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| << | < | > | >> |IndiceIntroduzione, di Andrea Semprini 9 1. Lo sguardo semiotico 9 2. Roland Barthes e la retorica dell'immagine 11 3. Dalla semiologia alla semiotica 15 4. Verso nuove problematiche 20 5. Semiotica, discorsi, società 26 6. 1 criteri e il contenuto della raccolta 30 Parte prima - Il discorso pubblicitario 1. Semiotica plastica e comunicazione -- pubblicitaria, di Jean-Marie Floch 37 1. «News»: semiotica plastica e sistema semi-simbolico sincretico 37 1.l. Analisi del significante dell'annuncio 37 1.2. Analisi del significato 44 1.3. Dimensione plastica e sistema semi-simbolico 48 1.4. Gli altri annunci della campagna News57 2. «Urgo»: il recupero del linguaggio mitografico nella comunicazione pubblicitaria 61 2.1. Organizzazione generale dell'annuncio63 2.2. La relazione semi-simbolica 66 2.3. Spazio «irraggiante» e spazio lineare70 3. L'illusione di un «linguaggio pubblicitario» 75 2. L'analisi narrativa in pubblicità: -- problemi di conversione, di Nicole Everaert-Desmedt 78 l. Dal figurativo al tematico: il figurativo 78 2. Dal figurativo al narrativo 82 3. Dal narrativo al tematico 84 4. Conclusione: dall'enunciazione all'enunciato 86 3. Narrazione e argomentazione: costruzioni -- narrative e strategie discorsive in pubblicità, di Georges Péninou 88 1 .L'argomento d'influenza 89 2. La modificazione 92 3. Alcune procedure di modificazione di stato97 3.1. Il modello della salvezza 98 3.2. Il modello del paradosso e dell'enigma 102 3.2.1. Il modello del paradosso 102 3.2.2. Il modello dell'enigma 103 3.3. Il modello della distinzione 103 4. Il modello della capacità o modello normativo 107 5. Conclusioni 112 4. Creare la complicità: analisi semiotica -- di una campagna pubblicitaria per il whisky Black & White, di Denis Bertrand 113 1. Introduzione 113 1.1. Strategie di senso e principali aspetti della campagna 119 2. Dall'opposizione alla conciliazione 121 2.1. Relazioni e valori elementari 122 2.2. Lettura narrativa degli annunci 125 2.3. Universi culturali 127 2.4. Trattamento plastico e trattamento linguistico 130 3. Come creare la complicità 133 3.1. Diversioni 133 3.2. Figure dell'ironia 134 3.3. Generare il lettore 137 4. Conclusioni 138 Parte seconda - Il discorso dei media 5. Teoria dell'enunciazione e discorsi sociali, -- di Sophie Fisher ed Eliséo Veron 143 1. Teoria dell'enunciazione e relazioni intersoggettive 145 2. Strategie enunciative nella stampa: alla ricerca del legame con il lettore 155 6. Il regime discorsivo degli oggetti, -- di Andrea Semprini 168 1. Introduzione 168 2. Qualche osservazione metodologica 169 3. L'enunciazione enunciata de «La Redoute» e di «3 Suisses» 172 4. Le copertine 173 5. I cataloghi 179 5.1. La Redoute 179 5.2. 3 Suisses 186 6, LR e 3S: due strategie per due lettori impliciti 194 7. Mitografie, di Frédéric Lambert 199 -- 1. Scritture 199 2. Mitografie 200 3. France-Soir 201 4. Semiologia 203 5. I tre sorrisi di Miss Francia 204 5.1. Lavoro, patria, famiglia 206 5.2. Piramidi 210 5.3. Il mito attualizzato 212 8. Per una semiotica del quotidiano (Le Monde, -- Libération), di Eric Landowski 216 9. Strategie del linguaggio radiofonico delle -- radio nazionali e delle radio locali private di Eric Fouquier ed Eliseo Veron 228 1. Presentazione del modello d'analisi 229 2. L'analisi semiologica delle trasmissioni 234 2.1. Esterno/bozzolo 235 2.2. Forum/duo 236 2.3. Complementarietà/simmetria 237 2.4. Socializzazione/evasione 238 2.5. Comprensione/sensazione 239 3. Le letture e le reazioni degli ascoltatori alle figure proposte 240 |
| << | < | > | >> |Pagina 9Introduzionedi Andrea Semprini l. Lo sguardo semiotico Azzardarsi a proporre una definizione precisa, sintetica e non controversa di cosa sia la semiotica sarebbe impresa, a seconda dei punti di vista, del tutto incosciente o estremamente ingenua. Tenteremo perciò di trarci d'impaccio prendendo a prestito, come è d'uso in simili casi, una definizione altrui, e precisamente di Jean-Marie Floch, uno degli autori presentati in questa raccolta: «La semiotica si definisce come un'impresa a vocazione scientifica. Il suo obiettivo è la costruzione di una teoria generale della significazione e dei linguaggi. Ma la si può anche definire, e viverla, come una certa disposizione di spirito, fatta di curiosità per tutto quanto ha o può avere del senso». Questa definizione, tra le tante disponibili, mi sembra particolarmente significativa, perché evidenzia con decisione le due anime della semiotica, due personalità consustanziali al progetto semiotico, ma che spesso hanno avuto, o hanno, qualche problema di convivenza e soprattutto di delimitazione di territori e di zone di influenza. Da un lato infatti la semiotica è, almeno nelle intenzioni, una disciplina scientifica estremamente rigorosa, che ha costruito il suo sapere nel rispetto e nell'osservanza delle tradizionali regole del gioco del discorso scientifico: oggettivazione dei territori di ricerca, verificabilità delle procedure, creazione di un metalinguaggio specifico, inscrizione in una tradizione scientifica riconosciuta, ovvero quella della linguistica e della fonologia. Le è stata anzi spesso rimproverata un'eccessiva tecnicità, il rinchiudersi in un linguaggio astruso e mandarinale e un certo gusto per le più astratte formalizzazioni. Dall'altro lato è indubbio che la semiotica, aldilà dei risultati concreti cui è pervenuta, ha cercato di imporre anche ad altre discipline un modo diverso di considerare i problemi e un approccio dove fosse sempre centrale l'interrogazione sulle modalità di costruzione del senso. Si tratta di quel famoso «sguardo semiotico» che Paolo Fabbri, all'inizio degli anni '70, suggeriva di adottare nelle scienze umane per acquisire nuove prospettive - nuovi punti di vista - nell'analisi dei fatti sociali. Sicuramente il più grande, o almeno il più famoso mentore di questa sensibilità semiotica è stato Roland Barthes, che in opere ormai classiche, come Miti d'oggi, fino ai più recenti L'impero dei segni e La camera chiara, ha mostrato in modo magistrale come lo sguardo semiotico si può posare su oggetti apparentemente tanto diversi quali ad esempio un'automobile, un'intera società, oppure una semplice immagine fotografica. Ora, come si è accennato in precedenza, la consistenza di queste due anime non sempre è stata facile e ha sicuramente nuociuto alla percezione e all'accettazione del progetto semiotico da parte tanto del pubblico degli specialisti di discipline «affini» (linguisti, filosofi, sociologi) che da parte di un pubblico più vasto. Gli addetti ai lavori hanno rimproverato alla semiotica la mancanza di un oggetto d'indagine sui generis e si sono spesso sentiti invasi nelle loro discipline da quello che a suo tempo è stato definito «imperialismo semiotico». Al pubblico più vasto (operatori culturali, professionisti della comunicazione) sono giunte solo alcune versioni semplificate e vaghe del pensiero semiotico, che hanno contribuito a creare l'immagine di una disciplina astrusa, fumosa e dei tutto priva di utilità pratica per chi maneggia degli strumenti culturali a fini eminentemente operativi. Noi siamo convinti che le cose stiano diversamente e che una maggiore - e una migliore - diffusione della semiotica tra un pubblico non direttamente di specialisti non può che giovare ad entrambi. A chi la usa, perché vi potrà scoprire uno strumento preciso e ormai ben strutturato per interrogare il reale, ma anche e soprattutto alla semiotica stessa, che non ha che da guadagnare da un confronto serrato e severo con i problemi posti quotidianamente dall'attività pratica.
Sul ruolo e il significato di una semiotica applicata
ritorneremo nell'ultimo paragrafo di questa introduzione.
Prima però ci sembra necessario ripercorrere brevemente le
tappe più importanti dello sviluppo delle analisi semiotiche
applicate alla comunicazione. Questa rievocazione ci
permetterà tra l'altro di definire quale dovrebbe essere a
nostro avviso il rapporto tra ricerca fondamentale e
applicata e quale l'importanza di uno sguardo semiotico
sulle questioni inerenti la comunicazione e la cultura di
massa in una società complessa e in transizione
post-industriale.
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