Copertina
Autore Roberta Iannone
Titolo Società dis-connesse
SottotitoloLa sfida del Digital Divide
EdizioneArmando, Roma, 2007, Intersezioni , pag. 128, cop.fle., dim. 13,5x21,5x0,9 cm , Isbn 978-88-6081-247-6
LettoreGiorgia Pezzali, 2008
Classe sociologia , informatica: sociologia
PrimaPagina


al sito dell'editore


per l'acquisto su IBS.IT

per l'acquisto su BOL.IT

per l'acquisto su AMAZON.IT

 

| << |  <  |  >  | >> |

Indice


Introduzione                                                9

Capitolo primo: Il Digital Divide                           15

1. Lo scenario                                              15
2. L'era dell'accesso                                       20
3. L'infrastruttura del futuro: il capitale umano           27

Capitolo secondo: La prospettiva storico-empirica           33

1. Le esperienze di ricerca                                 33

Capitolo terzo: Digital Divide e coesione sociale           49

1. Uno sguardo dal ponte                                    49
2. La società degli esclusi                                 57
3. Nuove tecnologie e relazioni sociali                     83
4. Spunti e prospettive di ricerca empirica                102
5. Conclusioni                                             106

Riferimenti bibliografici essenziali                       115


 

 

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 9

Introduzione


"Una ricerca che proceda indisturbata come un monologo non è del tutto esente da pericoli. Si cede troppo facilmente alla tentazione di scartare, accantonandoli, pensieri che intendono interromperla e si genera in cambio un senso di insicurezza che alla fine si vuol superare con una risolutezza eccessiva". Sicuramente Freud non aveva in mente il divario digitale (d'ora in poi d.d.) prodotto dalle nuove tecnologie quando scrisse queste parole, ma altrettanto certamente conosceva "l'avvenire di un'illusione", il destino di certe rappresentazioni e dell'esperienza cui si riferiscono: quello di essere portatrici di un senso univoco, positivo o negativo, panacea di ogni male o campo di battaglia, senza contraddizioni né incoerenze. Spesso, però, sono proprio i chiaroscuri a fare i messaggi e a consentire all'esperienza di giocare il suo imprevedibile ruolo.

Così, se da un lato, come un monologo, il nutrito corpo di voci sul d.d. spesso riproduce il rito delle litanie vecchie e nuove, apocalittiche e integrate, nutrendo il mondo delle ideologie più che della conoscenza; dall'altro, sono soprattutto casi del genere a ricordare che, come nota Gunkel, "non c'è bisogno né di un'adesione critica né di una semplice reazione contraria al d.d., ma di una critica che vagli i problemi presenti in entrambi questi approcci".

Che cos'è, quindi, il d.d. e, soprattutto, che "cosa significa" o "può significare"? Quali sono i presupposti a monte e le implicazioni a valle che delimitano questo fenomeno e per quale motivo esso finisce per occupare una parte così considerevole, e sempre in aumento, della riflessione teorica e della speculazione analitica di tutto il mondo? In altre parole, che cosa c'è prima e cosa oltre il d.d.?

L'impressione che anima le presenti riflessioni è che il d.d. costituisca un valido strumento conoscitivo per la spiegazione di dinamiche sociali più generali. Riflettere sul d.d. significa capire le società tardomoderne sia pure, spesso, in filigrana e solo in alcuni casi in maniera diretta ed esplicita. La convinzione è che in questo gioco tra inclusione ed esclusione, digitale e sociale, che fa capo ad ogni attore, può annidarsi la contraddizione delle società occidentali, contemporaneamente cucite dalle reti e slegate dall'individualismo (spesso peraltro al limite dell'interdipendenza da una parte, e dell'atomizzazione e dello sfilacciamento più estremo, dall'altra).

Ce rapporto c'è, dunque, tra inaccessibilità digitale ed emarginazione sociale? Come possono le nuove tecnologie essere al tempo stesso responsabili del massimo di interdipendenza e di disaggregazione che sia mai stato possibile? L'integrazione digitale è sempre e comunque sinonimo di integrazione sociale? Rifiutati gli schieramenti e le dichiarazioni di principio c'è posto per una riflessione che intenda indagare congiuntamente le dinamiche di esclusione digitale e sociale? E soprattutto, senza che si assegni arbitrariamente giudizi di valore negativi all'esclusione e positivi all'inclusione? Si può essere "fuori" per scelta o sono solo facili slogan con cui rivestire di ideologia una realtà ben più cruda e violenta?

D'altra parte, tra tutti i distinguo e le specificazioni "sociali", quelle relazionali sembrano essere le più convincenti purché criticamente e non ideologicamente vagliate. Infatti, uno dei rischi che si corre quando si considera la dimensione relazionale connessa alla divisione digitale, siano queste categorie in rapporto vicendevole di "causa" e/o di "effetto", è quello della semplificazione che si affida ad argomentazioni assertive e "ad effetto" almeno quanto riduttive e semplicistiche. Nel romanzo Estensione del dominio della lotta di Michel Houellebecq, l'autore del più noto scritto Le particelle elementari, questa tendenza viene esemplificata con il riferimento ad una tipologia specifica di "attori sociali contemporanei", i cosiddetti filosofi dell'informatica. Scrive l'autore a questo proposito:

La specie dei filosofi dell'informatica [...] è meno rara di quanto si posa credere. In ogni azienda di media dimensione se ne può trovare uno, talvolta persino due. Tra l'altro sono in molti ad ammettere, sia pure vagamente che qualsiasi relazione, in particolare qualsiasi relazione umana, si riduce a uno scambio di informazioni (purché, beninteso, si includano nel concetto di informazione i messaggi a carattere non neutro, vale a dire quelli gratificanti o penalizzanti). In queste condizioni, un filosofo dell'informazione farà in fretta a trasformarsi in filosofo dell'evoluzione sociale. Il suo discorso sarà spesso brillante, e perciò stesso convincente; vi potrà essere integrata persino la dimensione affettiva.

Le argomentazioni seguono due linee di fondo: nella prima parte (capp. I e II) si cerca di rispondere alla domanda "che cos'è" il d.d., e cioè: all'interno di quale scenario si pone (vecchio o nuovo?), quale era presagisce (dell'accesso?) e su quali presupposti strutturali poggia (capitale umano?), tenendo in considerazione anche le interpretazioni che affiorano dalle esperienze mondiali di ricerca.

Nella seconda parte (cap. III) si va oltre "il fatto", ma pur sempre a partire dal "dato", per interrogarsi sul "significato" del d.d., soprattutto per quanto concerne la dimensione sociale ad esso sottesa e le implicazioni relazionali che ne derivano.

Emerge un'immagine complessiva che, senza stravolgere il problema – ma riconoscendolo nelle caratteristiche distintive che possiede – ne ridimensiona l'entità per alcuni aspetti e ne reinterpreta la portata per altri. Il d.d. appare, allora, come un "problema" ma, al tempo stesso, come un "falso problema" rispetto alla lente consueta con cui si sceglie di indagarlo, mentre diventa un "problema urgentissimo" rispetto ad elementi e dinamiche che potrebbero trovare maggiori riscontri nella letteratura di riferimento. L'ambito conoscitivo che si intende avvalorare non è quello generalmente indagato - vale a dire l'estensione tendenzialmente mondiale della dimensione materiale e tecnologica dell' accesso ai media – ma riguarda anche le implicazioni sociali e relazionali connesse alla dimensione dell' uso. Il presente contributo è dedicato dunque alla dimensione relazionale e alla "problematica sul tappeto" che ne consegue, spesso lasciata irrisolta, nella speranza che possa trovare addentellati di ricerca empirica che ne sciolgano i nodi, come le suggestioni a chiusura del lavoro vorrebbero incoraggiare.

| << |  <  |