Autore Carlo Alberto Redi
CoautoreManuela Monti
Titolo Storia di una cellula fantastica
SottotitoloScienza, cultura e natura dell'uovo
EdizioneSironi, Milano, 2016, Galápagos , pag. 214, ill., cop.fle., dim. 14x21x1,2 cm , Isbn 978-88-518-0266-0
CuratoreDoriana Rodino, Paola Avella
LettoreGiorgia Pezzali, 2016
Classe biologia , alimentazione , salute , medicina , storia sociale












 

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Indice


    Prefazione                                7

    Introduzione                             13


PARTE I                                      21

    La precedenza dell'uovo                  23
    La fecondazione                          41
    La conservazione                         59
    La produzione                            77


PARTE II                                    103

    Dentro e fuori                          105
    Arte e dintorni                         119
    Curiosità e tradizioni                  149
    Dal laboratorio alla cucina             163


VARIAZIONI SUL TEMA                         189

    Universo, uovo, uomo                    191
    L'uovo cosmico                          194
    L'uovo di Dante                         197
    Oologia matematica                      202
    Uova e bambini                          206


    Piccola bibliografia                    210

    Ringraziamenti                          213


 

 

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Pagina 7

PREFAZIONE



Mentre leggiamo queste righe, miliardi di miliardi di uova si stanno formando sul pianeta Terra e porteranno allo sviluppo di intere nuove generazioni di animali e piante: e sì, perché quando si dice uovo si pensa subito a quello di un animale ma anche le piante hanno un ovario, all'interno del quale si formano cellule uovo. Non tutte le piante ma neppure tutti gli animali: alcuni esseri viventi, per esempio quelli unicellulari, non hanno ovari ma in alcuni momenti del ciclo vitale si comportano come cellule germinali, da uova, e a volte anche da spermatozoi.

L'uovo ha quindi una molteplicità di significati metaforici: è una sarabanda interminabile di fatti e riflessioni legati in una "circuiteria" mentale continua. Lo si lascia scivolare lentamente nella sabbia, nell'acqua del mare o dei fiumi, in un nido su un albero o nascosto sotto un sasso, nella pancia di una donna... et voilà, si trasforma in un nuovo individuo; lo si porta in cucina e la fantasia si scatena trasmutandolo in meravigliosi piatti, dagli antipasti ai dolci, e quando si mangia si trasforma in energia e in pensieri. Non stupisce che non vi sia ambito dell'esperienza umana che non veda la presenza dell'uovo: dal nostro linguaggio quotidiano, con una serie innumerevole di sentenze e proverbi che lo chiamano in causa, sino alla filosofia, la letteratura, il cinema, la pittura, la geometria e l'architettura.

In questo volume abbiamo voluto ricordare brevemente tutti, o quasi tutti (qualcuno ci sarà sfuggito), gli aspetti del nostro vivere che vedono coinvolto l'uovo, da quelli "fisiologici" (tutti noi un giorno siamo stati un uovo) a quelli più artistici. Dall'uovo è possibile stabilire un lungo elenco di usi e abitudini culturali. Un unico uovo ha dato vita alla specie umana e apparteneva a un'Eva nera. Gli scienziati infatti concordano ormai sul porre l'inizio della storia dell'uomo in Africa: che meravigliosa ed egualitaria visione del genere umano deriva da questa semplice constatazione di un fatto biologico incontrovertibile. L'uovo è la cellula che dà origine a ciascuno di noi (si può nascere anche per azione del solo uovo, senza la necessità di uno spermatozoo, grazie alla partenogenesi, una forma di riproduzione sessuata uniparentale), ed è la cellula staminale per eccellenza. Della cellula uovo si può definire il contenuto di ogni sostanza chimica; attraverso la cellula uovo si trasmette, da una generazione all'altra, il proprio DNA; nell'uovo il nostro genoma trova un veicolo per entrare nel regno dell'immortalità: il suo prodotto fecondato (o meno) produce ciascuno di noi, esseri viventi destinati alla caducità, alla morte, ma nel contempo genera un'ordinata successione di eventi che portano alla formazione di cellule capaci di passare indenni attraverso le generazioni, le cellule germinali.


Aristotele, tra le molte cose pensate e dette, sostenne giustamente che «la Natura non fa nulla di inutile»: l'uovo è lì a testimoniare che il discepolo di Platone aveva ragione. Avrete modo di rendervene conto nel corso della lettura di questo libro, che vuole essere un omaggio a una cosa semplice e ben fatta, anzi, perfetta.

Per affrontare questo tema così vasto siamo partiti dalle nostre conoscenze, per condividere con i lettori la fascinazione che ci ha sempre suscitato il fatto che una cellula contenga tutte le informazioni per raggiungere un obiettivo così eccitante come la formazione di un nuovo individuo. E così abbiamo indossato le vesti dello storico e abbiamo fatto nostri i suoi metodi e strumenti di analisi, per fare in modo che questa lettura attraversasse il maggior numero possibile di "momenti" legati alla vita che la realtà dell'uovo ci presenta.

Come la storia dell'uomo, anche la storia dell'uovo può essere interpretata a partire dalle categorie storiografiche di evento, fenomeno ed evoluzione. Gli eventi sono quegli accadimenti di brevissima durata ma capaci di avere incidenza e ripercussioni persistenti sulla realtà: si pensi a una catastrofe, per esempio. Non è un caso che la teoria delle catastrofi sia stata applicata con successo, nella sua modellizzazione matematica, allo studio delle primissime fasi dello sviluppo embriologico determinate da quell'evento fantastico, prodigioso, e così carico di meraviglia e spiritualità, che è la fecondazione. I fenomeni invece sono quegli andamenti, come lo sviluppo embrionale, che si svolgono durante periodi più lunghi della storia e del ciclo vitale; infine, le evoluzioni sono quelle trasformazioni della realtà di amplissima durata temporale, assicurate dai meccanismi naturali messi in chiaro da Charles Darwin. Si pensi, per esempio, all'acquisizione, da parte di un uovo, della capacità di svilupparsi in termini di partenogenesi: una cellula che, da sola, mette in campo tutti i processi molecolari a sostegno dello sviluppo embrionale, senza neppure aver immaginato l'esistenza di un altro sesso, quello maschile, il sesso "accessorio".

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INTRODUZIONE



Prima di affrontare un libro intero che parla dell'uovo è opportuno un piccolo ripasso relativo alla sua struttura, origine, funzione, caratteristiche, analogie e differenze tra le diverse specie, insomma a tutto ciò che lo rende una cellula fantastica.

La definizione biologica di uovo è: cellula germinale femminile matura e pronta per la fecondazione. Ma sono tutte uguali le uova? Certo che no. Se pensiamo solo alle dimensioni basta ricordare che fino a pochi secoli fa si potevano ammirare le gigantesche uova di Aepyornis maximus, un uccello oggi estinto che viveva in Madagascar, dal volume di nove litri (centosessanta volte il volume di un uovo di gallina). Oggi le più voluminose sono quelle di struzzo che misurano circa 17 x 14 cm e pesano intorno al chilo e mezzo (pari a circa trenta uova di gallina). A occhio nudo però non si possono vedere tutte le uova: serve il microscopio per quelle dei mammiferi (a eccezione di echidna e ornitorinco, che depongono uova simili a quelle delle galline) che vanno da un diametro di circa 70 µm nel topo (1 µm = 1/1.000 di mm) fino a 200 µm nell'uomo.

La ragione di tale variabilità nel volume della cellula uovo sta principalmente nel contenuto, ovvero tutte quelle sostanze nutritive che si accumulano nel tuorlo o lecite (o deutoplasma o vitello) che serviranno a fornire energia all'embrione in via di sviluppo. Esternamente la cellula uovo è delimitata da una membrana detta vitellina, a cui si possono aggiungere altre membrane con funzione protettiva, fino ad arrivare al guscio calcareo tipico delle uova degli uccelli: quello della gallina è composto da proteine, fosfato di calcio e carbonato di calcio e magnesio, ed è di colore omogeneo, mentre altri uccelli hanno uova dai colori più vivaci e dall'aspetto maculato.

Comune a tutte le specie, indipendentemente da forma e dimensioni, è la funzione di questa cellula, che è definita totipotente per eccellenza poiché in grado di originare cellule che si possono differenziare in qualsiasi altro tipo, compatibilmente con le informazioni genetiche di quella specie.

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Capitolo 1
LA PRECEDENZA DELL'UOVO



Il paradosso

La locuzione latina ab ovo, "dall'inizio", come nel pranzo degli antichi romani che iniziava dall'uovo, include la concezione secondo la quale ogni essere vivente nasce da un uovo, che risale ai tempi dei grandi filosofi greci. Questa intuizione millenaria si accompagna all'altrettanto tradizionale interrogativo «è nato prima l'uovo o la gallina?», di non facile soluzione, almeno in prima battuta. L'antico quesito è valido innanzitutto come domanda retorica: un paradosso dall'apparente impossibilità a essere risolto poiché basato su un ragionamento circolare.

[...]

Oggi, tralasciando la risposta contenuta nel libro della Genesi per cui gli uccelli sarebbero stati creati il quinto giorno, rispondere al quesito se sia nato prima l'uovo o la gallina è piuttosto semplice: sappiamo che poco dopo il big bang, avvenuto circa 13,7 miliardi di anni fa, si originarono atomi di idrogeno ed elio; molto dopo si nuclearono altri elementi e più avanti ancora si formarono molecole complesse, come quelle dei ribozimi; a seguire, RNA e DNA, partendo dalla molecola di formammide. L'ipotesi più accreditata vede il formarsi primordiale di riboenzimi, cioè molecole di RNA contenenti informazioni genetiche e contemporaneamente dotate di attività catalitiche proprie di enzimi, a costituire un organismo protovirale che chiamiamo Last Universal Common Ancestor (LUCA). Posto che questo organismo è alla base dell'evoluzione di tutti gli organismi viventi, ed è quindi l'uovo per antonomasia, possiamo dire con certezza che ha preceduto la gallina. E, per rispondere al paradosso in forma ancora più forte e risoluta, noi pensiamo, come moltissimi biologi, che la gallina sia un'invenzione dell'uovo per propagarsi meglio!

Sono certamente i filosofi quelli che hanno speso più risorse nel tentativo di rispondere al quesito, e alla fine pare che siano arrivati alla stessa conclusione dei biologi: è nato prima l'uovo. Stesso risultato a cui giunse Macrobio (390-430 circa), che nella sua opera monumentale scrisse:

È nato prima l'uovo o la gallina? [...] si ritiene, a ragione, che l'uovo sia stato creato per primo dalla natura. Infatti per primo ha origine ciò che è imperfetto e per giunta informe e attraverso qualità e tappe progressive prendono forma le aggiunte [...]: dunque la natura cominciò a formare l'uccello da materia informe e produsse l'uovo, nel quale non vi è ancora la specie di animale: da questo a poco a poco ha origine una specie perfetta di uccello in seguito a un progressivo effetto di maturazione.

È stupefacente come questo filosofo abbia espresso in modo tanto corretto il progressivo formarsi embriologico di un nuovo individuo: per epigenesi (per complicazioni successive di piani di sviluppo più semplici), e non per preformismo (l'individuo in miniatura è già formato e deve solo crescere), il che è di una modernità strabiliante. Va anche ricordato che Macrobio era già giunto all'idea che la Terra fosse rotonda e non piatta.

Ai nostri giorni sono le teorie filosofiche della vaghezza (vagueness) quelle che tendono a ritenere che le teorie evolutive risolvano la confusione a questo riguardo. I filosofi che sostengono queste teorie, infatti, affermano che il termine gallina sia sufficientemente vago basandosi su una dimostrazione che avrebbe dato Charles Darwin: la gallina odierna, nel corso dell'evoluzione, è stata preceduta da prototipi gallina-simili, dunque non è affatto chiaro dove finiscano i suoi precursori e quale possa essere considerato il primo esemplare dell'animale che noi indichiamo con il termine gallina. Non vi è dubbio che questo modo di ragionare, tipico dei filosofi che sanno certamente dissezionare il nostro uso della lingua (da non filosofi) — e sanno comunque trovare dei significati altri ai termini che impieghiamo — illustri una linea di pensiero che semplicemente porti (anche noi non filosofi) a riformulare il quesito nel modo seguente: «quale uccello era la prima gallina?».

Tornando al dilemma iniziale, le attuali teorie evoluzionistiche non ritengono affatto che l'eterna domanda non trovi una risposta, al contrario sostengono che esista: è nato prima l'uovo. Inoltre, la successione dei fatti biologici su scala temporale geologica (LUCA, come sopra ricordato) e di breve durata, legata alle analisi dei cicli delle storie vitali, sostiene questa evidenza biologica.

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Enigma

Anche le teorie matematiche e fisiche sono state impiegate utilmente per capire come evolve l'insieme di cellule prodotte dall'uovo fecondato in un tempo tanto breve: una per tutte, quella delle catastrofi del matematico francese René Thom (1923-2002). Non ce ne vogliano gli esperti per l'ultrasemplificazione che segue: questa teoria (nella sua versione matematica più semplice) può essere applicata per spiegare come, in un lasso di tempo brevissimo, alcuni tipi di cellule cambino le loro relazioni spaziali, come accade durante la segmentazione e la gastrulazione dell'uovo fecondato. Poter disporre di un modello matematico per un processo biologico è di grande aiuto poiché consente di fare previsioni sul comportamento delle cellule durante lo sviluppo dell'uovo.

Una visione più realistica di questi processi è però attuata dai biologi impiegando il modello di reazione e diffusione, elaborato nel 1952 da quel genio che è stato Alan Turing (1912-54): suo è, infatti, il merito di aver decrittato il codice ENIGMA impiegato nella seconda guerra mondiale dai militari tedeschi, con ciò contribuendo in modo determinante alla vittoria sul nazismo, e per tale ragione è maggiormente noto; tuttavia, suo è anche il grande merito di aver contribuito in modo fondamentale a descrivere i meccanismi molecolari attraverso i quali le cellule prodotte dall'uovo fecondato sono in grado di coordinarsi e di differenziarsi in modo ordinato.

Il modello di Turing è infatti il quadro concettuale che impieghiamo oggi per spiegare agli studenti di biologia come una o più cellule siano la fonte di produzione di un "attivatore", una sostanza che diffonde in altre cellule accendendone specifici geni che portano alcune cellule a differenziarsi in un certo tipo di tessuto. Nello stesso tempo, altre cellule producono un "inibitore", una sostanza capace di silenziare l'attivatore così che la sua azione si spegne e le cellule smettono di differenziarsi e svolgono il compito tipico del tessuto a cui appartengono. Il modello è dunque basato sull'azione concomitante di due sostanze antagoniste: semplice ed efficace.

Le prove sperimentali che dimostrano che sia questo il modello in azione nelle cellule dell'uovo, che si va segmentando e poi gastrulando, sono ormai innumerevoli, e ogni qualvolta ammiriamo nella natura la bellezza di strisce, macchie, spirali negli animali e nei vegetali dovremmo pensare a Turing poiché il suo modello di reazione e diffusione è lì davanti a noi: dalle cellule uniformi che derivano dall'uovo fecondato, si formano miliardi di cellule così differenziate e diversamente organizzate. Lo stesso Turing era profondamente affascinato dal processo embriologico per il quale, da uno zigote, si originano individui così diversi dall'uovo fecondato. Si chiedeva Turing, nel suo articolo del 1952, come fosse possibile che da un sistema dotato di una simmetria sferica praticamente perfetta (lo zigote) potesse svilupparsi un organismo come un cavallo, con un grado di simmetria così inferiore.

Oggi questa affermazione merita ancora molte riflessioni, e per tentare di rispondere a questa interessante osservazione è necessario considerare la biologia molecolare dell'oocita rispetto a quella di una dei miliardi di cellule che compongono un essere vivente. O meglio, considerare la straordinaria complessità di una cellula uovo in quanto a composizione di tante diverse molecole e distribuzione di tali molecole nella "sfera" uovo, rispetto a quella di una qualunque cellula di un organismo adulto: incomparabilmente superiore. In altre parole, un uovo è portatore di una quantità elevatissima di molecole con significato "morfogenetico", e di una quantità di informazioni che esprimerà durante l'embriogenesi precoce. Qualunque cellula di un organismo adulto esprime un programma genetico ben più ristretto.

Sia a livello teorico sia a livello sperimentale, il modello di Turing spiega come si originano i diversi moduli di sviluppo (patterns) dell'embrione, moduli che paiono essere di auto-organizzazione (self-organization), ma che sono in realtà il frutto delle basi chimiche della morfogenesi dell'uovo fecondato. È nell'oocita, nella cellula uovo durante la sua maturazione nelle vie riproduttive femminili, che inizia la morfogenesi, con l'accumulo, nell'oocita prima e nell'uovo poi, di trascritti del DNA materno: sono questi degli RNA messaggeri mascherati e silenti, cioè molecole impiegate successivamente per produrre proteine necessarie alle prime fasi dello sviluppo dell'uovo fecondato, fasi sotto il controllo dell'uovo, controllo materno, anche se accadono in un tempo dello sviluppo successivo alla fecondazione. I filosofi possono certamente trarre utili spunti e riflessioni dal fatto che la madre, tramite la cellula uovo, controlli anche le prime fasi dello sviluppo, quando l'uovo è ormai divenuto un precoce embrione; ci vorrà tempo, il tempo dello sviluppo embrionale, perché anche il genoma paterno cominci a farsi sentire.

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Capitolo 2
LA FECONDAZIONE



Il magico incontro

È sbagliato ritenere che le uova vengano fecondate solo quando hanno terminato il proprio processo di maturazione, abbiano cioè ridotto a metà il proprio contenuto di DNA dimezzando, attraverso il processo meiotico, il proprio genoma: una panoramica sul mondo animale dimostra che le uova possono essere fecondate durante tutto il percorso della propria maturazione a seconda della specie alla quale appartengono. Anche le modalità di fecondazione variano moltissimo in relazione alla tipologia e alla struttura anatomica della cellula uovo, a partire dalle dimensioni fino alle diverse forme che possono assumere, o alle membrane che ricoprono la cellula uovo (per esempio il corion, gli strati vitellini, la zona pellucida). Anche la superficie della cellula che si fonde con lo spermatozoo varia moltissimo: ci sono uova con involucri talmente spessi che se non fosse per la presenza di un foro (micropilo) lo spermatozoo non potrebbe entrarvi.

La fecondazione si attua con molecole, strutture e meccanismi molto diversi da specie a specie, sviluppatisi sulla base di processi di selezione evolutiva. All'ammirazione e stupore per le meravigliose soluzioni che la natura ha sviluppato nel permettere l'incontro tra uova e spermatozoi fa da contraltare la confusione della terminologia con la quale ci si riferisce allo stesso processo di fecondazione.

Questo aspetto non è di secondaria importanza, né un problema circoscritto al mondo accademico. La terminologia imprecisa è il terreno fertile su cui crescono i fraintendimenti e le inesattezze che poi si riverberano nei testi delle leggi. Si pensi, per esempio, alla confusione creata dall'uso del termine embrione nei diversi contesti normativi, per non dire delle mutualmente inclusive adozioni di termini come oocita versus uovo, uovo versus zigote e lo stesso zigote versus embrione. Le definizioni biologiche sottese a questi termini (oocita, uovo, zigote, embrione) erano chiarissime nella loro formulazione originale poiché derivavano da ciò che i ricercatori dell'epoca potevano descrivere con l'impiego del microscopio e dei loro occhi. In altre parole, quando non si conosceva ancora l'aspetto molecolare responsabile di quegli stadi di sviluppo delle cellule germinali, non si poteva impiegare altro per definire le cellule stesse che le funzioni svolte e i processi cellulari sottesi a quelle funzioni.

Per fare un po' di chiarezza si deve innanzitutto ricordare che uovo e oocita si riferiscono a due tipi cellulari funzionalmente diversi. Un uovo, o se vogliamo chiamarlo come si faceva in passato, ovum, è un oocita fecondabile: è capace di legarsi a uno spermatozoo, di fondere con esso la propria membrana (fecondazione) e di dar luogo alla formazione di un embrione in grado di svilupparsi. Un oocita (oocita, dal greco oón, uovo e kytos, recipiente, contenitore, cellula) non è fecondabile e può trovarsi in diversi momenti del processo meiotico. In altre parole, si sta sviluppando in uovo, è un suo precursore con differenti capacità e un diverso potenziale di sviluppo, si fonde difficilmente con uno spermatozoo e, se ciò accade, è di norma un evento senza esito alcuno se non la degenerazione e la morte della cellula risultante. Con zigote intendiamo l'embrione unicellulare, mentre con embrione la struttura corporea dell'individuo in formazione, anche se appena abbozzata.

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Taglia, ripara e cuci

Per evitare che si emettano condanne pregiudiziali e basate sul luogo comune del "prima era meglio", intendendo con il "prima" un inesistente mondo bucolico dove la natura faceva il proprio corso, ci pare interessante proporre al lettore una piccola digressione per riflettere sulla materia del contendere e sull'eterno e diabolico conflitto tra avanzamenti delle conoscenze, di cui possa beneficiare l'umanità intera, e un uso non universale delle stesse conoscenze per finalità che oltrepassano la desiderabile applicazione a scopi benefici, ma sono legati a fini di lucro, riservati a chi gode di una particolare condizione sociale ed economica, e dunque discriminatori.

La CRISPR-Cas9 è una tecnica semplice e poco costosa, alla portata di ogni laboratorio, in grado di modificare in maniera sito-specifica il genoma di qualsivoglia cellula (vegetale o animale, incluse quelle germinali), al fine di eliminare, aggiungere, sostituire, modificare, o comunque alterarare, sequenze del DNA legate a geni capaci di determinare tratti di interesse sia in medicina umana, sia in ambito veterinario ma anche nel campo dell'agricoltura, nelle produzioni biotecnologiche e in molti altri ambiti.

La conoscenza dei sistemi CRISPR è merito di scienziati giapponesi che nel 1987, studiando il batterio Escherichia coli, scoprono delle Clustered Regularly Interspaced Palindromic Repeats, sequenze ricordo di vecchie infezioni (ovvero sequenze di genomi virali) i cui interessanti dettagli molecolari porteranno in pochi anni a individuare dei geni associati a CRISPR, i geni "Cas" (CRISPR associated), che codificano per proteine capaci di tagliare il DNA (endonucleasi), aprendo dunque le porte a una vera e propria (l'ennesima!) rivoluzione in biologia. La tecnologia CRISPR-Cas9 è stata derivata da quella di tipo II CRISPR-Cas dei batteri che, a loro volta, la impiegano per difendersi da virus e plasmidi in modo da assicurarsi, in termini evolutivi, una immunità adattativa al loro assalto.

L'uso di questa tecnologia è oggi molto diffuso nei laboratori di genetica funzionale e di oncogenetica poiché, potenzialmente, può essere concepita per correggere mutazioni dannose del DNA. Più in generale, può essere impiegata per studi sul genoma tesi a chiarire l'azione di farmaci o per generare modelli animali di patologie umane utili nella ricerca; in piante e funghi può essere applicata nelle ricerche capaci di assicurare una migliore resa, sia qualitativa sia quantitativa, di prodotti di interesse economico.

È dunque concepibile, di fronte alle paure di applicazioni "cattive", chiedere alla comunità scientifica una moratoria per l'impiego della CRISPR-Cas9 sulle cellule uovo? La storia dice no: non è concepibile per il semplice motivo che non è attuabile. Altre sono le vie da perseguire, e quarant'anni dopo la Conferenza di Asilomar, che impose una moratoria sull'uso delle prime tecniche di ingegneria genetica, l'evoluzione di quelle stesse ha suscitato lo stesso fermento tra gli addetti ai lavori.

In seguito alla notizia che scienziati cinesi hanno già prodotto embrioni umani "editati" con CRISPR-Cas9, David Baltimore, del California Institute of Techonology, e molti altri scienziati hanno chiesto una moratoria sull'editing delle cellule germinali umane, sperando che anche i cittadini (spaventati da simili prospettive) li sostengano nel chiedere la censura sull'utilizzo della tecnica. Durante il summit internazionale di Human Gene Editing, tenutosi all'inizio del dicembre 2015, lo stesso Baltimore ha dichiarato: «L'inimmaginabile è oggi diventato possibile». Lo spettro dell'eugenetica è sceso di nuovo in campo, e sebbene lo sviluppo della CRISPR e di altre tecniche simili sia desiderato dagli organizzatori del convegno, generare un individuo da embrioni geneticamente modificati è ritenuto «irresponsabile».

La CRISPR-Cas9 è una tecnica fantastica, semplice ed economica, che può eliminare dal genoma umano (di tutti, non solo da quello dei possessori di carte di credito patinate) tratti genetici che producono malattie, sofferenza ed esclusione sociale. Certo, questo scenario è oggi ancora un sogno, esattamente come l'incubo del figlio "progettato" con caratteristiche meravigliose secondo la volontà dei genitori. La tecnica oggi si è rivelata per le sue potenzialità ma non è ancora applicabile con la necessaria sicurezza. È infatti approssimativa nei risultati: sebbene siamo in grado di modificare una sequenza di DNA, corriamo ancora il rischio di produrre alterazioni indesiderate. Ora serve tempo, mentre le ricerche proseguono, per rendere la tecnica del tutto precisa ed efficiente e per impostare quella necessaria discussione a livello internazionale capace di elaborare una visione utile a stabilire le applicazioni che riteniamo lecite e quelle che non lo sono perché dannose per tutti.

Ma è altrettanto utile investire energie e danari per svolgere adeguate campagne di alfabetizzazione capillare sulle possibilità offerte dalla nuova tecnica, chiamando filosofi, giuristi, psicologi, economisti ecc., a dare il proprio contributo, in modo da dissolvere le nebbie che offuscano la ragione facendoci vivere nella paura di un mondo dove regna incontrollato lo scienziato disonesto al soldo delle multinazionali.

Il bicchiere è mezzo pieno: l'altra metà dobbiamo riempirla noi chiedendo norme capaci di evitare derive inaccettabili e lavorando per la società della conoscenza; la «democrazia cognitiva» di Pietro Greco – quel processo di organizzazione del nuovo sapere e lo sviluppo di nuovi modelli di rappresentanza, in cui le nuove conoscenze non siano viste come un pericolo, ma come un'opportunità chiede un esercizio di cittadinanza scientifica alla quale siamo chiamati tutti a partecipare, a seconda del ruolo e della competenza.

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Capitolo 4
LA PRODUZIONE



Farmaci e vaccini

Grazie alla sua costituzione, l'uovo di qualunque animale è considerato un fantastico laboratorio di biologia molecolare nel quale è possibile riprogrammare geneticamente il genoma di cellule terminalmente differenziate, cioè uscite dal ciclo cellulare in modo irreversibile e che quindi non si dividono più. Ma per giungere a questo risultato (e a questo uso della cellula uovo) sono stati necessari decenni di studi che hanno visto l'uovo, in particolare quello di gallina (Gallus gallus domesticus), al centro delle ricerche dei biologi e di tanti altri scienziati.

Alcuni fattori hanno facilitato l'uso delle uova di questa specie anche se altre, quali quelle delle quaglie (Coturnix coturnix), hanno pure avuto un ruolo importante: si pensi solo alle dimensioni ragguardevoli per essere una cellula, alla facilità del suo approvvigionamento, alla semplicità di stabulazione, al modestissimo costo; tutto ciò ha avuto un peso rilevante soprattutto in passato, quando i biologi non disponevano altro che di pochi strumenti quali forbici, pinze, aghi ed elementari microscopi.

La biologia dello sviluppo ha avuto nell'uovo e nell'embrione di gallina il suo primario modello di studio, e continua a impiegarlo ampiamente. Questo uccello e il suo uovo hanno infatti svolto un ruolo centrale nella scoperta di molte vitamine e hanno fornito i primi indizi essenziali al riconoscimento del ruolo fisiologico dei linfociti T e B (i due tipi di globuli bianchi preposti alle nostre difese immunologiche basate sulle interazioni tra cellule, i T, o grazie a molecole direttamente da loro prodotte, i B), contribuendo in modo fondamentale allo sviluppo di tutta l'immunologia. La stessa denominazione che impieghiamo oggi per riferirci ai linfociti B ha la propria origine dal fatto che essi si trovano nell'organo (borsa) del Fabrizio della gallina.

Anche i primi risultati importanti ottenuti sui virus e retrovirus tumorali, il sarcoma di Rous per esempio, vengono dagli studi compiuti sulla gallina e sulle sue uova. La centralità dell'uovo di gallina nella nostra vita può essere riconosciuta in termini ben più prosaici ricordando che l'umanità intera è protetta dall'annuale ricorrere dei virus dell'influenza grazie al fatto che il vaccino, che di anno in anno è modificato, viene prodotto proprio nelle uova di gallina. Il procedimento è piuttosto semplice: una volta identificato e isolato il virus che causa una particolare malattia, lo si inserisce nelle uova fecondate (già, serve anche un gallo!) dove trova le condizioni adatte per riprodursi. Dopo un paio di giorni si raccoglie l'albume e lo si purifica, ottenendo così un liquido che costituisce la base del vaccino.

[...]

È proprio la produzione di vaccini che fa dell'uovo un formidabile bioreattore, ma oggi è il caso di sottolineare con forza un fatto inaudito: in Italia (e non solo) si è scesi sotto il livello del 95% di individui vaccinati per tante patologie. Ciò significa che tutta la popolazione è a rischio di infezioni che si ritenevano ormai debellate. I timori di effetti collaterali negativi dovuti alle vaccinazioni sono inconsistenti e basati su un falso scientifico diffuso e sostenuto via web da filosofie vitaliste degenerate. La situazione odierna è frutto di credenze (e leggende metropolitane) basate sull'ignoranza e su rari episodi di eventi sfortunati: il numero di persone che hanno subito danni a seguito di una vaccinazione è ridicolo e insignificante, meno dell'uno per milione, se confrontato al numero di persone salvate, centinaia e centinaia di milioni.

L'autore dell'articolo che sosteneva la relazione causale tra vaccinazioni e autismo, Andrew Wakefield, è stato radiato dall'albo dei medici nel 2010 al termine di un processo conclusosi con un verdetto di condanna per «condotta non etica, disonesta e irresponsabile»: l'articolo venne ritrattato poiché basato su dati del tutto falsi, probabilmente creati ad arte dagli autori per assicurarsi una travolgente carriera.

Non vi è, inoltre, la minima prova che suggerisca che i vaccini diminuiscano l'aspettativa di vita: al contrario, sappiamo che una vita lunga e sana è minacciata proprio dalla mancata vaccinazione. I genitori che cercano informazioni sulla sicurezza dei vaccini hanno tutti i mezzi per informarsi; scoprirebbero così che l'aumento di problemi di salute quali l'autismo, l'asma o il diabete non hanno alcuna connessione biologica con la vaccinazione. Ormai, però, questa falsa credenza è così diffusa che persino magistrati e istituzioni pubbliche autorizzano i genitori a non vaccinare i bambini in età pediatrica determinando con ciò un calo delle vaccinazioni che in Italia, nel solo biennio 2012-14, è stato impressionante: in certe zone, per alcune patologie, meno del 90% della popolazione è vaccinata. I bambini sono nuovamente a rischio di malattie che pensavamo del tutto sotto controllo come il morbillo che, preso in età adulta, può essere molto pericoloso.

La legge è del tutto disattesa, senza conseguenze, da quei genitori che non capiscono che, così facendo, mettono a rischio l'intera comunità. Per far fronte alla gravità di questa situazione si devono trovare forme di educazione alla salute indirizzate non solo ai genitori ma evidentemente anche a medici di base, pediatri e magistrati. Non è accettabile in alcun Paese civile che un magistrato si arroghi il diritto di avallare una scelta personale (il rifiuto del vaccino) contro l'evidenza scientifica. Ancora più grave l'analogo atteggiamento di alcuni medici, che dovrebbero essere sanzionati dall'Ordine. È auspicabile che il ministro della Salute vari politiche drastiche al riguardo, per esempio agendo di concerto con quello dell'Istruzione, con provvedimenti che, per esempio, impediscano l'iscrizione scolastica ai non vaccinati.

Povere galline, che a fronte del loro immenso sforzo di produrre vaccini per noi uomini ricevono in cambio tanta e ignorante ingratitudine.

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Uova (e spermatozoi) artificiali

Una delle domande chiave della biologia riguarda l'origine delle cellule germinali, uova e spermatozoi, a partire da una singola cellula, lo zigote, nel corso dello sviluppo embrionale. La piena dissezione molecolare di questo processo non è ancora avvenuta, e restano da chiarire molti dei meccanismi, intrinseci ed estrinseci al genoma, che governano la differenziazione in senso somatico o germinale delle prime cellule embrionali.

Nonostante ciò, è ragionevole ritenere che nel corso dei prossimi cinque anni sarà possibile il prelievo di cellule dalla pelle di uomini e donne e derivare da queste delle cellule staminali pluripotenti, simili alle staminali embrionali, per poi convertirle in spermatozoi e uova. Analoghe procedure sono già state sviluppate con successo in vitro su cavie. È stato dimostrato che staminali pluripotenti indotte da cellule della pelle di uomini azoospermici, cioè incapaci di produrre spermatozoi, se trapiantate nei tubuli seminiferi di topi producono spermatozoi umani. Nel topo si è anche osservata la produzione di uova da staminali pluripotenti indotte, uova capaci di essere fecondate e produrre progenie fertile; e dunque dalla pelle di donne (anche sterili) si potranno ottenere uova.

Una volta provato con certezza che questi gameti artificiali non determinano patologie per gli individui con essi concepiti, si potranno utilizzare per terapie della sterilità: è già possibile, però, immaginare che assisteremo alla richiesta della loro produzione e utilizzo da parte di individui senescenti, coppie omosessuali oppure da una persona fertile per produrre uova (se maschio) o spermatozoi (se femmina) da cellule della propria pelle, così da concepire un figlio unicamente da sé stessi (impiantando lo zigote in un utero in affitto nel caso maschile).

Si svilupperanno nuove tipologie di genitorialità sulle quali è necessaria un'approfondità discussione fin da ora. E non solo la bioetica deve contribuire a questa riflessione, ma anche sociologia e filosofia devono affrontare le ricadute di queste novità sulle questioni di propria competenza. Chiarire alcuni aspetti biologici può essere d'aiuto: le cellule somatiche che costituiscono il nostro corpo vanno perse a ogni generazione; le cellule germinali, invece, passano da una generazione a quella successiva. Si può quindi parlare delle cellule in termini di mortalità e immortalità, potenti categorie concettuali, affascinanti e straordinarie: non stupisce, dunque, che l'impresa scientifica si occupi da tempo della rigenerazione delle cellule germinali quando queste vengono a mancare per malattia o senescenza.

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Che parta il dibattito!

La sfida tecnica di tutte queste ricerche è quella costituita dalla capacità di indurre una cellula a entrare in meiosi, mentre a livello bioetico la sfida più formidabile sarà quella di assicurarsi la qualità del prodotto. La possibilità di realizzare compiutamente la produzione di uova e spermatozoi umani da cellule della pelle pone, inoltre, la necessità di una riflessione sulla provenienza del tessuto ovarico umano che serve a sostenere lo sviluppo delle cellule germinali primordiali nella direzione di cellule uovo. Pur ammettendo la difficoltà di questa operazione, è plausibile pensare che sarà presto superata, e dunque è bene iniziare a riflettere sulla realtà prospettata dal successo di queste ricerche.

Filosofia, sociologia, psicologia e diritto sono solo alcune delle discipline coinvolte dalle nuove prospettive che nascono da questo tipo di dato sperimentale che crea un cortocircuito nella storia del ciclo vitale dell'uomo: permette, infatti, a delle cellule somatiche (ovvero a un individuo) un salto dello spazio anatomico loro assegnato e, fatto ancora più dirompente, un salto indietro nel tempo ontogenetico in cui la storia naturale del ciclo vitale dell'uomo le aveva collocate. Inoltre, generando una potenziale condizione di autosufficienza riproduttiva, ci interroga su cosa riteniamo possa essere definito umano e postumano. È dunque bene che la società tutta si interroghi e si esprima sulle opportunità che desidera vedere realizzate e su quelle che non ritiene lecito mettere in pratica. Una produzione illimitata di uova e spermatozoi è una formidabile realizzazione di immortalità cellulare. Un esperimento di questo tipo è stato compiuto con la creazione delle cellule HeLa, le cellule tumorali di Henrietta Lack , oggi divenute una risorsa inestimabile sia per la ricerca di base sia per le tante applicazioni commerciali.

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Coltivare gameti

È proprio lo studio dell'ereditarietà materna dei mitocondri quello che ha permesso agli studiosi di genetica di popolazione di formulare dapprima l'ipotesi africana (Out of Africa) per poi verificarne la validità: in breve, tutti noi deriviamo da una sola Eva e questa madre comune era africana. I nostri progenitori sono emigrati dall'Africa circa centomila anni fa e hanno colonizzato il pianeta.

Scoperte di questo genere, al di là del valore scientifico biomedico, hanno un forte significato di natura biopolitica; hanno molto da insegnare a chi straparla in tema di immigrazione, sostenendo idee razziste nei confronti di nostri consimili che tentano di salvarsi da tragedie e difficoltà di ogni tipo. Coloro che sostengono una superiorità razziale altro non sono che cialtroni della politica, che farebbero bene a studiare un po' di biologia e a ricordarsi che solo il caso li ha favoriti consentendo loro di vivere un'esistenza facile, senza avere alcun merito né intellettuale, né sociale né tanto meno genetico.

Così come farebbero bene a studiare un po' di biologia anche i decisori politici attenti alle innovazioni tecnologiche fornite dagli studi più recenti. Se è assodato che circa una cinquantina di patologie umane sono dovute a mutazioni dei mitocondri, ebbene è il momento di riflettere su fisiologia e struttura anatomica della cellula uovo. Forse è arrivato il momento di chiedersi se non sia il caso di mettere in campo politiche di informazione dei cittadini a questo riguardo, per chiedere poi loro che cosa pensano della possibilità di compiere delle operazione di chirurgia cellulare al fine di eliminare i mitocondri alterati.

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L'uovo con i pattini

Se si ha la fortuna di avere due piccoli nipoti, a cui si parla di scienza come della materia più divertente, interessante e anche un po' magica di tutte, ci si deve arrovellare per trovare il modo migliore di presentare semplici esperimenti (che poi tanto semplici non sono!) che facciano da apripista per argomenti più complicati. Per esempio, vi è mai stato chiesto come si fa a riconoscere se un uovo è sodo? Se volete sorprendere i bambini (ma anche gli adulti), prendete un uovo e fatelo roteare come una trottola. Se si ferma subito vuol dire che non è sodo, se continua a roteare invece lo è.

Il perché non è così scontato e di così facile interpretazione ma, per fortuna, alcuni ricercatori hanno pubblicato su Nature la spiegazione di questo fenomeno: c'è una rotazione minima (10 giri al secondo), al di sotto della quale l'uovo sodo non cambia asse di rotazione. L'uovo, dopo aver assunto la posizione verticale, aumenta la sua velocità di rotazione se è più compatto, proprio come capita a un pattinatore quando, dopo aver iniziato a ruotare su sé stesso a braccia aperte, le avvicina al corpo. In pratica, l'uovo crudo oppone maggiore resistenza al cambiamento perché più debolmente legato al guscio (è il pattinatore a braccia aperte): modifica, cioè, più lentamente il proprio stato inerziale a causa dell'intervento di forze esterne. Se lo induciamo a ruotare, una volta fermato con una mano, l'uovo crudo continuerà a farlo anche dopo che lo avremo rilasciato. L'uovo sodo, al contrario di quello crudo, ha una parte interna ben più compatta: è molto più solidale con il guscio esterno e risponde prontamente ai cambiamenti inerziali.


L'equazione della bollitura dell'uovo

Un rilevamento di qualche anno fa evidenziava che il 16,1% delle famiglie italiane consuma uova crude, il 35% consuma uova parzialmente cotte e il 48,9% uova principalmente cotte. A questo proposito, sebbene cucinare un uovo sodo sia una delle cose, apparentemente, più semplici da fare, esiste una formula matematica che correla la massa (in grammi) con l'iniziale temperatura dell'uovo, la sua densità, la conduttività e il calore, permettendoci così di calcolare in quanto tempo è possibile ottenere un uovo rassodato alla perfezione.


                  M^(2/3) c ρ^(1/3)
    T         = _____________________   x
     cottura
                 K π^2 (4 π/3)^(2/3)


              x  log  [ 0,76 (T    - T     ) / (T      - T     ) ]
                    e          uovo   acqua      tuorlo   acqua


              T = temperatura;
              M = massa;
              ρ = densità;
              c = capacità termica;
              K = conduttività termica.

Il lettore, per proprio diletto, può applicare questa formula per calcolare quanto tempo occorre per far sì che uova di struzzo o di quaglia raggiungano il perfetto grado di cottura.

Inserendo nell'equazione i dati di un uovo di peso medio (M = ˜57g), preso direttamente dal frigorifero (Tuovo = 4°C), ci vogliono 4 minuti e 30 secondi per cuocerlo con tutti i crismi; lo stesso uovo però, se conservato alla temperatura ambiente di circa 21°C, sarà cotto in 3 minuti e 30 secondi. In tutto questo, ovviamente, bisogna tenere conto di dove ci si trova a compiere questa "difficile" operazione: se dopo una passeggiata in montagna, abbiamo voglia di mangiare un uovo sodo, dovremo aspettare un po' di più, considerando che l'acqua, data la diminuzione di pressione atmosferica, impiegherà più tempo a bollire.

Una volta sodo, l'uovo può cambiare forma, come succede in Giappone, dove quando aprite il vostro bento, il tipico vassoio portapietanze, potete trovare uova sode di varie forme, ottenute cuocendole in appositi stampini.

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Facciamolo strano

Questi dettagli relativi alla matematica e alla geometria dell'uovo costituiscono solo una piccolissima parte delle conoscenze che la gastronomia molecolare ci sta aiutando a scoprire; non è più sufficiente saper rassodare un uovo, come ci viene tramandato da innumerevoli generazioni, ma è necessario conoscere quali meccanismi si nascondono dietro quella semplice operazione. Oggi chi prepara un uovo sodo secondo i dettami di questa disciplina culinaria conosce perfettamente quello che sta succedendo all'interno di questa meravigliosa cellula.

A beneficio dei lettori che già si cimentano con queste diavolerie, e per non far trovare impreparati coloro che verranno invitati a gustare queste nuove preparazioni, sarà bene raccontare la storia dal principio. Tutto nasce grazie alla curiosità che i fisici hanno spesso di fronte alle scienze della vita (i biologi questa volta non c'entrano): stupefatti dinnanzi al mondo biologico come solo loro sanno essere, e interessati a esso in modo del tutto naïf e spontaneo, verso la fine degli anni Ottanta un professore di origini ungheresi che insegnava a Oxford, Nicholas Kurti (1908-98), e il francese Hervé This (1955) si inventarono la gastronomia molecolare e iniziarono a organizzare delle vere e proprie conferenze di fisica della gastronomia a Erice, presso il centro internazionale di studi di Fisica dedicato a Ettore Majorana. Kurti riteneva assai triste che la civilità contemporanea potesse misurare le temperature nell'atmosfera di Venere, ma non sapesse cosa succede nell'uovo mentre si rassoda o in un soufflé mentre cuoce.

Alle conferenze siciliane venivano invitati scienziati e chef rinomati, tra cui addirittura Pierre-Gilles de Gennes, premio Nobel per la fisica nel 1991: un simile parterre attirava molta attenzione, e così arrivò anche lo statunitense Harold McGee, famoso intellettuale, astronomo e chimico mancato ma laureato in letteratura e storia, autore di un vero e proprio trattato culinario riconosciuto a livello internazionale come una sorta di stele di Rosetta del mondo della cucina.

La curiosità dei fisici sulla sodatura dell'uovo e altre trasformazioni cadeva proprio in un momento in cui lo stesso interesse era diffuso tra i grandi chef, sempre alla ricerca di ricette per stupire i propri clienti: primo fra tutti il catalano Ferran Adrià che in quegli anni stava sperimentando, sulla base di conoscenze scientifiche, la creazione di nuovi gusti e sapori. Era alla ricerca, in particolare, di nuove procedure per poter controllare con estrema precisione le varie tipologie di cottura, in pratica la stessa cosa che stavano cercando di fare anche i fisici.

Il primo passaggio importante fu quello di introdurre tra i fornelli alcuni strumenti destinati di solito al laboratorio: centrifughe, evaporatori rotanti (rotovap), riscaldatori a immersione ecc. Cucinare con questi mezzi permette, infatti, di scoprire nuove transizioni nella cottura dei cibi, portando a sviluppare un'intera panoplia di nuovi gusti, consistenze e apparenze.

L'esercizio su cui chef e scienziati si sono cimentati è stato proprio quello di sodare un uovo di gallina, l'esempio semplice per convincere il mondo. Normalmente l'uovo si cuoce in acqua bollente, ma l'impiego di un riscaldatore a immersione permette di sodarlo a qualunque temperatura desiderata e di ottenere così una consistenza (e gusto) altrimenti impossibile. Il merito di aver condotto la prima sodatura a temperatura controllata non è unanimamente riconosciuto, ed è reclamato da diversi chef. Al di là delle gelosie tra primedonne, la scoperta scientifica fu di grande rilievo: tra i 60 e i 70°C avvengono transizioni biofisiche molto particolari nell'uovo di gallina poiché questo è l'intervallo di temperatura all'interno del quale le proteine del tuorlo e del bianco si distendono, si dispiegano (in termini tecnici: denaturano), perdendo la loro tipica struttura nativa (biologica) tridimensionale. Questo processo comporta un enorme cambiamento nella struttura delle proteine, e anche la variazione di un solo grado di temperatura può portare a differenze significative nella loro consistenza, in conseguenza del cambiamento della loro struttura geometrica, il che permette di realizzare preparazioni culinarie molto diverse tra di loro.

La consistenza finale di un uovo cotto deriva quindi dalla graduale denaturazione delle proteine che lo costituiscono; senza entrare nei dettagli, la denaturazione non fa altro che esporre poco per volta, srotolandole, diverse parti (i gruppi chimici) delle proteine che prima erano nascoste dallo stretto avvolgimento delle catene di amminoacidi (i costituenti delle proteine), permettendo così nuove reazioni tra i tanti diversi nuovi gruppi chimici che si presentano mano a mano che lo srotolamento (denaturazione) procede. A livello microscopico, le proteine che si stanno srotolando allo stesso tempo reagiscono tra di loro formando strutture sempre più stabili sotto il profilo macroscopico della loro consistenza, così come ci appare l'uovo sodo rispetto a quello crudo. E così è chiaro che, grazie al preciso controllo della temperatura di cottura, è possibile manipolare a proprio piacimento la matrice delle reazioni tra le proteine denaturate e ottenere le consistenze che si desiderano.

Per i più curiosi è bene precisare che questa breve descrizione si basa su concetti scientifici ben precisi e di natura quantitativa della chimica fisica classica che riguardano i moduli elastici (la misura della resistenza dei materiali alla deformazione), la plasticità (il rimodellamento dei legami chimici: un materiale con alta plasticità non recupera la propria forma originale una volta deformato) e la forza di rottura (la minima forza capace di ottenere una frattura in un materiale).

Nonostante ciò, non è ancora del tutto chiaro come tutti questi fattori agiscano tra loro nel definire la consistenza di un uovo sodo: addirittura non sappiamo ancora come le diverse proteine dell'uovo interagiscano in funzione della temperatura nel determinarne la consistenza finale (ma sappiamo misurare la temperatura su Venere!). Per non dire che nulla sappiamo dell'interazione tra una certa definita consistenza dell'uovo sodo e il sapore finale che ci procura una volta in bocca, quello che gli autori di lingua inglese chiamano mouth-feel (letteralmente "la sensazione in bocca").

Queste non sono solo questioni accademiche: se la biofisica della transizione delle proteine dell'uovo fosse ben conosciuta sarebbe possibile ridisegnare le proprietà dell'uovo di gallina una volta sodato. Si potrebbero, infatti, mescolare diverse quantità delle proteine dell'albume e manipolarne le transizioni della consistenza, oppure mescolare proteine provenienti da uova di diversi organismi, e quindi dotate di diverse proprietà di aggregazione, denaturazione e reazione, oppure mescolare le proteine dell'uovo con altri tipi di ingredienti. Si ricordi la rivoluzione portata da Ferran Adrià con l'impiego di nuovi (almeno in cucina) agenti gelificanti, quali metilcellulosa e agar, tipici ingredienti da laboratorio con i quali ha potuto inventare il suo famosissimo gelato caldo: infatti, mentre la gelatina alimentare gelifica tra i 4 e i 35 °C, la metilcellulosa lo fa tra i 50 e i 90°C.

La sperimentazione sull'uovo non finisce con la curiosità degli scienziati, e le applicazioni dei grandi chef sono andate oltre sino ad arrivare alla cucina destrutturata: Wylie Dufresne, gastronomo molecolare americano, concentra il tuorlo dell'uovo e lo impiatta come piccole colonne nella sua versione dell'uovo alla Benedict. Lo chef di origini spagnole Josè Andrès, nei suoi ristoranti a Washington e Las Vegas, propone uova nelle quali, grazie a un procedimento di sferificazione, il bianco è sostituito da una crema a base di parmigiano reggiano.

Va precisato che è anche possibile cuocere l'uovo oltre i 100°C, per esempio intorno ai 130°C: basta avere un po' di tempo (un'ora circa) e una pentola a pressione. Il risultato potrà stupire perché l'uovo così cotto sprigiona gli odori e i sapori di... una buona bistecca, compreso l'aspetto imbrunito. Il colore marroncino e il sapore tipico della carne arrostita sono dovuti, in termini chimici, alla reazione di Maillard, dal nome del chimico e medico francese Louis-Camille Maillard (1878-1936) che, nel 1912, ha studiato le reazioni degli amminoacidi in presenza di zuccheri e la trasformazione delle proteine negli alimenti in presenza di calore.

Non stiamo parlando solo dell'odore e del sapore della carne arrostita: la reazione è la stessa anche in una crostata di mele e nel pane tostato. Sebbene siano passati già diversi anni dalla scoperta di Maillard, i dettagli sono ancora oggi poco noti: si sa che per far avvenire la reazione occorre una temperatura tra i 130 e i 140°C, e devono essere presenti zuccheri e proteine.

Solo così si scatena la produzione di una grande varietà di molecole in dipendenza della temperatura e della quantità, e qualità, di zuccheri e proteine: fatto, quest'ultimo, sfruttato dai cuochi per ottenere piatti speciali grazie ai loro trucchi di cottura. Una sola molecola è sempre prodotta, ed è il bis (2-metil-3-furil)-disolfuro, caratteristica della reazione di Maillard: quest'ultima è anche usata come additivo in molte preparazioni alimentari per sottolineare il sapore di carne.

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E adesso che è cotto?

L'idea di sbollire un uovo sodo potrà sembrare assai balzana, non c'è dubbio: perché mai far ritornare allo stato liquido un uovo che è stato in precedenza sodato? Ebbene, ci sono persone che si sono chieste se questa è un'operazione possibile e, fatto ancora più singolare, che hanno dedicato tempo e denaro per svolgere ricerche sino a quando non sono riuscite a farlo. Stiamo parlando del gruppo di Tom Yuan e Gregory Weiss, l'uno australiano e l'altro californiano, serissimi professori di chimica e biologia molecolare, che sono riusciti a sviluppare un metodo rapidissimo (ne esistono già che richiedono giorni e giorni) per dischiudere (unfold) nuovamente le proteine che l'azione del calore porta a intrecciarsi (fold) in modo disordinato, legandosi tra di loro senza un ordine preciso, determinando così lo stato solido.

La peculiarità di questa ricerca gli è valsa il premio IgNobel per la chimica nel 2015, un riconoscimento che viene consegnato alla fine del mese di settembre (poco prima dell'annuncio dei veri Nobel nella prima settimana di ottobre) con una sfarzosa cerimonia presso il teatro Sanders di Harvard. Le ricerche candidate al premio devono essere state pubblicate da riviste scientifiche; poi, la maggior parte di quelle premiate verrà ripubblicata in Annals of Improbable Research, il cui sottotitolo Research that makes people laugh and then think (ricerche che fanno ridere e poi pensare) ci fa intendere che abbiamo a che fare con scienziati autoironici, ma pur sempre scienziati: i lavori pubblicati su questa rivista sono estremamente seri, condotti con tutti i crismi della scienza sperimentale e verificati da colleghi indipendenti rispetto agli autori.

Proviamo ora a cercare di spiegarvi come è stato possibile far tornare allo stato liquido un uovo sodo.

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Ludolinguistica e glottodidattica della parola uovo

Diverse sono le espressioni comuni nelle quali l'uovo fa la sua comparsa in tutte le lingue. In italiano sono numerosissime; "cercare il pelo nell'uovo" e "rompere le uova nel paniere" sono forse le più frequenti e impiegate per indicare una ricerca eccessivamente pedante e un'azione che rovini in modo imprevisto un'iniziativa di altri. O ancora: pelle d'uovo (è il nome di un tessuto di cotone finissimo); bere un uovo (un'azione molto facile); pieno come un uovo (essere sazio); fare una frittata (combinare un pasticcio); meglio un uovo oggi che una gallina domani (è preferibile un beneficio anche modesto ma immediato e sicuro, invece di uno maggiore ma futuro e aleatorio); gallina dalle uova d'oro (una fonte inesauribile di ricchezza); camminare sulle uova (sapersi muovere cautamente); gallina che canta ha fatto l'uovo (svelare inconsapevolmente); fino al desueto testa d'uovo (usato per indicare un intellettuale, talvolta anche in senso dispregiativo).

Ma forse la più famosa di tutte è l'espressione "uovo di Colombo" per intendere una trovata tanto geniale quanto semplicissima e sotto gli occhi di tutti, capace di risolvere situazioni apparentemente intricate e difficili: la leggenda tramanda che alcuni nobili, dopo aver sminuito le gesta di Colombo, furono da egli sfidati a compiere un'impresa altrettanto semplice, come far restare in posizione verticale un uovo. Nonostante i numerosi tentativi svolti dai nobili, solo Colombo vi riuscì, producendo una piccola ammaccatura sul guscio con un leggero colpo.

Un'analisi linguistica comparata rivela che la parola uovo, e i suoi derivati, è la più usata nel linguaggio corrente in Cile, come magistralmente spiegato e presentato in un memorabile libricino che non può mancare in una bibliografia dedicata all'uovo: La palabra huevón di Cosme Portocarrero, professore di castigliano all'Università Centrale di Santiago del Cile.

[...]

Per concludere questo viaggio nella cultura latinoamericana vi vogliamo segnalare la tradizione dei cascarones, uova colorate che si preparano in diverse occasioni oltre alla Pasqua: dal 5 maggio (la vittoria dei messicani contro i francesi nella battaglia di Puebla) a Halloween, dalla festa del papà ai compleanni. Cascarón significa guscio dell'uovo perché è proprio questa la parte che viene usata. Le uova, una volta svuotate del loro contenuto vengono infatti colorate e riempite di coriandoli, per poi essere tirate (o meglio rotte) sulla testa delle persone amate, creando una stupefacente doccia di colori. La tradizione dice che ricevere un cascarón in testa porti fortuna; con un po' di creatività e fantasia anche i meno dotati di queste caratteristiche ne potranno realizzare di bellissimi. Li abbiamo fatti anche noi, e vi invitiamo a provare a farli seguendo le nostre istruzioni: svuotare le uova dopo averle aperte a un'estremità. Colorarle (con colori a tempera o acquerelli o coloranti alimentari) e una volta asciutte, riempire i gusci di coriandoli o quanto di piccolo, gustoso e colorato abbiate in casa: semi, petali, biscottini, caramelle. Colorare della carta velina e incollarla sull'uovo per richiudere il guscio. A questo punto i vostri cascarones sono pronti per essere rotti in testa alle persone che volete festeggiare.

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Trasformazioni

Diversi aspetti legati alle creazioni culinarie, alle nostre interazioni culturali ed emotive con il cibo nascono non solo dall'uovo in quanto tale ma anche e forse ancor di più dalle trasformazioni che questo è in grado di assicurare, per esempio quelle in termini di riprogrammazione genetica delle cellule somatiche. E con la riprogrammazione genetica di una cellula della pelle, o del muscolo, è possibile percorrere due strade molto diverse tra loro sotto il profilo embriologico ma che possono essere accumunate da un minimo comune denominatore culinario: la produzione di carne.

Con il trasferimento in utero è possibile ottenere cloni di animali portatori di tratti genetici di interesse economico (produttività, peso, qualità); con la moltiplicazione cellulare delle cellule embrionali, ottenute dalle prime fasi dello sviluppo di uova soggette al trasferimento nucleare di nuclei somatici, è invece possibile la diretta produzione di carne: "bistecche" in capsule Petri pronte per la vendita sul mercato!

Con la riprogrammazione genetica si potranno allestire "biofattorie" di colture cellulari animali per la produzione delle proteine animali necessarie a sostenere i bisogni di sette miliardi di umani che sono destinati presto ad aumentare.

E che dire dei vegetariani? Dovranno interrogarsi se continuare a mantenere la propria posizione oppure ripensarci, e godersi il piacere di affondare i denti in un morbido hamburger, dal momento che questo sarà prodotto in vitro, come quelli creati nel 2013 da Mark Post e colleghi dell'Università di Maastricht.

Sembra che Albert Einstein, divenuto vegetariano negli ultimi anni della sua vita, sostenesse che solo un'evoluzione verso l'alimentazione priva di carne avrebbe garantito la sopravvivenza dell'uomo sul pianeta: quando anche il kebab e il roast raptor (la tanto desiderata carne nel videogioco World of Warcraft) potranno essere prodotti garantendo una maggior tutela ambientale, l'affermazione di Einstein perderà buona parte della sua validità. Le biotecnologie (non solo dell'uovo) offrono la possibilità di produrre carne rispettando l'ambiente: il lab grown hamburger sfida la bistecca di manzo!

Volendo porre in modo serio la questione potremmo dire che siamo tutti chiamati a riflettere su questi importanti sviluppi tecnologici nella produzione di cibo che la rivoluzione delle scienze della vita sta mettendo in campo: le nuove tecnologie non stanno solo rivoluzionando aspetti legati alla preparazione, al gusto e alla presentazione del cibo, che riguardano una ristretta nicchia di aristocratici frequentatori degli scienziati-chef stellati, ma chiedono a tutti noi di riflettere sulla sostenibilità della produzione di carne nel prossimo futuro.

Se fino a oggi le economie mondiali hanno dato il loro colpevole e tacito assenso alla distruzione di foreste equatoriali per far posto agli allevamenti di bovini, dobbiamo ora chiederci se riteniamo sia giunto il momento di sostituire almeno una parte di questi allevamenti con le colture di cellule animali per la produzione di carne in vitro. La riprogrammazione genetica attuata dalle cellule uovo consente un consumo energetico minore rispetto a quello necessario agli allevamenti intensivi di bovini; inoltre, tra gli altri vantaggi che si possono ricordare vi è quello di estrema importanza legato al cambiamento climatico poiché la produzione di carne in vitro comporterebbe una minore emissione di gas a effetto serra.

Per cominciare si potrebbe pensare di sostituire la carne dei bovini con quella della gallina e del coniglio, i cui allevamenti hanno un minore impatto ecologico. È probabile che in futuro mangeremo la carne rossa giusto a Natale, e comunque in rare occasioni come già accade per il tacchino negli USA (per il giorno del Ringraziamento) o il capibara in Venezuela (a Pasqua: sì, si può mangiare anche se è carne rossa poiché l'animale vive di fatto sempre in mezzo all'acqua e la religione cattolica permette di cibarsi nel periodo pasquale di animali che vivono in acqua).

Che sia in corso una svolta verso il vegetarianesimo è dimostrato dal fatto che circa cinque milioni di italiani hanno scelto questa dieta, ovvero ben il 9% della popolazione (inclusi i vegani, stima Eurisko). E in effetti pensare che per produrre un chilogrammo di carne rossa sono necessari tra i quindici e i ventimila litri di acqua, mentre ne bastano mille per produrre un chilo di cereali, invoglia a diventare vegetariani. Quindi, nell'attesa che diventino disponibili i lab grown hamburger, pranzeremo con la cotoletta solo a Natale e con due uova e un'insalata tutti gli altri giorni.

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UNIVERSO, UOVO, UOMO
Giovanni Bignami



Con in mano un normale foglio di carta, formato A4, immaginate di raddoppiarlo e farlo diventare A3. E poi di raddoppiarlo ancora: in quattro mosse siete allo AO, delle dimensioni di un metro per un metro. Se continuate così, ogni volta raddoppiando il foglio di carta, in meno di novanta volte avrete ottenuto le dimensioni dell'universo "accessibile", diciamo 10^26 metri (uno più uno meno), le più grandi che possiamo sperare di osservare.

Invece, ripiegando il foglio AO su sé stesso, fino ad A4, A5, e poi via ripiegando e con la mente dimezzando per un numero simile di volte, si arriva ben sotto (10^-26 m) alle dimensioni del protone e anche del quark, il pezzettino di materia più piccolo che possiamo osservare.

Se ne trae la conclusione non banale che le dimensioni dell'uomo (un metro) sono vicine al centro (logaritmico) dell'uovo cosmico che noi chiamiamo universo. È giusto chiamarlo uovo, l'universo, perché da lì è nato tutto, anche le galline. E per di più, è nato tutto insieme e tutto di colpo, al momento del big bang. Come scrive Calvino nella sua Cosmicomica "Tutto in un punto", all'inizio si stava stretti stretti, ma c'era già tutto dentro a quel punto, cioè dentro l'uovo.

Poi lo spazio ha cominciato a espandersi, per fortuna, e c'è stato spazio (appunto) per fare la materia e anche le galline, le uova e le padelle per friggerle.

Nell'ultimo secolo, da Einstein a oggi, la grande "vittoria" dell'uomo sull'uovo è stata quella di capirlo. Siamo incredibilmente fortunati noi, uomini di oggi e figli dell'uovo di ieri, a vivere in un periodo storico nel quale abbiamo capito qualcosa dell'universo. Poco, in realtà: solo il 4%, corrispondente a quella frazione dell'universo che è fatta della materia della quale siamo fatti noi (il resto è oscuro e non ne parliamo, ci sembra alieno, anche se discende anch'esso dall'uovo cosmico...). Questo poco, però, da meno di un secolo ci basta per dire che non è solo un'invenzione di poeti e cantanti: davvero siamo fatti di polvere di stelle. Cioè tutti gli elementi, dal carbonio al ferro e oltre, del nostro corpo sono stati costruiti dalle stelle, sintetizzati nelle loro efficientissime fornaci nucleari.

Abbiamo anche un ricordo più diretto dell'uovo che ha fatto l'uomo: nel corpo di ciascuno di noi c'è qualche litro di idrogeno, che è quello nato poco dopo il big bang e da allora non è mai stato più creato. Sì, anche se non li dimostriamo, una parte di noi ha almeno 13,7 miliardi di anni; per il resto, quello fatto dalle stelle, non va molto meglio: ciascun atomo del nostro corpo ha dai 5 ai 10 miliardi di anni.

Per arrivare a creare tutti i suoi atomi, l'uovo cosmico che ha fatto l'uomo ha quindi prima dovuto fare le stelle, che nascono loro stesse in covate, tutte insieme, dentro ovetti fatti di polvere interstellare bella "calda", che magari raggiunge una ventina di gradi sopra lo zero assoluto... Dalla stessa polvere sono poi nati i pianeti, come grumi nella polenta.

Infine, l'uovo cosmico ha saputo metterci anche le molecole, in mezzo alle stelle. Ha fatto, per esempio, la molecola dell'acqua: pur essendo triatomica, è la più abbondante nell'universo dopo quella dell'idrogeno (bella forza, lui è nato prima...). Non c'è da stupirsi se poi troviamo acqua dappertutto nel Sistema Solare cioè nella parte dell'uovo che a noi – aggrappati all'antropocentrismo nonostante Copernico, Darwin, la storia della materia oscura e molto altro – sembra la più importante.

Come una brava gallina, l'uovo cosmico ha poi messo nel tuorlo anche grosse molecole organiche, amminoacidi, per esempio, e chissà che altro. Tutta roba che piove sulla Terra da miliardi di anni. Piove sulla Terra e zone limitrofe, s'intende, per esempio sulle comete. La sonda Rosetta ha appena scoperto che sulla sua cometa non ci sono solo molecole organiche, anche belle grosse, ma addirittura molecole di ossigeno, cosa rara nel Sistema Solare, e, sulla Terra almeno, associate direttamente all'esistenza della vita che le produce.

Poi, si sa, da quasi cinque miliardi di anni l'uovo cosmico lascia cadere un po' dei suoi prodotti migliori proprio qui, su questo pianeta dove è nato l'uomo, forse con il solo scopo di riflettere sull'uovo. L'acqua degli oceani ha certo una componente importante generata dalla caduta primordiale di comete, e comunque ogni anno cadono sulla Terra 40.000 tonnellate di materiale extraterrestre, con anche una componente organica. Compresi un sacco di amminoacidi, per esempio, anche diversi da quella monotona ventina che è alla base di ogni forma di vita sulla Terra.

Per questo universo, almeno questo dove vive l'uomo, ovvero l'unico universo che possiamo osservare e sul quale possiamo riflettere, per questo universo il nome di Uovo Cosmico sembra proprio adatto. Forse, "fuori" da questo nostro Uovo Cosmico (anche se non è ben chiaro cosa voglia dire "fuori") ce ne sono altri, di universi-uovo, magari tantissimi altri, c'è chi dice 10^500. Per adesso, a noi basta il nostro.

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