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| << | < | > | >> |Indice9 Introduzione FRANCIS RUSSELL 14 Torino 20 Varallo 26 Genova 32 Pavia 36 Mantova 40 Milano 46 Bergamo 50 Verona 56 Vicenza 60 Padova 66 Venezia 74 Maser 78 Possagno 82 Ravenna 88 Ferrara 92 Parma 96 Bologna 102 Firenze 110 Pistoia 114 Lucca 118 Siena 126 Pienza 130 Sansepolcro 134 Cortona 138 Orvieto 142 Perugia 148 Assisi 154 Gubbio 158 Urbino 164 Monte San Giusto 168 Ascoli Piceno 172 Tuscania 176 Villa Lante, Bagnaia 178 Roma 192 Tivoli 190 L'Aquila 200 Atri 204 Napoli 212 Cuma 216 Pompei 220 Paestum 224 Monte Sant'Angelo 228 Trani 232 Bitonto 236 Castel del Monte 240 Lecce 244 Matera 248 Siracusa 252 Ragusa 256 Segesta 260 Monreale 264 Palermo 271 Indice dei nomi dei pittori, scultori e architetti |
| << | < | > | >> |Pagina 9Introduzione
FRANCIS RUSSELL
Questo libro è stato scritto su suggerimento di Umberto Allemandi. Come chiunque ami l'Italia può ben comprendere, la sua stesura è stata fonte di grande piacere. I modelli di civiltà si stratificano nella penisola italiana con una densità maggiore che in qualsiasi altra area del pianeta. Tutte le culture che si sono susseguite hanno lasciato le loro tracce, la greca e la etrusca, la romana e la bizantina. Ci sono poi state invasioni a più riprese. Ma le popolazioni italiane hanno mostrato un'irreprimibile capacità di ripresa sotto il profilo artistico, difficilmente rinvenibile altrove. In alcuni momenti l'Inghilterra è stata all'avanguardia, lo stesso vale, probabilmente con maggiore frequenza, per la Francia. L'Olanda ha avuto il suo secolo grande. Ma solo dell'Italia si può dire che per tre millenni non ci sia stato secolo e nemmeno singola generazione che abbia mancato di lasciare il proprio contributo; e non si può fare a meno di rilevare, in una misura tanto forte che quasi lascia avvilito lo straniero, quante siano state le fasi di questa impresa creativa ad aver determinato il corso della civiltà di tutta Europa. Come capita a chiunque nel visitare un paese che ama, ogni volta mi riprometto di vedere luoghi e cose che per me siano nuovi. In questo senso l'Italia si è dimostrata, e si dimostrerà sempre, inesauribile. Umberto mi ha chiesto di scegliere le cinquanta località a mio parere più importanti: per indulgenza verso me stesso ho aumentato il numero a cinquantadue. Sarà evidente per il lettore ciò che più profondamente attrae il mio interesse: la pittura del Rinascimento italiano, e proprio nel suo solco si svolse la mia prima visita. Ma dipinti e sculture assumono significato vero solo se visti nel contesto degli edifici per i quali furono commissionati. Edifici che sono il riflesso del carattere politico e religioso delle rispettive città, le quali a loro volta devono essere viste nel contesto del proprio paesaggio, il territorio da cui traevano i mezzi di sostentamento e dal quale dipendeva la loro importanza strategica o economica. Umberto mi ha chiesto di esprimere i miei punti di vista personali. Nessun visitatore è imparziale. Ho scelto i cinquantadue luoghi in cui più desidererei tornare e che, immagino, possano piacere al massimo grado anche ad altre persone. Nel caso delle grandi città, ho evidenziato ciò che io stesso vorrei rivedere, le vie in cui vorrei passeggiare, le chiese o i musei in cui vorrei soffermarmi. Ho omesso gli edifici, per quanto splendidi, non accessibili al pubblico. Non è lo scopo di questo libro fornire indicazioni sugli orari di apertura dei musei, ma in Italia le chiese aprono di mattina presto, e consiglio ai visitatori di approfittarne. La selezione delle località è del tutto mia e ha implicato molti sacrifici. Mentre scrivo mi sembra di sentire Ester Bonacossa (Etta per gli amici inglesi): «Non dimenticare Cividale», «Non dimenticare Cefalù». Ma la prima l'ho esclusa perché il mausoleo longobardo è stato pesantemente restaurato, la seconda perché ai turisti, per scongiurare il ripetersi di atti vandalici, non è consentito avvicinarsi al «Ritratto d'uomo» di Antonello da Messina, al punto che è meglio esaminarne una riproduzione. Tarquinia è omessa perché visitare le tombe etrusche in mezzo a tanta gente è un'esperienza troppo claustrofobica. Numerosi altri sono stati i sacrifici: al Nord, Vercelli e Ivrea, Crema, Cremona, Brescia, per dirne solo alcune; in Toscana, Prato, Collodi, Pisa, Volterra, con la sua forza cupa, San Gimignano, con le sue torri, Montepulciano, con i suoi palazzi, la luminosa Sant'Antimo, l'imponente Arezzo. Altrettanto inclemente ho dovuto essere in Umbria, tralasciando Città di Castello, Spello, Montefalco e Spoleto; mentre in Basilicata, il Simone Martini di Altomonte può non soddisfare tutti i visitatori al punto di meritare la deviazione. Alcuni luoghi, come La Mortola, Belluno, Trieste, Frascati, Amalfi e tutta la Sardegna, sono assenti perché non li ho mai visitati, mentre altri, in particolare Taormina, sono tralasciati per la ragione irrazionale di non essere stati all'altezza delle mie personali aspettative. Coloro che desiderano estendere il loro giro troveranno ottimi strumenti nelle guide rosse del Touring Club Italiano e in quel volume che si rivelò indispensabile nella mia prima visita in Italia, I pittori italiani del Rinascimento di Bernard Berenson, del 1932 (Rizzoli, 1997). Dalla prima volta che ci sono stato, nel 1966, l'Italia è cambiata, e continua a cambiare. In Toscana non ci sono più buoi bianchi che tirano l'aratro, i contadini hanno lasciato i campi per stabilirsi nelle città. Ampie aree del paese sono state urbanizzate, con le vecchie fattorie separate dal loro paesaggio da recinzioni intrusive. In alcune zone l'edilizia è incontrollata, e lo stesso vale per la motorizzazione. Ma la prosperità ha fatto sì che molto di ciò che pareva a rischio sia stato salvaguardato e le autorità italiane, così come hanno cercato di reprimere l'esportazione di opere d'arte, hanno anche compiuto significativi interventi per preservare un patrimonio architettonico prodigioso. Malgrado gli sforzi di alcuni storici dell'arte di provare il contrario, molti degli esiti artistici dell'Italia del XX secolo non rappresentano un processo di evoluzione naturale né organico. Comunque, non sono qualificato a scrivere di questo. Mentre mi piacerebbe moltissimo rivedere l'incantevole stanza affrescata da Severini per i Sitwell a Montegufoni, non posso dire di avere la stessa urgenza nei confronti di Modigliani o Morandi o Giacometti. Sono stato colpito dall'architettura del periodo fascista più in Libia che in Italia, e non intendo tornare a visitare il rinomato monumento funebre di Carlo Scarpa nei pressi di Asolo, anche se ammiro l'Università di Urbino realizzata da Giancarlo De Carlo, il campus che si fonde nelle colline, e i suoi schemi di architettura partecipata applicati alle case di Terni. Ma non è per questo genere di cose che di solito un turista si reca in Italia. | << | < | > | >> |Pagina 74Maser VenetoLa terraferma veneziana ha pagato un prezzo altissimo in termini paesaggistici per la recente prosperità. Il Terraglio, la strada che collega Venezia a Treviso, è ancora costeggiata dalle ville dei patrizi veneziani, che però oggi sono compresse dallo sviluppo suburbano incontrollato. Più a ovest, le città di Castelfranco e di Cittadella, dotate di cinta murarie, si sono espanse nella pianura, tuttavia ancora attraggono il visitatore ad ammirare i loro capolavori del Giorgione e del Bassano. A nord, su un crinale fra le colline anticipatrici del Monte Grappa, si trova Asolo, la cui strada sottostante è costeggiata da ville che un tempo punteggiavano le vedute delle loro produttive tenute agricole. È provenendo da Asolo la via migliore per giungere alla più bella di queste ville, Villa Barbaro, costruita negli anni sessanta del Cinquecento. La strada piega dolcemente a rivelare il Tempietto, la cappella progettata da Palladio, una reinterpretazione in miniatura del Pantheon: a sinistra entrano nel campo visivo le terrazze ornate di statue della villa stessa, mentre il blocco centrale si staglia sul fianco della collina incorniciato dalle sue ali porticate, intonacate di un bianco burroso che risplende nella luce solare. I committenti di Palladio furono Daniele Barbaro, patriarca di Aquileia, e il fratello Marcantonio; il primo era uno dei veneziani più colti della sua generazione, statista e traduttore di Vitruvio. La genialità dell'architetto fu di mantenere la struttura esistente nel nucleo dell'edificio e di riuscire a sfruttare con maestria la ripida pendenza del sito. A Villa Rotonda la sfida era stata quella di ottenere una costruzione che potesse essere vista da tutte le angolazioni, a Fanzolo di progettare una villa disposta su un asse centrale: a Maser la posizione della strada pubblica implicava che i punti di vista laterali dovessero avere la priorità. I Barbaro erano uomini pratici: la loro villa doveva essere il centro di un'impresa agricola, ma anche rappresentare un ideale, ispirato agli scritti di classici quali Plinio. | << | < | > | >> |Pagina 216Pompei CampaniaQuando Plinio il Giovane descrisse l'eruzione del Vesuvio del 24 agosto 79 d.C. non poteva rendersi conto che quell'evento catastrofico avrebbe di fatto preservato la struttura di tanti degli edifici che aveva seppellito. Pompei, città di una certa importanza, con una popolazione stimata fra le seimila e le ventimila persone, fu ricoperta dalle ceneri, e la sua vicina più piccola, Ercolano, dal flusso lavico. Quest'ultima è la meglio preservata, ma fu Pompei, sistematicamente scavata dai re borboni, a catturare l'immaginazione europea. Ispirò il più noto dei romanzi di Edward Bulwer-Lytton, Gli ultimi giorni di Pompei, e la tela più drammatica del massimo pittore romantico russo, Alexandre Briullov, un dipinto di fronte al quale Walter Scott rimase per un'ora in silente ammirazione. È difficile, invece, per un turista trovare silenzio a Pompei, anche fuori stagione. Del resto la città non doveva affatto essere silenziosa all'epoca della sua prosperità. Anziché seguire un percorso prefissato, è meglio girare a caso, schivando le comitive dei pullman. Sebbene gli edifici pubblici siano meritevoli di attenzione, l'aspetto eccezionale di Pompei è la gran quantità di case private sopravvissute. | << | < | > | >> |Pagina 236Castel del Monte PugliaNessun imperatore medievale è paragonabile a Federico II, e nessun castello medievale suscita una fascinazione tanto forte quanto il suo Castel del Monte, in riferimento alla cui costruzione rimane un unico documento datato al 1240. Dalla cima della sua collinetta, Castel del Monte è visibile da grande lontananza. Sulla via per Bari, comunque verso sud, nessuno dovrebbe mancare di vederlo, un bagliore di pietra bianca, oppure una sagoma scura nella luce calante, che ancora oggi domina lo spoglio paesaggio tutto intorno a sé. Federico II era l'erede in via paterna del casato imperiale degli Hohenstaufen e in via materna del regno normanno. Fu incoronato sacro romano imperatore nel 1220. Risoluto ed esigente, lo Stupor Mundi, come era chiamato, si sarebbe distinto in qualsiasi epoca. La sua curiosità intellettuale andava di pari passo con la raffinatezza del gusto. Castel del Monte era diverso da tutti i castelli che l'avevano preceduto e persino da tutte le numerose fortezze che lo stesso imperatore aveva fatto erigere altrove. La costruzione è a pianta ottagonale con un cortile al centro e otto torri agli angoli, che sono dei falsi ottagoni in quanto all'interno mancano di due delle loro facce. | << | < | > | >> |Pagina 256Segesta SiciliaSpostandosi a ovest, chi visita la Sicilia ha quasi l'imbarazzo della scelta fra i siti classici. La moderna Gela è orrenda, ma i vasi attici a figure nere custoditi nel suo museo sono notevoli. Nell'entroterra, sotto Piazza Armerina, si trova Villa del Casale, di origine romana, con un'impareggiabile serie di mosaici: ma, a meno che non ci andiate, come ho fatto io, la mattina di Natale, ritrovandomi da solo per due preziosissime ore, preparatevi alla ressa. Più a ovest, ad Agrigento, con la sua stupefacente sequenza di templi eretti su un costone roccioso, c'è almeno spazio sufficiente perché le folle si disperdano. Oltre ancora si trova Selinunte. Il vasto ammasso terremotato di colonne appartenenti all'enorme tempio dorico era forse il luogo più suggestivo della Sicilia, prima che un brutale cumulo di terra e un nuovo centro di assistenza ai turisti non lo escludessero dalle vedute che offriva, a est, sulla piana costiera: per fortuna le antiche cave, a poca distanza, non sono state alterate. All'estremo ovest è situata Mozia, famosa per l'ineffabile «Efebo» del V secolo a.C., panneggiato in una tunica che sarebbe piaciuta a Fortuny. Ma il turista accorto dovrebbe verificare che la statua si trovi ancora sull'isola, prima di fare un faticoso viaggio a vuoto.
Invece
Segesta
non viene mai meno alle aspettative, malgrado l'intrusione dell'autostrada e
gli infelici interventi «paesaggistici» eseguiti dalla municipalità sotto il
tempio. La sua posizione è spettacolare.
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