.| << | < | > | >> |Pagina 40Ogni libro è dunque inedito, se è un libro, anche quando ripetesse e rimettesse in gioco per proprio conto – come ogni libro fa – migliaia di altri libri riflessi in esso come mondi in una monade. Il libro è inedito ed è questo inedito che l'editore pubblica. L' editor è colui che porta alla luce, che mette fuori, che dà (e-do) a vedere e fa conoscere. Questo non significa tuttavia che, una volta edito, il libro non sia più inedito: al contrario, resta tale, e lo diviene anzi ancora di più. Offre in piena luce, in piena leggibilità, il tracciato insistente, resistente della sua illeggibilità.| << | < | > | >> |Pagina 51Librarium: scatola o custodia destinata alla sistemazione dei volumina. Librarius: schiavo istruito il cui compito consiste nel leggere ad alta voce o nel copiare i libri, oltre che nell'occuparsi dell'ordine della biblioteca. Aperto, il libro rivela quanto poco sostanziale sia. La sostanza, il sottoposto o il soggetto non sparisce propriamente, ma si dispiega e si scompone, pur mantenendosi sempre insieme attraverso la colla o attraverso la cucitura, mediante la presa esercitata dal dorso del libro. Il ventre o la pancia si sottrae e si lascia osservare tra le sue pagine, pagina per pagina o foglio per foglio, di foglio in foglio a caso, tanto per vedere. Questo si chiama sfogliare. Il lettore, nella libreria, non legge o legge poco, ma sfoglia, ispeziona a tentoni, quasi alla cieca. Non divora, ma gusta, annusa, fiuta o lecca la sostanza.
La libreria è una profumeria, una rosticceria, una
pasticceria: un'officina di sentori e di sapori attraverso i quali si lascia
indovinare, supporre, presentire
qualcosa come una fragranza o come un aroma del libro.
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