|
|
| << | < | > | >> |IndiceIntroduzione 7 I Omero ed Ulisse 11 II Le tre Sirene: Partenope, Leucosia, Ligea 19 III Ulisse e le Sirene Nel mito 25 Nelle testimonianze artistiche 37 Nella letteratura 48 IV La barca di Ulisse 81 V Le "Sirenuse" o "Li Galli". L'altroieri, ieri ed oggi 97 Conclusioni 125 |
| << | < | > | >> |Pagina 19Profondamente turbate dalla loro sconfitta dinanzi alla sfida vittoriosa di Ulisse, le Sirene si gettano in mare, lasciandosi annegare. La loro esistenza aveva perduto ogni significato. Omero non ne parla. Ma altri lo scrivono ed altri ancora dipingono il loro momento fatale. Il corpo di quella che sarebbe divenuta, nella memoria e nei riti, la più famosa delle tre Sirene, Partenope, e che arrivò a dare il nome ad una città ed al suo popolo, ancora oggi dopo quattro millenni conosciuto e adoperato nel linguaggio corrente, era approdato un giorno, dopo aver navigato nel golfo di Napoli, sulla spiaggia di Santa Lucia. In quel tempo non c'era ancora stata la cementificazione ottocentesca di quell'ansa naturale né ancora era stato costruito il tempio nel quale si sarebbe venerata la Santa. Lì dove una volta c'era il mare, oggi una barriera di grandi palazzi, per lo più a destinazione alberghiera, si erge imponente rimandandone la vista meravigliosa alla profondità di qualche centinaio di metri. Via Santa Lucia costeggiava, salendo, la spiaggia ed il porticciolo dei pescatori: quegli stessi che furono ricacciati verso il Pallonetto ed il Borgo Marinari a Castel dell'Ovo. La memoria storica, una volta tanto attenta, ha obbligato gli immemori a ricordare che lì nacque Napoli, dando ad una strada il nome di Palepoli, la città più antica, rispetto alla sorgente, successiva Neapolis. Le due altre Sirene suicide, Leucosìa e Ligea ebbero storia diversa. Il corpo della prima emerse nelle acque del golfo di Poseidonia, presso Paestum, a Punta Licosa. Il corpo di Ligea, invece, emerse dal mare più a Sud, nel golfo di Sant'Eufemia, alla foce del fiume Trina, che scorreva presso una città che si chiamava Nicastro, Nocera Terina o Piano di Terina, tra il Savuto e l'Angutola, afferma Angelo Manna. Come avvenne per Partenope, la cui effige venne rappresentata sulla monetazione napoletana, così accadde per Ligea la cui immagine, in memoria del suo approdo, fu coniata sulle monete locali. E va detto che a Santa Maria di Castellabate, lì dove la Sirena Leucosia si arenò, la memoria storica rivive oggi in manifestazioni musicali dinanzi all'isolotto di Licosa – punta estrema del golfo di Salerno nel comune di Castellabate – chiamato così in ricordo della Sirena. Nell'estate del 2005 ha avuto luogo la V edizione dei "concerti sull'acqua" con la partecipazione di un complesso di musica sinfonica. E mai una manifestazione musicale fu più appropriata se si pone mente al canto melodioso delle Sirene sulle acque del mare. Che in quell'area la memoria della Sirena Leucosia sia avvertita sin dall'epoca greco-romana, è testimoniato anche da una delle quattro porte di Paestum chiamata Porta Serena ed aperta ad Oriente. Ma delle Sirene fu Partenope a trionfare su tutte: le dedicarono un Tempio, fu venerata come una Dea ed ebbe anche una funzione politica se gli ateniesi di Napoli, ripristineranno secoli dopo il culto di Partenope ed in suo onore fonderanno le feste e le corse Lampadiche. Oggi, i favolosi ritrovamenti archeologici avvenuti a Napoli durante i lavori della Metropolitana confermano le antichissime origini della città, la sua topografia greca, il suo litorale marino e portuale, con la riscoperta delle sue radici "partenopee". Quelle stesse radici mitologiche, e perciò popolari, dicono che la Sirena Partenope sia sepolta alle pendici di Pizzofalcone ed al contempo in una antichissima chiesa del centro storico, S. Agnello a Caponapoli, nell'area di sedime della nuova città greca. Perché sacro e pagano non hanno confini, specie a Napoli: sempre di religiosità si tratta. | << | < | > | >> |Pagina 25ULISSE E LE SIRENE: NEL MITO La mitologia classica ha fatto costantemente riferimento alle Sirene come una sorta di "muse del mare" dal dolcissimo ed ammaliante canto che attirava i naviganti prima nell'oblio della loro patria e dei loro più cari affetti e poi conducendoli alla rovina. Già allora il loro significato appariva quello ben noto ai marinai: un mare disteso e tranquillo che così però nascondeva i numerosi e terrificanti pericoli della navigazione: blanda pericla maris, terror quoque gratis in undis, diceva Claudiano per significare "i lusinghevoli pericoli del mare, e il terror gradito dell'onde". Le Sirene erano figlie del fiume Acheloo e di Mnemosine secondo alcuni, di Tersicore e di Calliope secondo altri, di Forchi e Cheto ad opinione di altri ancora. Mi fermo alla prima ipotesi: Acheloo era stato sconfitto da Ercole nella lotta tra loro ingaggiata per aver in sposa Deinira: nonostante che assumesse tutte le forme che gli erano possibili, compresa quella di un toro, fu sconfitto dalla grande forza dell'Eroe e uno dei suoi corni, riempito da una ninfa di fiori e frutti, diventò cornucopia, il corno cioè dell'abbondanza. Mnemosine, divinità della memoria, tuttavia, secondo Esiodo, fu una delle tantissime amanti di Zeus al quale dette per figlie le Muse, il cui canto celebrava le virtù degli Dei. E chissà allora se le Sirene (impersonando il padre il fascino della ricchezza e la suggestione dell'abbondanza e la madre la memoria e quindi la sua antitesi, l'oblio, ed il canto virtuoso), non avessero tratto la loro personalità proprio dai loro genitori. Comunque, se per Omero le Sirene furono due sole, non mancò chi le ritenne tre o quattro e chi le inserì, come Apollonio di Rodi, nella leggenda degli Argonauti, anch'essi eroi dalle mille avventure marine sulla nave Argo o in quella del ratto di Proserpina (chiamata anche Persefone o Cora). Anche qui torniamo ad Omero visto che egli in celebri versi inneggia alla madre di Persefone, Demetra, dea della terra e quindi dell'agricoltura e della civiltà che ne scaturisce. Demetra aveva punito le belle Sirene, trasformandole in uccelli, perché non avevano aiutato la figlia quando il re dell'Inferno si accingeva a rapirla. Questo è "documentato" nelle Metamorfosi di Ovidio che, parlando della ricerca per ogni dove sulla terra di cui, dopo il rapimento, fu oggetto Persefone, racconta di come cercarono di trovarla anche in mare e dovendosi librare quindi in cielo facilesque Deos habuistis et artus / Vidistis vestros subitis flavescere pennis (aveste condiscendenti gli Dei, e vedeste le membra vostre biondeggiar di penne). Nella mitologia c'è anche traccia di una contesa tra le Sirene e le Muse che prevalsero nella disputa. In genere, ma vi sono significative eccezioni, le Sirene vennero allora rappresentate come uccelli ma dal volto e dal seno di giovani donne e, visto che il loro canto riusciva fatale, le loro immagini vennero riprese, come divinità della morte, anche sui sepolcri. | << | < | > | >> |Pagina 42Nel centro storico di Napoli, a via Giuseppina Guacci Nobile, nei pressi dell'Università Federico II, a ridosso di un muro, c'è la cinquecentesca fontana di Spinacorona (in verità è la copia dell'originale che si trova nel Museo di San Martino), più volte vandalizzata e più o meno puntualmente restaurata. I napoletani la conoscono meglio come la fontana delle "zizze": nella complessa iconografia della scultura, che sembra caricarsi di significati misteriosi con altre immagini dal significato non sempre comprensibile, appare però chiara la presenza di una Sirena che sovrasta il Vesuvio in fiamme. Dai seni della Sirena, scolpita in forma di uccello, sgorgano salvifiche acque che spengono l'incendio. Il suo significato è quello di una delle Sirene, Partenope: divinità protettrice di Napoli e che spegne le fiamme del grande incendio che la minaccia. E di Sirene dai cui seni sgorgano acque salvifiche c'è un esempio anche a piazza del Duomo, ad Amalfi. Qui sacro e profano si mescolano in una sintesi che mostra in alto l'immagine sacra di Sant'Andrea inchiodato alla croce nell'estremo sacrificio e in basso quella pagana della Sirena, in una sintesi di morte e rigenerazione.La Sirena, nel Settecento barocco, è alla base, non solo architettonicamente, di due delle guglie religiose di Napoli: quella di San Domenico e quella di San Gennaro. E su di loro che si alzano i due obelischi, quasi che il sacro si fondasse sul pagano e vi si fondesse. Non c'è dunque alcun sacrilegio: è sul mio mito della fondazione della città di Partenope che crescono, si trasformano dal paganesimo al cristianesimo, si sviluppano con qualche mutazione formale, credenze "superstiziose" e ortodossie cristiane: un fenomeno culturale di grande interesse e che presenta numerosi risvolti. Dalle divinità greche ai Santi protettori "specializzati" come lo erano le prime. | << | < | > | >> |Pagina 97La più importante delle testimonianze storico-letterarie sulla localizzazione delle isole delle Sirene ci è giunta dal geografo greco Strabone che visse nel I secolo a. C. e che afferma: (...) a chi supera il promontorio si presentano alcune isolette deserte e rocciose che si chiamano Sirene. (...) Sirene o Sirenuse dunque fu il loro primo nome, e non Li Galli. Dal solo nome delle isolette al presupposto della presenza su di loro delle Sirene non sono possibili errori. Ed il rischio che presentano è confermato dalle ricerche subacquee ed esplicitamente affermato non solo dai versi di Omero ma anche di Virgilio che nell'Eneide fa riferimento proprio all'avvicinarsi della nave "agli scogli delle Sirene, un tempo rischiosi e biancheggianti per le molte ossa". [...] Cominciamo col dire che il piccolo arcipelago è costituito da tre isolotti, il Gallo Lungo, la Rotonda e Castelluccio (chiamato anche isola dei Briganti o di San Pietro o di Sant'Antonio), il primo dei quali è decisamente il più grande e più "civilizzato" nelle varie epoche: il perimetro del Gallo Lungo è infatti di 1.200 metri, una estensione di 55.000 mq e si alza sul mare per 54 metri. Li Galli – come anche sono chiamate Le Sirenuse rifacendosi alle immagini delle Sirene in forma di uccello – si ergono di poco sul livello del mare e vedono al centro delle tre isolette un basso fondale visibile ad occhio nudo tanto da non far escludere tassativamente che un tempo si trattasse di una sola isola come qualcuno afferma, mentre le curve batimetriche si alzano gradatamente dai 34 metri di profondità in vicinanza della costa a 57, sempre dal lato costiero, per poi scendere improvvisamente, dopo le isolette, dal lato del Gallo Lungo a 274 e più a Nord a 520, per poi scendere ancora più in basso. Quello che però è davvero singolare se non "magico" è il mutevole profilo dell'Arcipelago: a seconda da quale punto cardinale lo si osservi, è cangiante il loro profilo con le tre isolette che sembrano una sola, due o tre. Tre appunto proprio come i corpi pietrificati delle tre Sirene.
Qualche decennio indietro sono stati casualmente
rinvenuti nelle acque delle Sirenuse numerosissime marre di piombo, che
testimoniano (con le anfore rinvenute ancora colme di vino, olio, garum – la
salsa di pesce prodotta su larga scala mille anni ancora dopo il racconto di
Omero a Pompei e tuttora presente a Cetara –, frutta, olive e ceramiche
provenienti da vari porti del Mediterraneo) il rilievo dell'incrocio con le
Sirenuse nelle rotte cabotiere della antichità ma anche di tantissimi naufragi
avvenuti. Del resto rilevando le diverse forme delle anfore rinvenute nei pressi
delle Sirenuse e le particolari merci che contenevano, si può ricavare una mappa
delle rotte di provenienza e di destinazione a vari mercati e
porti del Mediterraneo, a dimostrazione di quanto fosse
rilevante il traffico marittimo in quel golfo di Salerno
dove sorgono le Sirenuse e darsi ragione di quei naufragi accaduti a ridosso
delle isole, pericolose anche per questo loro improvviso ergersi dal mare non
sempre tranquillo.
|