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| << | < | > | >> |Indice1. Prologo. Era una notte buia e tempestosa 7 2. Volevo diventare un intellettuale 14 3. Il lettore sovrano e il lettore comune 21 4. Lisbeth Salander e Montalbano in biblioteca 29 5. Un Patto di Yalta tra biblioteca e scuola 38 6. Lo sdoganamento del Msi 46 7. Ho visto cose che voi umani 54 8. Il giallo è aristotelico, il noir freudiano 62 9. Dance macabre 73 10. Il nuovo fantasy nasce con Harry Potter e Twilight 80 11. Mio nipote Checco e il romanzo storico 88 12. Cinquanta sfumature di rosa 95 13. Young Adult ovvero giovani adulti 102 14. L'avventura di carta 108 15. Letteratura per l'infanzia e graphic novel sono generi 115 16. Conclusione. Questo non è un libro 122 |
| << | < | > | >> |Pagina 71. PROLOGO.
ERA UNA NOTTE BUIA E TEMPESTOSA
... Snoopy, diranno i miei ventiquattro lettori (uno meno del sommo Alessandro). No, realtà, altro che fumetti o libri per bambini. Era veramente una notte molto scura, squarciata solo dai lampi del temporale, quella del giugno 1816 sul lago di Ginevra, quando si trovarono riuniti a Villa Diodati per un piacevole soggiorno il "poeta maledetto" Lord George Byron, il segretario dottor John William Polidori, il poeta Percy Shelley e la sua giovane amante e di lì a poco sposa Mary Wollstonecraft. Per passare il tempo, in piena armonia con l'epoca romantica e stimolati dalle condizioni del tempo, nonché dalle assunzioni di laudano, assenzio e oppio, prima presero a leggere storie tedesche di fantasmi e del soprannaturale, poi si sfidarono a scriverne una ciascuno. Byron iniziò a scrivere un racconto, poi ripreso e completato da Polidori e intitolato Il Vampiro , il primo di un lungo e fortunato filone che anticipava quello che viene considerato il testo princeps, l'arcinoto Dracula di Bram Stoker (1897); Mary cominciò Frankenstein o il Prometeo moderno, la Creatura assemblata con pezzi di cadaveri e animata con la scintilla dell'elettricità dallo scienziato che volle farsi dio dando la vita a un corpo morto e il cui nome, per un singolare ma rivelatore lapsus dell'immaginario collettivo, viene spesso attribuito al mostro, scambiando il creatore con la "cosa" creata, quasi a stigmatizzare la mostruosità dell'atto e la ybris della scienza. Perché l'episodio, veramente accaduto, è importante nell'ambito della materia di cui ci si occupa in queste pagine? Per il suo valore emblematico, oltre che storico, perché riassume con la sua carica simbolica, rafforzata dalla verità del fatto, la nascita dei generi letterari moderni, strettamente collegati e interrelati, pur nella loro singolarità e specificità. Il Vampiro di Polidori è il prototipo del racconto horror, incarna il Male che viene da fuori, da lontano, sale dagli Inferi, ci penetra, ci invade corpo e mente, ci succhia il sangue e la vita, ci muta in mostri a nostra volta, non senza averci affascinati e dato anche piacere erotico. Mary Shelley unisce l' horror, la paura del mostro senza forma né nome, inguardabile e indicibile per il terrore che suscita, alla science fiction, la moderna fantascienza, come venne chiamata in Italia, quando batte alle porte già il positivismo con la sua fede nei miracoli della scienza e della tecnica. Venticinque anni dopo, al 1841, viene fissata la data di nascita del racconto poliziesco con I delitti della rue Morgue di Poe. Paradossalmente, ma nemmeno poi tanto, basta pensare a quanto i bambini amino le storie di paura, a cominciare dalle fiabe, Antonio Faeti, autorevole studioso italiano di letteratura per l'infanzia, propone di nominare Dracula "santo protettore dei libri per i bambini, I...] libri-vampiro che mordano e lascino un segno e producano un cambiamento". Perché un bel libro, che si fa leggere con piacere, è come un vampiro che afferra il piccolo o il grande, lo morde, lo segna e lo trasforma. Alla fine, il lettore non è più quello di prima, è cresciuto, la storia lo ha cambiato, anche di poco. Ma quante sono o possono essere le storie? Infinite. Si può provare a restringere l'obiettivo al numero delle possibili tipologie. L'inglese Christopher Booker in The Seven Basic Plots: Why We Tell Stories (non tradotto in italiano) dà autorevolezza accademica alla saggezza popolare, secondo la quale, come nella vita, così anche nelle narrazioni non c'è mai niente di nuovo da Omero e Shakespeare in poi: fonti, intrecci, topoi e archetipi (stereotipi compresi) sono sempre i medesimi e ricorrono immutabili. Precisamente, le trame fondamentali, secondo Booker, sarebbero sette: Ascesa ovvero dalle stalle alle stelle (Cenerentola, Re Artù), Lotta con il mostro, il cattivo (Dracula, James Bond), Ricerca (Sherlock Holmes, Indiana Jones), Viaggio e Ritorno dopo la caduta in un mondo fantastico, inconsueto (Alice, Robinson), Commedia (Fantozzi, Gian Burrasca), Tragedia (Giulietta e Romeo, Jekyll e Hyde), Rinascita (la Bella Addormentata, Biancaneve). Inoltre - implicito, sotteso, che circola e innerva tutti gli altri plot - ve ne è un altro, Mystery, il mistero, l'enigma che l'eroe deve risolvere; è evidente che in questo elemento rientri anche il racconto poliziesco, l'indagine del detective. Ma forse sarebbe più corretto porre l' Avventura come trama fondamentale, la vera Madre dei Generi narrativi, quella che dà forza e sorregge tutte le testualità dell'Occidente: il viaggio, la ricerca, la guerra, il mistero, la magia, l'amore, ossia gli incunaboli dell' epos primigenio. Complementare dell'avventura, poi, è la dimensione del Fantastico (per esempio, i racconti di Kafka, Buzzati, Bradbury), che secondo Tzvetan Todorov è l'esitazione del lettore, che porta alla sospensione dell'incredulità di fronte a un fatto inspiegabile e apparentemente magico, distinto dallo Strano, che si verifica quando quel fatto trova una spiegazione razionale, e dal Meraviglioso (Biancaneve e le altre fiabe di magia), che consente l'accettazione del sovrannaturale, a sua volta diverso dal Meraviglioso puro, che oggi può essere identificato nel fantasy, dove gli aspetti sovrannaturali vengono tranquillamente accettati in quanto è sovrannaturale la natura stessa del mondo in cui si svolgono le vicende (come nel Signore degli Anelli). Secondo il saggio di Booker, le sette trame racchiuderebbero tutto il repertorio del narrabile grazie a un numero pressoché infinito di variazioni e combinazioni realizzabili in virtù dell'immaginazione e dell' ars combinatoria. Naturalmente è opinabile che le trame fondamentali siano proprio sette, proprio quelle sette; altri hanno ipotizzato che siano dieci. Probabilmente Booker ha scelto il sette perché questo numero è considerato magico dai tempi più remoti e per le più svariate situazioni e ragioni (o sragioni): sette sono le teste della Bestia scarlatta dell' Apocalisse, i re di Roma, i peccati capitali e le opere di misericordia, i nani di Biancaneve, ecc. ecc. Per restare in tema e mostrare come l'archetipo (l'idea fondativa) tenda facilmente a diventare stereotipo (ripetizione priva di originalità), Glenn Cooper immagina che La biblioteca dei morti, primo volume di una trilogia di notevole successo, sia stata fondata da un essere umano prodigioso, settimo figlio di un settimo figlio, nato nel settimo giorno del settimo mese del 777. Personalmente sono portato a ritenere che tutte le storie siano contenute in embrione in due grandi libri: la Bibbia e l' Odissea, magari con l'aggiunta delle opere di Shakespeare, per completezza di funzioni e finzioni narrative. Appena la Creazione è terminata, avviene il primo omicidio, Caino uccide Abele e immediatamente scatta la prima indagine poliziesca, condotta con perfetta tecnica investigativa e inquisitoria dal Padreterno. Il quale non punta direttamente l'indice sul figlio (figuriamoci se non conosce il colpevole, onnipotente e onnisciente qual è), ma finge di prenderla alla larga: "Dov'è tuo fratello Abele?" chiede con noncuranza. Poi arriva il primo verdetto e la prima condanna, unita, però, all'immediata abolizione della pena di morte: "Nessuno tocchi Caino!". Nella Bibbia troviamo le prime pagine vibranti di passione amorosa ed eroticamente sublimi del Cantico dei Cantici e il primo incesto quando Lot si giace con le figlie. Nell' Apocalisse di Giovanni siamo in pieno fantasy quando sorge il drago rosso con sette teste e dieci corna. Nell' Odissea incontriamo la maga Circe che trasforma gli uomini in porci, il mostro Polifemo, i drogati mangiatori di loto, l'orrore della discesa nel regno dei morti, perfino un anticipo dello splatter di Quentin Tarantino quando Ulisse fa una carneficina dei Proci che hanno attentato alle sue proprietà, inclusa la moglie Penelope. Oggi forse soltanto il regista di Kill Bill o uno scrittore come Ray Bradbury, autore di racconti e romanzi tra il fantastico e la fantascienza, possono vantare "una potenza (immaginativa) degna di Omero", come azzarda Antonio D'Orrico, giornalista culturale di cui si dirà più avanti. Qui inizia anche il lungo viaggio dei generi, allorché queste storie venivano raccontate dal cantastorie a re e nobili, ma anche a contadini, pastori, pescatori, artigiani, mercanti. I greci con un pezzo di pane e una cipolla compravano un'emozione, ossia la narrazione della guerra di Troia, del viaggio di Ulisse, del ritorno a Itaca, della strage. Quelle storie hanno attraversato i millenni, trasformandosi e pur mantenendo intatto il nucleo originario e lo schema narrativo, e oggi si ripresentano ai nostri occhi e alle nostre orecchie con il medesimo effetto fascinatorio che ci costringe a notti insonni per voltare una pagina dietro l'altra per scoprire La verità sul caso Harry Quebert o per sapere se il professore Epping riuscirà a salvare J.F. Kennedy a Dallas il 22/11/'63, dopo che Stephen King lo ha fatto tornare indietro dal 2011 attraverso una fessura spazio-temporale. Anche Umberto Eco mi dà ragione: "Posso passare giorni e giorni a leggere la Bibbia, Omero o Dylan Dog senza annoiarmi" (citato da Tiziano Sclavi, il "papà" di Dylan Dog). | << | < | > | >> |Pagina 16Adesso è bene anticipare sinteticamente alcuni temi e definizioni che saranno trattati e sviluppati più ampiamente in seguito, al fine di rendere più fluido e fruibile il discorso, senza dover ricorrere a incisi per precisazioni e spiegazioni che rischiano di diventare digressioni che lo rallentano e complicano. Allora sarà bene fissare alcuni punti fermi o paletti, come si suoi dire:1) Che cosa è un genere letterario? Al di là di discussioni teoriche di studiosi a proposito di forme e tipologie narrative, che partono dall'età classica e da Aristotele per giungere a Hegel, Croce e oltre, oggi per generi si intendono quelli che vengono fatti rientrare nella narrativa popolare di massa e di intrattenimento, ben distinta da quella letteraria, e al suo interno sono classificati, etichettati secondo caratteristiche tipologiche ben determinate (giallo, rosa, fantascienza, ecc.). Ma i conti non sempre tornano. Alcune opere possono essere ascritte a più di uno fra i tanti generi, combinandosi e contaminandosi, per dar luogo a opere multi-genere (giallo-storico, fanta-thriller, rosa-avventuroso, ecc.) o possono essere collocate indifferentemente in più di una casella, secondo l'ottica del lettore: Frankenstein è all'origine della fantascienza, ma è anche un romanzo horror; Twilight può essere etichettato young adult, new gothic, neoromantico-dark. Altre opere di elevato livello letterario possono essere inserite in uno degli scaffali che contengono i generi, come è il caso di Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Gadda, indiscusso capolavoro della letteratura italiana, ma anche romanzo poliziesco con tutte le convenzioni di genere. Come è capitato a Il giorno della civetta di Sciascia, che appartiene contemporaneamente alla letteratura civile sul tema della mafia e al giallo d'enigma. Come capiterà poi a Il nome della rosa di Eco, che è al tempo stesso giallo d'indagine, romanzo storico d'ambientazione medievale ad alto tasso di erudizione, metafora civile del presente dell'autore, saggio in forma ossimoricamente narrativa sulle strutture del linguaggio e della scrittura romanzesca e - per finire? - romanzo "letterario" a tutti gli effetti (una bella impresa davvero, che solo un "genio" poligrafo come l'Umberto nazionale poteva condurre a termine). Come è capitato recentemente a Cormack McCarthy, uno dei maggiori scrittori contemporanei americani, il cui romanzo La strada è una pura distopia fantascientifica (cioè, un'utopia negativa), che mostra gli Stati Uniti ridotti a una landa desertica, non si sa se per una catastrofe ambientale o bellica, percorsa da bande di uomini imbarbariti e regrediti a forme di schiavismo e cannibalismo. Così come è capitato al nostro Antonio Scurati che in La seconda mezzanotte immagina l'incubo realizzato di una Venezia, ormai colonia cinese, sommersa dalle acque, tranne il centro storico, al riparo sotto una cupola artificiale e teatro di lotte tra nuovi gladiatori in piazza San Marco per turisti attirati dallo spettacolo del sangue e della morte e poi dal sesso nei cento bordelli della città. Questi esempi spingono a porre la domanda: letteratura di qualità o narrativa di massa? Forse l'una e l'altra. Perché i lettori di libri, tutti coloro che leggono libri, formano una massa di individui con un libro in mano, ciascuno dei quali si indirizza autonomamente verso i vari tipi di lettura e generi romanzeschi che preferisce, quelli cioè destinati a incontrare i propri gusti ed esigenze, chi verso Eco e/o il Giallo Mondadori, chi verso McCarthy e/o Urania, chi verso Maraini e/o Harmony. "I libri - dice l'editrice Rosellina Archinto - sono l'unico oggetto di massa con un'anima che si adatta a ciascuno di noi". Le vie della lettura sono infinite, tutte percorribili senza scomuniche o anatemi. Perché i generi sono meccanismi efficienti, macchine erotiche per la produzione del piacere di leggere. Validi strumenti per produrre lettura, per formare lettori, attraverso buoni racconti, anche se privi di aspirazioni letterarie alte, paghi di interessare, afferrare e (in)trattenere intelligentemente chi legge, che a sua volta opera un contagio virale con il passaparola. 2) Un altro paletto corrisponde a un imperativo categorico: il lettore non va mai criminalizzato, delegittimato, disprezzato per le sue letture, qualsiasi esse siano, "basse" o "alte", di consumo o di qualità, di massa o d'élite, ma va sempre rispettato. L'autore, anzitutto, l'ideatore e creatore, l'editore, il libraio, il bibliotecario, soprattutto il critico devono avere il massimo rispetto per il lettore, perché è il lettore che li fa vivere, idealmente e anche materialmente, con l'atto del leggere. Senza lettore non esiste scrittore, e nemmeno critico.
3) Dunque, il lettore è sovrano. Ne discende
la sua centralità, come ha più volte e una volta
per tutte decisamente affermato e argomentato
Mia L'Abbate Widmann. Non dal bancone di reference della biblioteca, ma dalla
cattedra dello studioso accademico, Umberto Eco ha parlato di
lector in fabula:
"un testo è un meccanismo pigro (o economico) che vive sul plusvalore di senso
introdottovi dal destinatario [...] Un testo vuole
che qualcuno lo aiuti a funzionare". Il lettore entra nel testo, se ne
immedesima, lo interpreta e completa a modo suo, se ne discosta anche fino
a deformarlo e "riscriverlo": insomma, opera in
una certa maniera da co-autore o perlomeno da
cooperatore. Il lettore, anche il più comune, non
è mai un semplice consumatore, ma sempre anche un produttore di immaginario.
Purché la tensione narrativa del testo sia tale da coinvolgerlo a fondo.
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