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| << | < | > | >> |IndicePRESENTAZIONE 9 di Gianni Silvestrini CAMBIAMENTO ENERGETICO 15 La sfida definitiva PARTE PRIMA PANORAMICA DELLA SITUAZIONE ATTUALE 1. NESSUNA ALTERNATIVA ALLE ENERGIE RINNOVABILI 37 L'imperativo naturale a lungo ignorato A. IL POTERE DI CIÒ CHE GIÀ ESISTE 41 Il quadro mondiale dell'approvvigionamento energetico da fonti fossili e nucleare B. VALUTAZIONI ERRATE 47 La mentalità energetica convenzionale C. SCENARI 100% 53 Dalle opportunità tecniche alle strategie D. CONFLITTO STRUTTURALE 60 Il rapporto di tensione tra sistemi energetici opposti E. MOBILITAZIONE 65 Il cambiamento energetico come sfida politica globale 2. METODO E PSICOLOGIA DEL RALLENTAMENTO 71 Paralisi, rinvii e alleanze (in)volontarie A. MINIMALISMO ORGANIZZATO 74 La trappola concettuale delle conferenze mondiali sul clima e dell'emission trading B. PONTI FRAGILI 88 Nucleare e centrali elettriche con tecnologia CCS a ogni costo? C. AUTISMO DEL MERCATO 117 Le quattro menzogne circa la concorrenza delle energie rinnovabili D. SCARSO CORAGGIO CIVILE E POLITICO 129 Il futuro si gioca nel presente 3. SUPERGRID COME FRENI PSEUDO-PROGRESSIVI 137 Progetti Desertec e nel Mare del Nord, le nuove manie di grandezza A. SUPERGRID 142 Interminabili giri per arrivare alle energie rinnovabili B. TECNOLOGIA SENZA SOCIOLOGIA 145 L'incommensurabile progetto Desertec C. CALCOLI INAFFIDABILI 153 Le conseguenze economiche di Seatec D. CONFLITTO DI PRIORITÀ 155 L'abuso politico dei progetti supergrid contro la produzione di energia decentralizzata PARTE SECONDA PERSONE, MARGINI DI MANOVRA E TECNOLOGIE PER ENERGIE 100% RINNOVABILI 4. ACCELERAZIONE 161 Libero sviluppo delle energie rinnovabili al posto di una pianificazione tecnocratica A. ROMPERE IL SISTEMA 166 Il crescente potenziale tecnologico per le autonomie energetiche B. ATTORI 174 Il movimento sociale ed economico verso le energie rinnovabili C. PRIORITÀ 180 L'attuale quadro ordoliberale per un approvvigionamento energetico idoneo alla società D. BENE COMUNE 198 Il ruolo chiave dei provvedimenti energetici comunali 5. FANTASIA PRODUTTIVA 205 La riconversione energetica: un imperativo economico A. SINERGIE 206 Nuovi prodotti per applicazioni multifunzione B. CONVERSIONI 212 Un nuovo sfruttamento dei settori economici non produttivi C. LIBERAZIONE 218 Le opportunità dei paesi in via di sviluppo e una "Desert economy" D. PREVENZIONE 222 Le opportunità future dei paesi esportatori di energia 6. "AGENDA 21" RELOADED 225 Iniziative federali a livello mondiale per la trasformazione del paradigma energetico A. 350 PPM 232 Azioni di sequestro della CO2 in agricoltura e nelle foreste B. "INTERESSI ZERO" PER ZERO EMISSIONI 237 Finanziamenti per lo sviluppo delle energie rinnovabili C. IL POTENZIALE UMANO 239 Offensiva formativa internazionale e il ruolo di IRENA D. LA FINE DELL'ERA ATOMICA 246 L'abbandono dell'energia nucleare attraverso la proibizione delle armi atomiche a livello mondiale 7. UNA SCELTA DI FONDO 253 Etica sociale anziché economismo energetico NOTE 265 |
| << | < | > | >> |Pagina 9PRESENTAZIONE"Il mio punto di partenza non sono le fonti rinnovabili, bensì la società. Non sono giunto alla politica sulle fonti rinnovabili partendo da queste ultime, per arrivarci ho preso spunto dalla mia visione del problema e dalla mia concezione di responsabilità politica. La conversione alle rinnovabili è importante per la storia della civiltà", afferma Hermann Scheer nell'introduzione di questo libro pubblicato poco prima della sua scomparsa lo scorso anno. Il visionario che aveva intuito i cambiamenti della scena energetica internazionale, l'"Nero for the Green Century" come l'aveva definito la rivista Time, ci ricorda così come il suo impegno per la transizione verso le rinnovabili fosse fortemente ancorato a un'esigenza di giustizia sociale oltre che alla preoccupazione per la salvezza del pianeta. Una transizione che si è avviata a una velocità che ha colto di sorpresa l' establishment energetico. Le rinnovabili rappresentano ormai su scala mondiale un quarto della potenza elettrica. E la quota cresce rapidamente, come dimostra il fatto che circa la metà dei 194 GW installati nel mondo nel 2010 sono impianti alimentati da energia verde. La corsa delle rinnovabili è stata però tutt'altro che omogenea, con vaste aree del pianeta non ancora lambite dal cambiamento. La trasformazione coinvolge al momento un numero limitato di paesi, e non necessariamente quelli dotati dei potenziali eolici o solari più elevati, a conferma del fatto che è stata la volontà politica a smuovere le acque. Emblematica in questo senso la situazione della Germania, paese nel quale il ruolo di Scheer è stato particolarmente incisivo. In poco più di dieci anni la quantità di elettricità prodotta con le rinnovabili è triplicata arrivando a coprire il 17% della domanda elettrica. Pur essendo uno dei pochi ad avere intuito la rapidità dei cambiamenti del contesto energetico, Scheer rimane comunque preoccupato per il futuro. Bisogna fare più in fretta. L'urgenza di una risposta ai cambiamenti climatici e la necessità di ridurre gli impatti ambientali e sociali legati alla produzione dei combustibili fossili, impone di accelerare la transizione verso le fonti rinnovabili. Mentre ormai molti studi e anche qualche governo indicano la possibilità di coprire il 100% della richiesta elettrica con l'energia verde entro il 2050, lui ritiene possibile anticipare i tempi e arrivare a soddisfare con le rinnovabili tutti i consumi energetici, quindi non solo la componente elettrica, entro un quarto di secolo. Al centro della riflessione del libro ci sono le criticità di questa transizione. Due aspetti mi hanno colpito in particolare. Uno riguarda gli attori della trasformazione verde, il secondo le implicazioni della produzione decentrata o centralizzata delle rinnovabili. Scheer non ha dubbi sui soggetti che possono ribaltare la scena energetica. Il cambiamento si avvierà grazie alla spinta dal basso di cittadini, imprese, città. Le attuali grandi società energetiche, spesso multinazionali, sono invece viste come uno dei principali ostacoli alla corsa delle rinnovabili. Pur condividendo la centralità dell'azione bottom-up e il ruolo dei nuovi attori che via via vanno emergendo, ho più volte discusso con Hermann sul ruolo delle compagnie elettriche. Io sostenevo che si poteva sfruttare la loro forza, mentre lui era decisamente scettico in proposito. Per analizzare le complesse interazioni tra le grandi multinazionali energetiche e le fonti rinnovabili (in particolare il sole e il vento) è utile seguire le modifiche della percezione delle energie pulite nel tempo al crescere della loro importanza. Schematicamente possiamo considerare tre fasi. La prima, quella che definiamo del "ciondolo d'oro", caratterizza il momento in cui le rinnovabili si affacciano alla ribalta. Esse rappresentano una opzione del tutto marginale ma sono ammantate di grande fascino e godono del sostegno dell'opinione pubblica. Alcuni grandi gruppi tendono a esibirle, appunto come un gioiello, senza però attribuire loro alcuna valenza strategica. Non insidiano minimamente il business energetico e possono essere utili in termini di immagine. In Italia hanno svolto questo ruolo, ad esempio, la centrale solare a torre di Adrano inaugurata mentre era in pieno sviluppo il programma nucleare, e poi l'impianto fotovoltaico di Serre da 3,3 MW realizzato nel 1995 dall'Enel che, dopo l'esito del primo referendum sull'atomo, cercava di ridefinire la propria strategia energetica tra gas e carbone. La seconda fase è quella che possiamo definire del "cavallo bianco". Le rinnovabili si sono ormai fatte le ossa e rappresentano una lucrosa attività di business grazie al sostegno economico presente in alcuni paesi. Diversi grandi operatori energetici decidono di inserire nel loro portafoglio le tecnologie verdi come opzione vincente in termini di fatturato. Un cavallo bianco da inserire nelle quadrighe per accelerare la corsa dei carri e contemporaneamente migliorare il look delle società. È esattamente questa l'attuale situazione nei mercati di punta delle rinnovabili, come quelli europei. Ecco allora sorgere in Italia Enel Greenpower, in Francia EDF Energies Nouvelles, in Germania E.ON Climate & Renewables... E arriviamo infine all'ultima fase dell'evoluzione delle energie verdi. Pensiamo stavolta, a titolo di esempio, alla scomparsa di un comparto industriale, quello delle macchine da scrivere reso obsoleto a causa della diffusione dei programmi di videoscrittura. Per semplicità denomineremo con il termine "Word", dal nome del software più conosciuto, la fase di emersione di un nuovo dominatore del mercato. Proprio quest'anno la società indiana Godrej & Boyce ha chiuso lo stabilimento di Mumbai, l'ultimo al mondo che ancora produceva le macchine da scrivere, terminando così un'epopea iniziata più di un secolo e mezzo fa. Analogamente agli effetti della comparsa di "Word" nel mondo della scrittura, gli impatti delle energie verdi sul mondo della produzione elettrica potranno essere profondi per la chiusura progressiva delle centrali convenzionali. Questa è la fase che inizia ora e che caratterizzerà i prossimi decenni. E torniamo alle discussioni con Hermann. Io ritenevo che i mezzi finanziari a disposizione delle multinazionali avrebbero comportato una crescita più rapida delle tecnologie verdi e una conseguente riduzione dei prezzi. Lui vedeva una contraddizione intrinseca tra il ruolo di queste società e la diffusione su larga scala delle rinnovabili. In realtà, io tenevo d'occhio solo la fase del "cavallo bianco", ma lui guardava più avanti e si rendeva conto che, messe di fronte a una diffusione spinta delle rinnovabili, inevitabilmente le utilities si sarebbero rivoltate. Per capire meglio come stanno le cose, analizziamo il caso tedesco dove la transizione è più avanzata. Nei prossimi anni le compagnie elettriche dovranno ridimensionare il proprio parco termoelettrico e potranno solo in parte riequilibrare queste perdite acquisendo quote di potenza verde. Entro il 2020 l'elettricità generata con le rinnovabili passerà dal 17 al 35%, un raddoppio che comporterà una riduzione dei kWh convenzionali venduti. Nel solo comparto fotovoltaico ci sono ormai un milione di impianti, in larga parte proprietà di singoli cittadini, agricoltori, piccole imprese. Nei prossimi dieci anni le vendite di energia elettrica da parte delle utilities tedesche si ridurranno dal 10 al 20%. E la forte crescita delle rinnovabili potrebbe riservare ulteriori sorprese negative per le compagnie alla Borsa elettrica. Le offerte di energia vengono accettate in ordine di prezzo crescente fino a quando viene soddisfatta la domanda elettrica prevista. Il valore più alto accettato viene poi attribuito a tutte le offerte pervenute che quindi cederanno l'elettricità prodotta a questo prezzo. Siccome le fonti rinnovabili hanno diritto alla priorità di ingresso, automaticamente eliminano le offerte più costose e quindi comportano una riduzione del prezzo marginale. Risultato, bollette un po' meno care e utili leggermente inferiori per le compagnie elettriche. Questo effetto è più evidente durante le ore diurne quando la produzione è più pregiata e il prezzo che si forma è più elevato. Proprio le ore nelle quali il contributo del solare è maggiore. Questo impatto è già rilevabile in Germania dove, nelle ore centrali delle belle giornate estive, vengono immessi in rete 10-12.000 MW solari. La decisione di uscire dal nucleare entro il 2022, seguita all'incidente di Fukushima, ha inoltre accentuato il ruolo futuro delle rinnovabili. Queste infatti dovranno sostituire, oltre a tutta l'energia prodotta dalla fissione, anche quote di elettricità attualmente generata dal carbone in modo da rispettare l'impegno di riduzione delle emissioni climalteranti al 2020. Negli ultimi scenari elaborati dai quattro operatori delle reti di trasmissione tedeschi, la percentuale di potenza verde dovrebbe passare dall'attuale 34% a valori compresi tra il 50 e il 65% nel 2020 in relazione al livello della domanda e di vari mix di offerta. L'altra faccia della medaglia di queste elaborazioni riguarda la contrazione della potenza termoelettrica. Alle grandi società elettriche operanti in Germania non solo verranno a mancare nel giro di un decennio i 20.300 MW delle centrali nucleari. In due dei tre scenari analizzati si ipotizza anche la dismissione di 4.000-7.000 MW di centrali termoelettriche a carbone. Dunque, la crescita delle rinnovabili nel contesto tedesco preannuncia l'ingresso nella fase "Word". Allarme rosso per le utilities. Hermann aveva visto più lontano. Un altro tema caro a Scheer e coerente con la sua scelta di privilegiare gli attori dal basso, riguarda la forte diffidenza rispetto ai progetti rinnovabili di grande scala. Parliamo, ad esempio, della realizzazione di migliaia di MW eolici nei mari del Nord o di centrali solari di grande taglia nelle aree desertiche del Sahara. Secondo questi progetti, una quota dell'elettricità generata dovrebbe alimentare l'Europa consentendo così di ridurre i limiti legati all'intermittenza nella produzione su larga scala eolica e solare. Si tratta di programmi che vedono necessariamente il coinvolgimento di grandi gruppi. Le stesse compagnie elettriche, in effetti, sono in prima fila in questa corsa. In fondo si tratta di gestire megaimpianti secondo logiche che si possono assimilare al governo delle centrali convenzionali. Secondo Scheer le controindicazioni di questi progetti sono molte. Rischiano di diventare una tomba miliardaria, i rischi di insuccesso sono elevati e i tempi di realizzazione si possono dilatare enormemente. In effetti, se si considera la rapidità della corsa delle rinnovabili in Germania, i dubbi di Scheer sembrano fondati. Resta però la criticità della gestione delle reti elettriche quando le energie verdi raggiungono quote significative. Se la percentuale della domanda coperta dal solare e dall'eolico cresce oltre una certa soglia, diventa fondamentale il ruolo delle smart grids e dell'accumulo dell'energia. Aspettare però che il futuro decida se la riduzione dei costi delle batterie sarà tale da rendere fattibile l'opzione basata sulla generazione diffusa è rischioso. Per questo, il contributo dei parchi eolici offshore e delle centrali solari nei deserti pare indispensabile. Comunque la si pensi su singoli aspetti trattati da Scheer, i temi affrontati in questo libro risultano estremamente stimolanti. In particolare per l'Italia, che alla fine di quest'anno avrà 15.000 MW solari ed eolici collegati alla rete elettrica e che dovrebbe nei prossimi anni vedere una dinamica di forte crescita delle rinnovabili. Pensiamo al fotovoltaico che nel 2020 potrebbe soddisfare il 10% della domanda elettrica del paese. Le riflessioni sul futuro ruolo degli operatori elettrici sono quindi quanto mai pertinenti anche nella nostra situazione. E così pure l'analisi critica sui programmi come Desertec che si svilupperanno vicino ai nostri confini. Per i molti suggestivi stimoli riteniamo di grande attualità la pubblicazione del libro di Scheer in Italia e siamo onorati di ospitarlo nella collana dei Kyoto Books. Il Kyoto Club intende così contribuire al dibattito sulla transizione energetica in atto e sulle implicazioni che questa rivoluzione pone. Palermo, agosto 2011. Gianni Silvestrini Direttore scientifico Kyoto Club | << | < | > | >> |Pagina 15CAMBIAMENTO ENERGETICO
La sfida definitiva
Ultimamente in tutto il mondo si parla delle energie rinnovabili. Ormai quasi nessuno mette in discussione il fatto che le energie verdi rappresentino l'unica prospettiva futura per l'approvvigionamento energetico. Un'opinione, questa, che per lungo tempo è stata considerata un'assurda fantasticheria. Il cambiamento è avvenuto di recente. Nel maggio 2002 sono stato invitato a una riunione dell'ONU, nel suo quartiere generale di New York. Mi era stato chiesto di contribuire, all'interno di un piccolo team di persone selezionate, alla soluzione di un problema che era stato sollevato dall'allora Segretario generale dell'ONU, Kofi Annan. Ci si trovava nella fase finale dei preparativi per il "Summit Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile" che si tenne l'agosto successivo, a Johannesburg. Ma nella bozza della dichiarazione finale, elaborata nel corso di svariate conferenze preparatorie, mancava l'indicazione del ruolo chiave delle energie rinnovabili per uno sviluppo sostenibile della civiltà globale. Dovevamo pertanto elaborare delle proposte al fine di colmare questa lacuna. L'episodio dimostra come, all'inizio del 21° secolo, fosse ancora profonda e diffusa l'ignoranza nei confronti delle energie rinnovabili. L'attuale attenzione mondiale per questo tema è nata in contrasto con il mainstream politico ed economico in ambito energetico, che continua a essere prigioniero dell'idea di un approvvigionamento mondiale basato sulle energie fossili e sul nucleare. Ancora negli anni '90 i pochi antesignani di un'"era solare", in cui non si utilizzano né il nucleare né le energie fossili, si scontravano con preconcetti fortemente radicati ed enormi ostacoli pratici. Oggi sembra che questi siano stati superati, ma più a parole che a livello culturale e di azione concreta. Tronfie dichiarazioni di governi e aziende del'settore energetico, che dicono di impegnarsi a favore delle energie rinnovabili, gettano fumo sulle priorità pratiche. Sebbene le compagnie del settore energetico nel frattempo investano anche nelle rinnovabili, continuano a puntare principalmente sulle energie convenzionali, fino all'ultima goccia di petrolio, fino all'ultima tonnellata di carbone o di uranio e all'ultimo metro cubo di gas naturale. Queste sono per loro le fonti energetiche di maggior valore, dal momento che il calore del sole o il vento non sono commercializzabili. Dalla resistenza alle energie verdi si è passati a una strategia d'accaparramento delle ultime fonti fossili disponibili e di temporeggiamento, mentre si dovrebbe solo dare il via a un cambiamento di rotta, sempre più urgente. In ogni caso, almeno adesso viene unanimemente riconosciuto che il futuro dell'approvvigionamento energetico deve basarsi sulle energie rinnovabili. I rischi e i limiti molteplici legati alle energie fossili e al nucleare hanno raggiunto proporzioni macroscopiche. E già solo per questo motivo non è più possibile ignorare oltre le energie verdi, tanto più che offrono tassi di crescita impressionanti. Solo tra il 2006 e il 2008, gli investimenti annui mondiali in energie rinnovabili sono raddoppiati, passando da 63 a 120 miliardi di dollari americani. Tra il 2006 e il 2009 la capacità produttiva degli impianti eolici istallati a livello mondiale è aumentata da 74.000 a 135.000 MW e quella degli impianti fotovoltaici collegati alla rete da 5.100 a 19.000 MW. Aver ammesso che il potenziale delle rinnovabili è ampiamente utilizzabile ha creato i presupposti per l'abbandono del sistema energetico mondiale atomico/fossile. A loro favore gioca un fattore psicologico: a esse si associa infatti la speranza realistica di un approvvigionamento energetico garantito nel tempo e privo di pericoli. Le rinnovabili presentano pertanto un valore sociale superiore rispetto alle energie atomica e fossile. Ed è questo il punto saliente per la riflessione in ambito energetico. Chi riconosce che le energie rinnovabili non solo rappresentano un'integrazione all'approvvigionamento energetico attuale, ma un'alternativa completa e tangibile, non può rifiutarle. In presenza di un'effettiva possibilità di libera scelta, la maggioranza delle persone opterà per le energie verdi, escludendo le altre fonti. La Germania fornisce in questo senso un esempio pratico. In seguito all'entrata in vigore della legge sulle energie rinnovabili nel 2000, la quota di queste ultime a livello di fornitura elettrica è aumentata fino al 2009, nonostante le continue resistenze: dal 4,5 al 17%. E nella fornitura energetica complessiva, si è passati dal 3 al 10%. In parallelo si è evidenziata una fiducia crescente delle persone in questo potenziale energetico, accompagnata dalla speranza e dall'attesa di poter puntare pienamente su questa alternativa al più presto. Secondo i sondaggi, il 90% della popolazione tedesca è favorevole a un ulteriore sviluppo su ampia scala delle energie rinnovabili, il 75% vuole che tale espansione avvenga nella propria regione e in tal senso sarebbe disposto perfino ad assumersi costi più elevati. Meno del 10% si dichiara favorevole alle centrali atomiche o a carbone!' (ndr, in tema di energia nucleare, un dato significativo per l'Italia è quello registrato in Sardegna al termine degli scrutini riguardanti il referendum regionale del giugno 2011: il 59,49% degli aventi diritto si è recato alle urne e il 97,14% ha manifestato la propria contrarietà all'installazione di centrali e al deposito di scorie nucleari nell'isola. Risultati confermati dal quesito referendario nazionale del 12-13 giugno 2011.) Si è giunti a tanta popolarità nonostante le numerose critiche mosse per decenni alle energie rinnovabili dalle aziende energetiche dei settori convenzionali e dalla maggior parte degli esperti energetici, che hanno cercato di influenzare l'opinione pubblica mediante grandi investimenti nella comunicazione. Critiche che, come noto, non accennano a diminuire. Sia le prime sia i secondi stanno comunque perdendo terreno nello scontro in atto per conquistare l'opinione pubblica, un conflitto che continua immutato, ma che col tempo viene condotto con metodi sempre più sottili.
Oggi la discussione si focalizza soprattutto su quanto tempo sia necessario
per realizzare il passaggio completo alle energie rinnovabili. Bisognerà
aspettare fino al 2100? Oppure potrà essere una realtà già nel 2050?
Sono convinto che questo cambiamento sia attuabile più rapidamente,
se tutti mobilitiamo le forze necessarie al suo compimento: a livello globale ci
si potrebbe arrivare nell'arco di circa un quarto di secolo e in alcuni paesi e
regioni persino prima. Tale passaggio è realizzabile non solo in virtù
dell'enorme potenziale naturale delle energie rinnovabili, ma
anche in considerazione del potenziale tecnologico già disponibile. Ed è
indispensabile farlo per motivi ecologici e per evidenti ragioni economiche. Non
si tratta di un onere insostenibile, ma di una nuova opportunità economica di
portata globale per i paesi industrializzati e della grande
occasione per i paesi in via si sviluppo. Ma il principale potenziale in tal
senso è quello umano: è fondamentale sensibilizzare gli individui a favore delle
energie rinnovabili, soprattutto in ambito politico ed economico. È necessario
uno sforzo culturale senza precedenti. Del resto la sfida che ci troviamo ad
affrontare è di portata unica nella storia. E il fatto di procrastinarla non fa
che renderla più difficile. Abbiamo perso sin troppo tempo.
Come, quando e perché? Se il passaggio dalle energie atomica e fossile alle rinnovabili viene attuato in modo frammentario e a rilento, ci sono buone possibilità che la civiltà mondiale venga risucchiata in un vortice che non risparmierà niente e nessuno: drammatici cambiamenti climatici minacciano di rendere inabitabili intere regioni, provocando povertà di massa e movimenti migratori di centinaia di milioni di persone. Per contenere i danni prospettati da simili scenari le società dovrebbero affrontare sforzi e sostenere costi superiori rispetto a quelli necessari per il passaggio alle energie rinnovabili. Il calo della disponibilità di fonti energetiche nucleari e fossili e i prezzi crescenti già provocano radicali fratture economiche, e quindi sociali, nei paesi industrializzati e determinano condizioni di povertà sempre più gravi nei paesi in via di sviluppo. Si concretizza la minaccia di un incremento dei conflitti internazionali per garantirsi l'accesso alle risorse restanti, fino a giungere a scenari di guerre per accaparrarsi le fonti energetiche (ndr, per approfondimenti si veda il libro a cura del Centro di documentazione sui conflitti ambientali, Conflitti ambientali , Edizioni Ambiente 2011). Rimangono irrisolti i problemi correlati all'energia atomica, dai pericoli sempre in agguato relativi alla sicurezza degli impianti attualmente in funzione, fino a quelli del terrorismo nucleare e l'incombente minaccia delle scorie radioattive (ndr, per maggiori approfondimenti si legga Nucleare a chi conviene? di Gianni Mattioli e Massimo Scalia, Edizioni Ambiente 2010).
L'enorme consumo di acqua delle centrali nucleari e fossili aggrava la
crisi idrica in un numero sempre più alto di regioni. Aumentano i pericoli per
la salute umana connessi all'approvvigionamento atomico e fossile e la
contaminazione con il petrolio della biologia marina interessa
l'intera catena alimentare. Tutte queste crisi che si presentano
contemporaneamente e si acuiscono reciprocamente, colpiscono profondamente la
società. Esse evidenziano, molto più della crisi finanziaria globale,
il pericolo di crollo del modello di civilizzazione industriale sviluppatosi
sulla base dell'energia fossile e atomica. Sia nella variante capitalista di
economia di mercato sia nella versione socialista di economia pianificata, tale
modello ha già minato gravemente i presupposti per la sopravvivenza del pianeta.
Ogni anno trascorso senza attuare il passaggio completo e globale alle energie rinnovabili rappresenta quindi un anno perso. Tale cambiamento è l' ultima ratio: l'ultima via praticabile per scongiurare danni che possono divenire. irreversibili. Esso possiede una valenza di ultimatum, poiché non esistono altre possibilità per un approvvigionamento energetico naturale e sostenibile dell'umanità. Le conseguenze delle strategie seguite fino a oggi ci obbligano pertanto a un'azione tempestiva e di lunga durata. Molte prese di posizione generiche sulle energie rinnovabili non chiariscono quale sia realmente l'importanza che viene loro attribuita: un ruolo di primo, di secondo o di terzo piano? Sono una semplice concessione a una popolazione preoccupata? Chi ha contestato le energie rinnovabili fino a oggi ha realmente cambiato opinione circa il loro valore? Il passaggio è inteso come assolutamente necessario o come procrastinabile? Ricordo la frase di Mahatma Gandhi: "Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono, infine vinci". In quale fase ci troviamo, la situazione varia a seconda della nazione e dello stadio raggiunto nello sviluppo economico e nel confronto sulle fonti rinnovabili. Oltre la metà della potenza eolica installata in tutto il mondo viene sfruttata da soli sei paesi (USA, Germania, Cina, Danimarca, Spagna e India). Nella sola Germania si trova circa la metà degli impianti fotovoltaici integrati alla rete esistenti a livello mondiale. Le capacità installate per l'approvvigionamento solare termico si concentrano per oltre l'80% in Cina e nei paesi dell'Unione europea. È evidente che ci sono ancora troppe nazioni e persone che praticamente ignorano le energie verdi. Alcuni adducono come scusa per la propria titubanza che il passaggio alle energie rinnovabili richiederebbe "molto tempo" e che passi troppo grandi e veloci in tal senso rappresenterebbero un onere economico insostenibile. Alcuni sono realmente convinti, altri utilizzano simili affermazioni come pretesto per guadagnare tempo e continuare a comportarsi come hanno fatto sino ad ora, il più a lungo possibile. Ad alcuni manca il coraggio per smantellare le strutture dell'approvvigionamento energetico tradizionale; altri si trovano spiazzati e non sanno come sia possibile attuare concretamente il cambiamento energetico. I buoni propositi non significano ancora che si sappia esattamente come agire, ma costituiscono una premessa in tal senso. Per lo meno sono passati i tempi in cui si scatenava un violento fuoco di sbarramento non appena qualcuno dichiarava pubblicamente che le energie rinnovabili avrebbero potuto essere un'alternativa all'atomico e alle risorse fossili. Lo stesso atto di ignorare e schernire rappresentava già un metodo mirato di contrasto alle energie rinnovabili e corrisponde alle prime due fasi citate da Gandhi. Dal momento che oggi si ottiene in prevalenza una risposta "affermativa" al quesito se un approvvigionamento energetico sia possibile con le sole energie rinnovabili, molti hanno l'impressione che il conflitto sulle fonti alternative sia scemato e si sia formato un consenso di massima. E che si tratti "solo" di definire il quando e il come. Propio sulle tempistiche e sulle modalità emergono le domande cruciali. • Su quali vecchie energie convenzionali è necessario puntare fino al momento in cui saremo in grado di soddisfare il fabbisogno energetico con le sole fonti rinnovabili? • Delle diverse opzioni disponibili, quali fonti rinnovabili si devono privilegiare e come è possibile eventualmente integrarle reciprocamente? A quanto ammonta la nostra reale necessità di accumulare l'energia? • Come deve essere strutturata la fornitura delle energie rinnovabili: in modo decentralizzato e/o centralizzato? • Quali politiche sono determinanti per il passaggio totale alle energie rinnovabili? Ci si deve focalizzare su politiche nazionali o internazionali?
• Quali attori sono in grado di accelerare il cambiamento energetico e
che ruolo gioca in questo senso l'economia energetica convenzionale?
Le risposte ottenute hanno effetti dirompenti a livello politico ed
economico ed è decisiva in tal senso la soluzione del quesito fondamentale:
quello temporale. Il passaggio epocale e completo alle energie rinnovabili può
essere realizzato in modo così tempestivo da consentirci ancora
di scampare alle tragedie derivanti dall'approvvigionamento energetico
convenzionale? Chi e cosa frena il cambiamento e come è possibile accelerare
questo processo? Soprattutto con questo ultimo interrogativo devono misurarsi
tutti quelli posti in precedenza.
Consenso fittizio L'apparente consenso sulle energie rinnovabili distoglie dal fatto che lo scontro è solo agli inizi, e che avviene in un contesto poco chiaro. Tale atteggiamento induce inoltre a sottovalutare gli inevitabili conflitti connessi al cambiamento del sistema energetico, e pertanto a non affrontarli. Laddove il passaggio alle energie rinnovabili è stato concretamente avviato, si arriva al punto: la sostituzione delle energie atomiche e fossili riguarda direttamente la struttura del sistema energetico tradizionale e presenta stretti legami con il sistema produttivo, le abitudini di consumo, i sistemi economici e le istituzioni politiche vigenti. Tale cambiamento colpisce gli interessi fondamentali dell'economia energetica convenzionale, che rappresenta il massimo settore dell'economia mondiale e indubbiamente quello con il maggior ascendente politico. Un fatto rilevabile dagli sviluppi contrastanti delle attività energetiche globali. Oltre ai primi passi mossi verso le energie rinnovabili, illustrati in precedenza, esistono iniziative politiche come quelle del presidente degli Stati Uniti Obama, del governo cinese e indiano e persino dei paesi esportatori di petrolio e gas nella regione del Golfo. L'Unione europea ha introdotto nuove norme che impongono uno standard di emissioni zero per tutti gli edifici pubblici progettati dal 2012 ed emissioni praticamente pari a zero anche per tutti gli edifici privati di nuova costruzione, a partire dal 2020, un obiettivo che si può raggiungere unicamente utilizzando le energie rinnovabili e i sistemi costruttivi a efficienza energetica. La Cina si occupa della formazione di diecimila tecnici per l'energia solare nel continente africano. In Bangladesh vengono installati annualmente oltre centomila impianti solari di piccole dimensioni, grazie al microcredito e alla formazione di supporti tecnici specializzati. Nel primo decennio di questo secolo la Germania è divenuta la nazione precorritrice a livello internazionale nella produzione di elettricità da fonti verdi, grazie alla legge sulle energie rinnovabili. E ora tutti i suoi partiti considerano l'eventualità di convertire l'intera fornitura elettrica alle energie rinnovabili, entro la metà del secolo. Numerose città e circoscrizioni tedesche hanno deciso di realizzare la conversione totale entro i prossimi dieci, quindici anni; in parte hanno già raggiunto tale obiettivo nella fornitura elettrica e termica, lo stesso vale per alcuni comuni austriaci e danesi (ndr, possiamo citare anche i comuni "rinnovabili" italiani: Lecce, Morgex, Brunico, Dobbiaco, Sluderno, Prato allo Stelvio, Carano). Grandi multinazionali come Bosch, General Electric e Siemens hanno attribuito un'importanza strategica alle energie rinnovabili. Anche aziende elettriche come le tedesche E.ON e RWE investono ingenti capitali nelle rinnovabili. Gruppi automobilistici si preparano alla produzione di veicoli elettrici e sono favorevoli a coprirne il fabbisogno energetico mediante fonti rinnovabili. Grandi banche, dalla newyorkese Wallstreet fino alle piazze finanziarie di Francoforte e Londra, hanno erogato notevoli portafogli di credito per le energie rinnovabili, e spuntano come funghi gli analoghi fondi d'investimento. Non rappresentano più realtà isolate le imprese, in prevalenza piccole e medie, che si sono specializzate nelle energie verdi, divenendo antesignane del settore. Alcune si trasformano in grandi imprese, altre vengono acquisite da multinazionali, intese a recuperare il tempo perduto. Non vanno tuttavia trascurati trend opposti, che continuano a rivelare priorità di ben altra natura: a livello globale si registra un netto incremento degli investimenti nelle energie convenzionali; nel 2009 erano quadruplicati. Si tratta di stanziamenti nelle grandi centrali elettriche e negli oleodotti nell'ordine di miliardi e con lunghi periodi di ammortamento che implicano scelte durature. Il Congresso USA ha dovuto dissuadere il presidente Obama dalle iniziative volte a un'ulteriore promozione dell'atomico e alla costruzione di nuove centrali a carbone e dalle controverse autorizzazioni a nuove trivellazioni petrolifere e oleodotti. La Cina attribuisce la massima importanza alla costruzione di nuove centrali a carbone, lo stesso vale per l'India. Siamo testimoni di una vera e propria ondata di sovvenzioni miliardarie per la cattura e sequestro della CO2 nelle centrali a carbone, vengono promosse le cosiddette centrali elettriche CCS (Carbon Capture and Storage) che prevedono lo stoccaggio finale del CO2 in depositi sotterranei. Per questa tecnologia la Commissione UE ha già stanziato più incentivi di quanto non abbia fatto per il sostegno diretto degli investimenti nelle energie rinnovabili. Il gruppo energetico Shell ha abbandonato le iniziative volte a incrementare la produzione di energia solare avviate negli anni '90, annunciando invece il proprio impegno a favore degli investimenti nel CCS. Nella provincia canadese dell'Alberta giganti escavatori estraggono le sabbie bituminose destinate alla produzione di carburanti fossili in un sito dedicato di 20.000 metri quadrati; le conseguenze sul bilancio idrico naturale sono terribili: per la produzione di un solo litro di petrolio vengono utilizzati ben 20 litri d'acqua. In West Virginia, la regione carbonifera statunitense, intere montagne vengono fatte saltare per estrarre con escavatori sempre più grandi quantità di carbone sempre maggiori. Le conseguenze catastrofiche delle trivellazioni marine ad alta profondità nel Golfo del Messico di fronte alle coste americane sono di dominio pubblico. Ci sono poi alcuni che auspicano lo scioglimento della calotta che ricopre il Polo Nord per poter sfruttare le risorse fossili che si nascondono sotto i suoi ghiacci perenni. È indubbio che rispetto ai propri predecessori il presidente francese Sarkozy abbia introdotto un numero maggiore d'iniziative a favore delle energie rinnovabili, si tratta però in prevalenza di attività da "commesso viaggiatore" internazionale, finalizzate a procacciare alla Francia commesse per la costruzione di centrali atomiche. Il governo inglese nell'aprile 2010 ha deliberato un'Electricity Feed Law, una legge sull'approvvigionamento energetico da fonti rinnovabili, secondo il modello tedesco, ma contemporaneamente costruisce nuove centrali nucleari. Nell'aprile 2010 il governo finlandese (con esponenti anche del partito dei Verdi) ha autorizzato la costruzione di due nuovi reattori atomici. La Polonia sta pianificando due centrali nucleari. Il governo italiano, sotto il presidente del consiglio Berlusconi, ha annunciato la costruzione di reattori atomici, sebbene in un referendum del 1987 fosse stato espresso un voto contrario al nucleare (ndr, risultato ribadito in percentuali schiaccianti con il referendum popolare del 12-13 giugno 2011). La Russia e l'Ucraina hanno definito a inizio del 2010 un progetto comune per condividere il proprio know-how atomico, raddoppiare entro un decennio la produzione elettrica da impianti nucleari e proporla a livello internazionale. A inizio 2010 Abu Dhabi ha commissionato quattro reattori alla Corea. Anche il Vietnam vuole produrre energia nucleare. Persino il Brasile – il paese che insieme alla Russia, al Canada e all'Australia possiede il più fiorente potenziale naturale di energie rinnovabili – pianifica nuovi impianti nucleari. L'Agenzia internazionale dell'energia (AIE) stima che entro il 2050 vengono costruite ogni anno trentadue nuovi impianti nucleari, il che significherebbe uno ogni undici giorni. Un modo di procedere aggressivo, anche se è provato che i costi di queste energie saranno superiori a quelli delle rinnovabili: ciò che viene scoperto, deve essere estratto e venduto. La "piromania" globale – come ho definito questa ossessione nel mio libro Il solare e l'economia globale (ndr, edito da Edizioni Ambiente nel 2004) - prosegue indefessa: le grandi compagnie petrolifere continuano imperterrite a trivellare, non hanno smesso neppure durante la catastrofe petrolifera nel Golfo del Messico. Si continua a mettere a repentaglio il destino della Terra, adducendo come giustificazione che "attualmente" le energie rinnovabili presenterebbero un potenziale insufficiente. Sebbene le energie verdi abbiano conquistato un po' di popolarità, non dovrebbero assolutamente inficiare lo status del sistema energetico convenzionale, ma essere disponibili solo per il fabbisogno energetico extra. Questo è quanto accade anche in Germania. Si pensi al tentativo di annullare la decisione del 2001 di abbondare il nucleare, come pure in numerosi progetti finalizzati alla costruzione di impianti a carbone, con capacità tali da presupporre che le energie rinnovabili non siano ulteriormente potenziabili. Contemporaneamente sono sempre più frequenti gli attacchi orchestrati alla legge sulle energie rinnovabili, che favorisce un rapido sviluppo di queste ultime. Appartengono al coro di coloro che sminuiscono le energie verdi anche istituti di scienze economiche. Il nuovo consenso sulle energie rinnovabili è fittizio. Le forze consolidate dell'approvvigionamento energetico puntano semmai a una coesistenza dell'atomico e del fossile con le fonti verdi, con una netta predominanza delle fonti convenzionali rispetto alle rinnovabili, che devono adeguarsi (e limitarsi) alle strutture esistenti di distribuzione energetica. Il modello del conflitto energetico è rimasto quindi praticamente immutato. Solo in apparenza si sono presi in considerazione i pro e i contro delle energie rinnovabili; nella sostanza ciò che interessava erano sempre le strutture dell'approvvigionamento energetico e la facoltà di disporne. La scelta di fonti energetiche fossili e nucleare ha definito l'attuale sistema per la fornitura energetica. Il riorientamento alle fonti rinnovabili ne minaccia l'essenza. Dopo la fase del rifiuto e dello scherno dei primi, ora gli sforzi vengono diretti pertanto a rallentare il cambiamento di sistema energetico. Aumentano anche i tentativi da parte del sistema energetico convenzionale di influenzare le decisioni politiche, i media e l'opinione pubblica. Negli USA, all'inizio della presidenza di Barack Obama sono stati inviati a Washington oltre duemila ulteriori lobbisti dell'economia energetica americana, con l'incarico, profumatamente retribuito, di intralciare la svolta energetica annunciata, mediante la manipolazione mirata dei rappresentanti del Congresso e dei media. Vengono investite ingenti somme per il "greenwashing", un fenomeno descritto egregiamente da Toralf Staud nel suo libro Grün, grün, grün ist alles, was wir kaufen (ndt, "Tutti i nostri acquisti sono verdi"). Aumenta il numero di ex membri del governo che allo scadere del mandato passano immediatamente alla direzione di gruppi del settore energetico e, stranamente, altrettanto numerosi sono i giornalisti che vengono assunti da questi stessi gruppi come media advisor, per curarne l'immagine per quanto concerne il tema della salvaguardia ambientale. Dietro l'attività secondaria per le energie rinnovabili, prosegue l'attività primaria con le energie convenzionali. | << | < | > | >> |Pagina 26Il "nervus rerum"Il "nuovo" conflitto energetico divampa soprattutto laddove le energie rinnovabili sono già introdotte a pieno titolo nel sistema energetico. Il vero problema che si cela sotto il consenso fittizio, il nervus rerum del conflitto, consiste nel fatto che i requisiti di sistema della fornitura energetica atomica e fossile – e con ciò s'intendono gli investimenti complessivi a livello tecnologico, infrastrutturale, organizzativo, finanziario e, non da ultimo, politico – non sono compatibili con quelli delle fonti rinnovabili. L'obiettivo deve tuttavia essere la completa sostituzione dell'attuale sistema energetico. Puntare solo su una quota limitata di energie rinnovabili sarebbe una limitazione strategica ingiustificabile che renderebbe necessario il mantenimento del sistema convenzionale in una prospettiva di lungo termine e persino il suo ulteriore sostegno a livello politico. E ciò significa dover gestire, per un lungo periodo, due diversi sistemi di approvvigionamento energetico che a un certo punto s'intralceranno reciprocamente. È indubbio che l'iter verso l'adozione completa delle energie rinnovabili debba contemplare una fase transitoria, caratterizzata da una crescita della quota di fonti rinnovabili nella fornitura energetica, a fronte di una riduzione delle risorse convenzionali, fino a una completa sostituzione di queste ultime. A quel punto si deve tuttavia definire quali siano i principali requisiti di sistema: quelli del sistema energetico convenzionale o altri, consoni alle energie rinnovabili. Così facendo si rende inevitabile un conflitto unico nella storia della fornitura energetica moderna. Da un lato c'è il sistema energetico convenzionale che ha strutturato nei minimi dettagli la fornitura energetica complessiva in funzione delle proprie esigenze funzionali e a cui si rifanno le specifiche normative energetiche. Dall'altro c'è la prospettiva di un sistema interamente basato sulle fonti rinnovabili con requisiti funzionali in prevalenza opposti al primo e con una regolamentazione sistemica sino a oggi a livello embrionale. Tra la situazione attuale e quella auspicata si colloca una fase caratterizzata da numerosi scontri e confronti. Chiamiamola una "fase ibrida" per analogia con l'auto ibrida, dotata di due motori per due diverse energie propulsive. Il sistema energetico tradizionale ha dalla sua di essere un progetto consolidato, ed esige un cambiamento energetico da attuare esclusivamente in tempi lunghi e secondo le proprie regole. Il punto di forza invece delle risorse rinnovabili, oltre al fatto che non esistono altre alternative future possibili, è che possono essere utilizzate indipendentemente dal sistema energetico tradizionale e godono di una maggiore considerazione a livello sociale. Attualmente ci troviamo tuttavia in una situazione che procede per tentativi, con un gran numero di progetti in concorrenza fra loro, più o meno approfonditi, che possono pertanto essere facilmente ostacolati. Ed è qui che risiede il reale problema di realizzazione della svolta energetica.
È fondamentale capire come superare simili ostacoli, al fine di giungere a
un rapido sviluppo delle fonti rinnovabili. Da un lato, risulta determinante
definire i pregi e i difetti del sistema energetico convenzionale.
Dall'altro, ogni strategia volta ad affermare le fonti rinnovabili deve basarsi
sui loro punti di forza e farli valere. Gli attuali punti forti e deboli
non sono solo di natura tecnica ed economica, ma anche politica e culturali. Dal
momento che il rapporto di tensione tra i due sistemi rappresenta il
nervus rerum
della svolta energetica, esso è l'oggetto principale di questo libro.
Vecchi e nuovi fronti Durante la "fase ibrida" del passaggio energetico si avvicendano scenari e attori differenti. Il confine tra i protagonisti delle rinnovabili e quelli delle energie convenzionali è stato a lungo netto e inequivocabile. Da un lato il fronte, inizialmente ancora esiguo, dei precursori delle energie rinnovabili: organizzazioni pro fonti verdi, associazioni ambientaliste, istituti ambientalisti, singoli attori politici, aziende pioniere e simpatizzanti nei media. Dall'altro un fronte del rifiuto, praticamente unanime, composto dall'industria energetica, dai governi che con essa hanno instaurato una collaborazione stretta e consolidata, dagli istituti di ricerca e dalle associazioni industriali affermate, come pure da gran parte delle imprese industriali e dei media economici. La linea di demarcazione tra i due schieramenti con il tempo si è sbiadita e ci sono stati dei cambiamenti di fronte. Le imprese industriali, gli istituti di credito e i gruppi d'investimento hanno riconosciuto nella produzione degli impianti e nel finanziamento dei progetti destinati alle energie rinnovabili una prospettiva economica interessante. In seno alle associazioni economiche e industriali, che per lungo tempo sono state strenue sostenitrici dell'economia energetica tradizionale, e con lei hanno stigmatizzato l'inadeguatezza delle fonti rinnovabili e lo "spirito antieconomico" dei loro sostenitori, si tessono ora le lodi delle opportunità di mercato connesse alle energie rinnovabili. Le aziende energetiche comunali, che erano divenute appendici del sistema energetico convenzionale, con le fonti rinnovabili vedono nuove possibilità di rivestire in futuro un ruolo autonomo. Più queste ultime acquisiscono popolarità, più i partiti e le istituzioni politiche si conformano a esse. Anche nel settore energetico attuale sta nascendo una nuova generazione di decision-maker convinta che il nucleare e il fossile portino a un vicolo cieco. Essi tentano quindi di organizzare il passaggio alle fonti rinnovabili in un modo conciliabile con la struttura della fornitura energetica tradizionale. Il vecchio "metodo del rifiuto" può dirsi superato. Ora si tratta di collaborare, di "salire sul treno in partenza", per poter almeno influire sui suoi orari e la sua velocità. I gruppi del settore energetico tentano inoltre di rendere pubblicamente più accettabile la propria posizione a favore del nucleare e del fossile con investimenti anche nelle fonti rinnovabili. Parallelamente alla dissoluzione del tradizionale fronte negazionista, assistiamo a una diversificazione del panorama dei protagonisti delle energie verdi. È indispensabile modificare le politiche che hanno contrastato lo sviluppo di queste ultime. Esistono in tal senso numerose proposte che spesso però mancano di consistenza e di lungimiranza. Interessi contrastanti, generati dallo sviluppo delle energie rinnovabili, emergono improvvisamente non appena si tratta di accaparrarsi fette di una torta sempre più grande. I sostenitori delle energie rinnovabili intravedono nell'economia energetica convenzionale una propensione alla collaborazione. I produttori degli impianti a energie rinnovabili ricevono commesse dai gruppi energetici, divenendone partner commerciali. E agli istituti di ricerca per le energie rinnovabili vengono commissionati studi anche da affermate compagnie energetiche. I governi sostengono il dialogo per giungere al consenso e a una mediazione tra le energie rinnovabili e quelle convenzionali. Diversi sostenitori delle fonti rinnovabili, che sono stati a lungo denigrati e hanno avuto un ruolo di outsider, vedono in questo atteggiamento di apertura un notevole progresso. E poiché una situazione di consenso risulta sempre più gradevole di una conflittuale, ne consegue anche una disponibilità pratica in tal senso, superando il limite, per lo più invisibile, che separa il compromesso dal compromettersi. Tutto ciò è tipico delle fasi di transizione, in cui le parti coinvolte si adeguano a una nuova situazione sperando di trovare rassicurazioni. Non tutti possono o vogliono pensare allo sviluppo globale: un compromesso può essere estremamente utile e costruttivo, ma può anche nuocere notevolmente. Ci si deve sempre chiedere: consenso per cosa e con chi, e chi ha il coltello dalla parte del manico? Un consenso tra tutti coloro che sono interessati dal cambiamento in modi molto diversi comporta inevitabilmente un rallentamento. Oppure un consenso tra quelle forze che perseguono il medesimo obiettivo e si uniscono per raggiungerlo? Un consenso di tutti gli interessati per un rapido cambiamento energetico sarebbe pensabile solo se l'obiettivo così perseguito aprisse a ognuno una prospettiva "win-win". Questa promessa viene fatta volentieri da coloro che vogliono evitare conflitti necessari. Nella conversione alle energie rinnovabili tuttavia un obiettivo "win-win" risulta impossibile. Il passaggio completo alle energie rinnovabili rappresenta il cambiamento strutturale più radicale dall'inizio dell'era industriale. È impensabile attuarlo senza vincitori né vinti. A perdere saranno indubbiamente i fornitori delle energie convenzionali, le proporzioni della sconfitta dipenderanno dalla loro disponibilità e capacità di riconvertirsi completamente, di rassegnarsi a quote di mercato in drastico calo e di trovarsi nuovi campi di attività, che non saranno più l'economia energetica. I tentativi di sfuggire al ruolo di perdenti in questo processo di trasformazione e di mantenere la propria posizione centrale nell'ambito dell'economia energetica portano a strategie di rallentamento contraddittorie, inadatte e dispendiose. I vincitori del cambiamento saranno la civiltà mondiale nel suo insieme e le sue società ed economie nazionali e all'interno di esse le aziende tecnologiche, come pure numerose imprese locali e regionali. A ogni modo, il cambiamento energetico determinerà molti più vincitori che vinti. Gran parte dei potenziali vincitori non è ancora cosciente delle opportunità, ragion per cui è ancora schierata sul fronte opposto. | << | < | > | >> |Pagina 30Realismo pragmaticoOgni iniziativa economica o politica a favore delle energie rinnovabili, indipendentemente dal motivo che la determina, accelera in qualche modo il loro sviluppo. Tuttavia non sono tutte equivalenti e parimenti idonee alla realizzazione di un rapido cambiamento energetico. Per questo motivo è necessario operare delle distinzioni e definire: • quali iniziative consentono lo sviluppo incondizionato delle energie rinnovabili e quali lo permettono solo parzialmente, e se le stesse si integrano oppure si ostacolano reciprocamente; • quali progetti ampliano il numero degli attori favorevoli alle energie rinnovabili e forniscono loro i necessari spazi di azione, e quali al contrario riducono lo spettro a pochi attori, artefici dei successivi sviluppi; • quali iniziative rispecchiano le innumerevoli ragioni del riorientamento alle energie rinnovabili, invece di limitarle a uno scopo – per esempio la loro importanza per la tutela del clima – un approccio che conduce automaticamente a progetti di non ampio respiro. L'elenco delle questioni controverse è lungo: su quali punti si devono basare gli accordi internazionali? I negoziati sul clima globale rappresentano il percorso ideale da cui dipendono tutte le mosse successive, oppure non porteranno a nulla? L' emission trading favorisce il cambiamento di sistema energetico oppure lo rallenta? Sono necessari approcci globali multilaterali oppure sono più efficaci singole iniziative? Che importanza rivestono le diverse opzioni delle energie rinnovabili? Gli impianti a energie rinnovabili devono concentrarsi nelle zone con un maggiore irradiamento solare o più ventose, quindi privilegiando una struttura centralizzata, oppure si possono situare ovunque? Cosa s'intende con fornitura energetica "a basso costo" e "conveniente"? Nelle questioni dibattute acquisisce un'importanza sempre crescente quella circa la "decentralizzazione" oppure "centralizzazione" delle strutture di approvvigionamento energetico con le fonti rinnovabili. Sono assolutamente necessarie in tal senso centrali elettriche di grandi dimensioni, e in caso affermativo, a che condizioni? È indispensabile un ampliamento della rete su ampia scala con "supergrids" anche per una fornitura di energie rinnovabili prevalentemente decentralizzata, oppure bisogna puntare sulle "smart grids" locali e regionali? Tali questioni controverse generano diversi piani d'azione e obiettivi conflittuali circa l'introduzione delle energie rinnovabili che devono essere affrontati e chiariti. Sia i partiti, sia i governi, come pure numerosi sostenitori delle energie rinnovabili non si esprimono a riguardo e, per evitare il conflitto, dichiarano tutti i programmi egualmente validi e degni di sostegno. Le dispute circa le modalità e gli strumenti da impiegare per l'introduzione delle fonti rinnovabili non sono appannaggio esclusivo delle istituzioni politiche, ma appartengono anche alle organizzazioni ambientaliste e alle organizzazioni per le energie rinnovabili. Esse generano una notevole confusione e creano incertezza nella sfera pubblica e politica circa il giusto iter da seguire al fine di realizzare la svolta energetica. Da tempo si attende pertanto un'analisi disincantata della situazione, che valuti i diversi approcci in base alle loro prospettive di successo e conseguenze pratiche. E in tal senso ci si interroga soprattutto sul perché si tratti ancora con scarso interesse la questione del nostro futuro energetico — un problema serio e improcrastinabile, con notevoli implicazioni etiche — sebbene le motivazioni addotte in tal senso siano superate e sia indispensabile velocizzare con perseveranza la svolta. Esistono strade più o meno lunghe che "conducono a Roma"; sono lastricate di innumerevoli ostacoli e difficoltà e hanno effetti politici, economici, sociali e culturali di varia natura. Perciò è fondamentale identificare chiaramente quei percorsi che consentono di realizzare il cambiamento energetico nel più breve tempo possibile. La decisione se imboccarli o meno non può dipendere unicamente da considerazioni economico-aziendali o politico-energetiche, ma deve avvenire in base a criteri di politica nazionale e globale e secondo principi etici. La panoramica sistematica della situazione attuale che tento in questo libro è intesa come strumento di consultazione per pianificare strategie vincenti. Essa si basa sulle mie esperienze nello sviluppo e affermazione delle più efficaci iniziative politiche nazionali e internazionali a favore delle energie rinnovabili, come pure sulle mie osservazioni circa i successi e i fallimenti dei progetti realizzati in numerosi paesi. Per affermare qualcosa si devono avere ben chiari gli ostacoli da affrontare e come sia possibile superarli. Inoltre bisogna definire quali interessi e scopi si celano dietro le resistenze incontrate e quali forze è possibile impiegare per contrastarli. Ogni singolo attore deve chiedersi quali sono i presupposti su cui si basano le proprie azioni: in troppi perseguono solo ciò che appare realizzabile nel contesto attuale e alla luce dei contingenti rapporti di forza. Se tuttavia dall'analisi di una situazione oggettiva emergono limitate possibilità di azione, che non consentono alcuna risposta adeguata alla sfida reale, bisogna modificare il proprio modo di ragionare, per ampliare così la propria sfera d'azione. Alla luce dei pericoli crescenti, insiti nell'approvvigionamento energetico tradizionale, non si tratta più solo di una politica intesa come "arte del possibile", quanto piuttosto di una politica attuabile come "arte del necessario". Questo è il realismo pragmatico necessario al cambiamento di sistema energetico. Analisi e progetti devono essere studiati a fondo, senza compromessi. I compromessi, che di norma sono inevitabili, rientrano nell'ambito della realizzazione pratica. Per questo motivo illustro quali impasse è necessario superare e il motivo per cui le considerazioni unilaterali non producono alcun progresso. L'apertura mentale rappresenta il presupposto per successi pratici. La chiave politica per la svolta energetica risiede nel modificare l'attuale sfera d'azione dell'economia energetica. Si tratta inevitabilmente di un ambito particolare e limita le ampie opportunità economiche, sociali e culturali di passaggio alle energie rinnovabili. Come progetto economico e sociale di portata globale, il cambiamento energetico non può essere realizzato unicamente con metodi e valutazioni propri dell'economia energetica convenzionale. Le possibilità tecnologiche sempre più ampie e diversificate fanno sì che possa essere attuato in tempi brevissimi, che i pragmatici del presente considerano impossibili. Per un rapido cambiamento di sistema energetico sono necessari numerosi attori autonomi che per realizzare le proprie iniziative non vogliono e non devono aspettare ciò che fanno gli altri. Questa tesi, che ho sostenuto e motivato nel mio libro Autonomia energetica (ndr, pubblicato da Edizioni Ambiente nel 2006), si è dimostrata nel frattempo fondata, a dispetto delle previsioni pessimistiche formulate dagli esperti fedeli a una mentalità tradizionale per cui sussistono limiti oggettivi. Si devono definire nuove politiche perché l'economia energetica tradizionale ha potuto conseguire il proprio ruolo dominante, e può mantenerlo, solo grazie a numerosi appoggi politici. Questo sostegno, di cui quasi non si fa menzione e che viene considerato in modo notevolmente meno critico rispetto alle iniziative politiche a favore delle rinnovabili, ve eliminato.
Il mio punto di partenza non sono le fonti rinnovabili, bensì la società,
riconoscendo il significato fondamentale del cambiamento energetico per la
società medesima. Non sono giunto alla politica sulle fonti rinnovabili partendo
da queste ultime, per arrivarci ho preso spunto dalla
mia visione del problema e dalla mia concezione di responsabilità politica. La
conversione alle rinnovabili è importante per la storia della civiltà. Dobbiamo
pertanto sapere come è possibile accelerare questo processo di transizione. A
scarseggiare non sono le rinnovabili, ma il tempo.
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