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| << | < | > | >> |IndiceXI Introduzione di Tommaso Munari XXIX Avvertenza xxxi Elenco delle abbreviazioni I verbali del mercoledí 1953-1963 3 119. Riunioni del 7 e 21 gennaio 1953, Torino 10 120. Riunione del 28 gennaio 1953, Torino 14 121. Riunione dell'11 febbraio 1953, Torino 18 122. Riunione del 18 febbraio 1953, Torino 23 123. Riunione del 25 febbraio 1953, Torino 27 124. Riunioni del 22 aprile, 29 aprile e 5 maggio 1953, Torino 35 125. Appunti sugli argomenti di maggior rilievo trattati nelle ultime riunioni di marzo e aprile 1953, Torino 46 126. Riunioni dal 13 maggio alla fine di giugno 1953, Torino 55 127. Riunioni tenute nel mese di luglio 1953, Torino 64 128. Riunione del 10 febbraio 1954, Torino 69 129. Riunione del 17 febbraio 1954, Torino 72 130. Riunione del 24 febbraio 1954, Torino 78 131. Riunione del 3 marzo 1954, Torino 82 132. Riunione del Io marzo 1954, Torino 85 133. Riunione del 17 marzo 1954, Torino 87 134. Riunione del 31 marzo 1954, Torino 90 135. Riunione del 6 aprile 1954, Torino 94 136. Riunione del 14 aprile 1954, Torino 97 137. Riunione del 21 aprile 1954, Torino 99 138. Riunione del 28 aprile 1954, Torino 102 139. Riunione del 5 maggio 1954, Torino 104 140. Riunioni del 12, 19 e 26 maggio 1954, Torino [...] 712 283. Riunione del 6 marzo 1963, Torino 714 284. Riunione del 13 marzo 1963, Torino 717 285. Riunione del 20 marzo 1963, Torino 720 286. Riunione del 27 marzo 1963, Torino 723 287. Riunione del 3 aprile 1963, Torino 725 288. Riunione del 24 aprile 1963, Torino 733 289. Riunione dell'8 maggio 1963, Torino 735 290. Riunione del 22 maggio 1963, Torino 747 291. Riunione del 29 maggio 1963, Torino 756 292. Riunione del 5 giugno 1963, Torino 766 293. Riunione del 12 giugno 1963, Torino 782 294. Riunione del 19 giugno 1963, Torino 789 295. Riunione del 10 luglio 1963, Torino 792 296. Riunione del 4 settembre 1963, Torino 793 297. Riunione dell'11 settembre 1963, Torino 795 298. Riunione del 18 settembre 1963, Torino 797 299. Riunione del 23 ottobre 1963, Torino 799 300. Riunione del 30 ottobre 1963, Torino 801 301. Riunione del 6 novembre 1963, Torino 804 302. Riunione del 13 novembre 1963, Torino, dedicata all discussione del libro di Goffredo Fofi, I meridionali a Torino 820 303. Riunione del 20 novembre 1963, Torino 821 304. Riunione del 27 novembre 1963, Torino 827 304bis. Riunione del 27 novembre 1963, Torino. Stralcio del verbale relativo alla parte della seduta dedicata alla discussione del libro di Fofi, I meridionali a Torino 835 305. Riunione del 4 dicembre 1963, Torino 842 306. Riunione del 18 dicembre 1963, Torino Indici 847 Indice dei partecipanti 853 Indice delle collane e delle riviste Einaudi 859 Indice dei nomi |
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di Tommaso Munari
Il decennio che abbraccia questo secondo volume dei Verbali del mercoledí segna la definitiva trasformazione dell'Einaudi da azienda a carattere artigianale e "familiare" in un'impresa economico-finanziaria strutturata e complessa. Presentando ai lettori il Catalogo generale delle edizioni Einaudi nel dicembre del 1955, Giulio Einaudi riannodava i fili di una storia ormai ventennale che aveva visto una piccola «Casa legata da affetti» diventare «un'impresa d'interesse nazionale al servizio della cultura italiana». Una formula altisonante per descrivere quello che era stato prima di tutto un cambiamento di natura giuridica e finanziaria: il 29 ottobre 1954 la ditta individuale Giulio Einaudi editore si trasformava in una società per azioni e lanciava una campagna di sottoscrizione azionaria aperta ad autori, collaboratori e lettori. Un'operazione finanziaria unica nel suo genere che garantiva al tempo stesso l'immissione di nuovi capitali e il mantenimento dell'autonomia editoriale. Di questo progressivo adeguamento della struttura e della politica dell'Einaudi alle nuove istanze dell'industria culturale, i verbali del mercoledí non offrono in apparenza che un'immagine parziale o indiretta. Ma a ben guardare, nell'avvicendarsi di redattori e consulenti, nel prevalere di alcune voci o proposte, nei cambiamenti dei rapporti di forza, nei dibattiti e perfino nei silenzi che i verbali registrano, si possono cogliere non solo i riflessi dei mutamenti passati o in atto, ma anche gli indizi di percorsi e direzioni future. L'organigramma del consiglio editoriale messo a punto nell'ottobre del 1954 può essere considerato uno dei primi documenti della riorganizzazione interna della Giulio Einaudi editore s.p.a. e un'utile guida alla lettura dei verbali. La struttura del grafico rivela innanzi tutto una peculiarità del metodo Einaudi che è opportuno tenere a mente sfogliando le pagine di questo libro: il pensare per collane. Ciascuna collezione ha un responsabile interno, con funzioni di coordinamento della programmazione e del lavoro redazionale, e un comitato di consulenza, con funzioni di elaborazione e valutazione delle proposte. Di regola le collane dello Struzzo non hanno un direttore; da qui le proverbiali eccezioni: «I gettoni» diretti da Elio Vittorini, che con Einaudi aveva stretto un rapporto speciale sin dai tempi de «Il Politecnico»; la «Collezione di teatro» di Paolo Grassi e Gerardo Guerrieri, intermediari tra la casa editrice e i teatri stabili con cui la collana era programmaticamente sincronizzata; le «Opere» di Guido Dorso e di Francesco De Sanctis a cura di Carlo Muscetta, interprete di una lettura meridionalista della cultura italiana di cui l'Einaudi si era fatta portavoce; e gli «Scrittori di storia» diretti da Federico Chabod, custode prescelto di un antico progetto di Leone Ginzburg. Presiedeva invece ai «Saggi» un comitato direttivo composto da Giulio Einaudi, Norberto Bobbio, Giulio Bollati, Italo Calvino, Delio Cantimori, Bruno Fonzi, Franco Fortini, Carlo Muscetta, Paolo Serini, Renato Solmi e Franco Venturi, coadiuvato da nove sottocomitati consultivi suddivisi in altrettante sezioni: Storia, Politica ed Economia, Filosofia, Critica, Letteratura, Arte, Cinema e Teatro, Musica e Scienze. Le altre collane, come si è detto, erano coordinate per lo piú da redattori o consulenti interni: Bobbio, Giolitti e Mila, appartenenti alla prima generazione di einaudiani; Boringhieri, Fonzi, Solmi e Serini appartenenti alla seconda. Ma tra i responsabili di collana figurano anche i nomi di tre nuovi acquisti, presenti in Consiglio dal 1954: Daniele Ponchiroli, compagno di studi di Bollati alla Normale di Pisa, incaricato nel 1952 di coordinare con Muscetta il Parnaso italiano e in breve divenuto caporedattore, responsabile de «I millenni» e dell'«Universale»; Carlo Fruttero, già traduttore de Il socialismo e la crisi internazionale di Aneurin Bevan e de Il giorno della locusta di Nathanael West, assunto come redattore nel 1953, responsabile de «I gettoni», della «Collezione di teatro» e della «Nuova Atlantide»; e Renzo Federici, anch'egli normalista, redattore e iconografo dell'Einaudi dal 1953 al 1957, responsabile dalla «Biblioteca d'arte» e della «Collana storica di architettura». Inoltre, disseminati nei vari comitati e sottocomitati, accanto agli antichi pilastri Massimo Aloisi, Franco Antonicelli, Felice Balbo, Giorgio Colli, Gianfranco Contini, Ernesto de Martino, Piero Sraffa e Bruno Zevi, compaiono i nomi di altri nuovi collaboratori, alcuni dei quali sarebbero diventati degli «interni» a tutti gli effetti: Giulio Carlo Argan, Guido Aristarco, Cesare Cases, Eugenio Garin, Franco Lucentini, Luciano Lucignani, Ippolito Pizzetti e Vittorio Strada. [...] Come si è detto, negli anni 1956-1957 le riunioni del mercoledí non vengono verbalizzate. Mai come in questo caso si può dire che l'assenza di fonti sia essa stessa una fonte. Nel febbraio del 1956 si era svolto a Mosca il XX Congresso del Pcus; nel giugno la stampa internazionale aveva reso noto il «rapporto segreto» di Chruščëv e l'esercito polacco aveva represso l'insurrezione operaia di Poznan; nell'ottobre era esplosa la rivolta antisovietica di Budapest soffocata nel sangue dall'Armata Rossa; nel dicembre si era aperto l'VIII Congresso del Partito comunista italiano... L'anno orribile del comunismo internazionale mise a soqquadro l'Einaudi e si ripercosse sull'attività editoriale con un iniziale effetto paralizzante. Il 13 novembre 1956 Luciano Foà scriveva a Renato Solmi, da poco trasferitosi a Francoforte: «come potrai immaginare, sono circa venti giorni che in ufficio si fa ben poco. Per giunta io sono stato una settimana a Roma per le obbligazioni (dove ho visto parecchia gente, molto agitata, specialmente agitati quelli della sede romana) e quindi non ho molte cose da dirti in tema di lavoro». Dieci giorni piú tardi la paralisi si era già trasformata in un senso di amarezza e disillusione: «Sono troppo giú - confessava Ponchiroli a Solmi il 23 novembre - per scriverti "altro", del resto ora, coi giornali che ti arrivano, hai piú e miglior modo di tenerti al corrente su ciò che avviene in questo infelice (per non dir altro) paese. Qui da noi - come ti dicevo - è forse il momento di fare delle proposte "eretiche": aspetto che tu ne faccia qualcuna, perché ho bisogno di fare il paladino di qualcosa». Ma in poco piú di un mese, come Solmi giustamente intuiva, i tempi erano già maturi per una reazione editoriale: «Ho visto che negli ultimi giorni la situazione politica si è inasprita all'estremo - scriveva a Ponchiroli l'8 gennaio 1957 -. Immagino che voi siate in agitazione, e magari alla vigilia di importanti decisioni o prese di posizione. Vi sarò grato se mi farete sapere qualcosa». Pochi giorni piú tardi l'Einaudi licenziava la stampa del primo titolo dei «Libri bianchi», collana di attualità che avrebbe offerto una sede al dibattito ideologico di quegli anni: Qui Budapest di Luigi Fossati. [...] Delio Cantimori prosegue quasi senza interruzioni fino al 1955 la sua partecipazione a distanza ai mercoledí nella forma delle «osservazioni al verbale», spesso scritte in terza persona, dove entusiami irrefrenabili (per le Fiabe italiane di Calvino, per i saggi di Roberto S. Lopez) si alternano a istintive idiosincrasie, in un profluvio di interiezioni, neologismi e ogni genere di guizzo verbale (pfua! evviva! mah! Hip, hip, hurrah! arcidaccordo!). Quando nel 1958, dopo oltre due anni di silenzio, si riattiva la pratica della verbalizzazione, i verbali non vengono piú trasmessi ai consulenti esterni e s'interrompe cosí la curiosa deroga concessa a Cantimori. È presente ancora alla riunione del 24 aprile 1963, in cui si discute il progetto di una collana di scienze religiose elaborato da Ernesto de Martino, e il 27 novembre è chiamato a infliggere a distanza, con un parere-fiume, il colpo di grazia al libro di Goffredo Fofi sull'immigrazione meridionale a Torino. Si è già detto del venir meno in Consiglio delle voci di Balbo e Natalia Ginzburg. Dopo la seduta romana del 21 novembre 1955, Giolitti, sempre piú assorbito dagli impegni politici, parteciperà alla sola riunione del 13 gennaio 1965; Muscetta, a nessuna. Nel 1957 si chiude anche la collaborazione con Boringhieri, che rileva le Edizioni Scientifiche Einaudi, e nel 1961 quella con Luciano Foà che, facendo tesoro delle molte proposte avanzate da Bobi Bazlen e Giorgio Colli negli anni cinquanta, fonderà nel 1962 le edizioni Adelphi. I loro nomi ricorreranno ancora nei verbali einaudiani, ma come concorrenti. Con Foà se ne va non solo un grande professionista dell'editoria (come del resto Boringhieri), forse sottostimato all'Einaudi, ma anche il primo vero verbalizzatore dei mercoledí. Daniele Ponchiroli, del resto, aveva raccolto il testimone già nel novembre del 1959 introducendo in questi documenti un'importante novità: il discorso diretto. A un tale cambiamento di forma corrisponde, va da sé, un cambiamento di contenuto. La registrazione «acustica» di Ponchiroli non tralascia nulla, non corregge, non censura. Per certi versi è impietosa: anacoluti, dislocazioni a sinistra, frasi scisse e pseudoscisse, un tripudio di "c'è" presentativi e di "che" polivalenti. Per altri versi è geniale. Perché, semplicemente, restituisce le voci, l'eloquio, le esitazioni, le tensioni, i contrasti; trasforma il verbale in una sceneggiatura. [...] Che il caso Fofi fosse stato il pretesto per una resa dei conti interna lo riconoscerà lo stesso Einaudi molti anni piú tardi: «In realtà è stato uno scontro tra due modi di fare cultura, cui ha fatto seguito la disfatta, all'interno della casa editrice, di quella che potremmo definire la sinistra». Renato Solmi, che nonostante il lungo periodo di assenza dall'Einaudi nel 1957-1958 ne costituiva un fulcro, incarna un modello di editoria militante che emerge distintamente dalle sue proposte. Il problema della guerra e della pace, della diplomazia internazionale, del disarmo nucleare, non rappresenta un argomento come un altro destinato a nutrire le collane di attualità, ma una chiave di lettura del presente. A conferma di ciò si vedano, per esempio, le sue osservazioni sul memoriale autobiografico del comandante nazista Rudolf Höss (17 febbraio 1960) o quelle sul libro di Günther Anders su Hiroshima e Nagasaki (6 aprile 1960), o ancora il lungo dibattito sul discorso di Kennedy all'American University, che lo vede in una posizione di assoluta minoranza (12 giugno 1963). Il suo contraltare all'Einaudi è Giulio Bollati, portavoce di un'idea di editoria di piú ampio respiro destinata a prevalere. Per Bollati l'attività di una casa editrice si misura sul lungo periodo e le collane contano almeno quanto i libri. Al di là della sua breve vita, il progetto alla base di «Studi e ricerche» da lui elaborato ne è l'esempio piú lampante: «Bollati lamenta la mancanza, da parte nostra, di un'azione deliberata e persistente volta a legare alla Casa i giovani studiosi piú promettenti nei vari campi delle discipline umanistiche. Quell'azione che, grazie alla collana "Gettoni", viene svolta con successo tra i giovani letterati, non ha la sua contropartita nel campo degli studi, dove la nostra Casa si limita a pubblicare dei prodotti già scientificamente collaudati [...]. A tale scopo si potrebbe destinare una nuova collana "Studi" che rappresenterebbe una specie di vivaio di futuri autori per "Saggi" e per le altre nostre collane. I contatti con questi giovani studiosi ci consentirebbero inoltre di esplicare una maggiore attività d'iniziativa, nel senso di cercare d'indirizzare i loro studi verso argomenti che ci sembrino rivestire maggiore interesse per la cultura italiana di oggi». Si leggano i verbali sul caso Fofi prestando attenzione alla contrapposizione fra Solmi e Bollati: si noterà come lo scettro di secretarius ideologicus di Einaudi detenuto dal primo all'inizio di questo decennio, sia ora saldamente impugnato dal secondo. | << | < | > | >> |Pagina 601[Presenti: BOBBIO, BOLLATI, CALVINO, CODIGNOLA, FORTINI, MILA, PANZIERI, PONCHIROLI, ROSCIONI, SERINI, SOLMI, VENTURI]
SERINI Ha letto il libro di Aloisio Rendi e non gli è piaciuto. Ritiene
tuttavia che una nuova lettura possa giovare a mettere a fuoco
la cosa. Il libro passa a CALVINO.
CALVINO Bisogna ancora definire la questione Artaud: il consiglio incarica FORTINI di mettersi direttamente d'accordo con Rugafiori e di decidere con lui, e con la supervisione di Sergio Solmi, l'indice del libro.
Purdy,
Children Is All.
Si tratta di due commedie assai ben scritte che rappresentano però un fatto
letterario e che male si potrebbero inserire nella nuova collezione di teatro.
VENTURI Consiglia di vedere e di utilizzare l'avvocato Cazzola come traduttore dal russo, se non dell'Alpatov anche di altri. Il dottor Galasso, redattore della «Rivista storica italiana», ha chiesto di proporre una raccolta di suoi lavori sui punti essenziali della storia del Mezzogiorno. Il professor VENTURI fa notare che quelli che già conosce sono piuttosto interessanti come quello su Carlo V e il Sud, l'altro sulla Preparazione ideologica alla rivolta di Masaniello ecc. Sarebbe un libro per «Studi e ricerche». Il consiglio fa notare che gli si potrebbe fare la proposta di ritoccarlo e uniformarlo in modo che ne potesse risultare un saggio per la «Storica». Lo stesso Galasso propone, per il piano BOLLATI, la Storia dei popoli della [Lucania e della] Basilicata del Racioppi. Il dottor Galasso è poi un giovane particolarmente capace di opere di sintesi e potrebbe essere utilizzato per la «Pbe», per cui potrebbe stendere una storia del Meridione nel Medioevo dall'epoca bizantina a quella spagnola oppure una storia di Amalfi o ancora una storia di Napoli. Potrebbe anche fare una storia dei Normanni per la «Storica», mentre, d'altro canto, potrebbe curare dei volumi per l'«Universale», come, per esempio, il Guicciardini.
La prefazione di Mario Bonfantini ai racconti e dialoghi del
Diderot è scialba e inesatta; d'altronde la sua scelta degli scritti del Diderot
è talmente particolare che non si può pubblicare
con la prefazione di un altro. Il consiglio decide che si chieda
a Bonfantini di fare una breve prefazione bio-bibliografica.
FORTINI C'è la faccenda degli scritti di Queneau: I) Les oeuvres complètes de Sally Mara. Sono libri pubblicati da Queneau sotto pseudonimo ed ora sotto il nome del vero autore, e si dividono in due parti; la prima è il classico diario di una verginella, la seconda è piú o meno la stessa cosa sullo sfondo di una immaginaria rivoluzione irlandese. La pornografia esplicita di questi libri può essere considerata un prolungamento della pornografia implicita nelle altre opere di Queneau, in cui l'autore arrivava sempre fino a un certo punto per poi voltare tutto in riso. D'altro canto si tratta di uno scrittore divertentissimo. Il professor MILA è contrario: si tratta di un libro indubbiamente sporco, ma senz'altro fine e gustoso.
Gueule de Pierre
e
Odile
sono due fra i piú antichi e i piú bei libri di Queneau. FORTINI propone di
unirli in un unico «Supercorallo» che comprendesse anche
Il pantano.
CALVINO non è però d'accordo.
Bâtons, chiffres et lettres
Petite cosmogonie portative
L'evoluzione di Montalenti, pubblicato dalla Eri è un libro piuttosto interessante che sarebbe bello poter rilevare per le nostre edizioni. Il titolo dello Steinberg doveva essere Cinque secoli di stampa. Il consiglio è d'accordo. C'è poi la questione che riguarda l'enciclopedia Doubleday. Il numero dei libri che possa interessare sarà certamente minore ma non mai maggiore di quanti sono stati pubblicati. Questi libri hanno continuato a rappresentare un peso da quando la collezione si è deteriorata. Le bozze degli ultimi tre libri sono: Fisica delle nuvole (no) Le origini del radar (no) La vita nell'universo che invece ci interessa.
I volumetti di zoologia e botanica che ci sono stati proposti dalla
casa editrice svizzera e francese Delachaux et Niestlé sono di qualità
eccezionale. Dovrebbe però essere rilevata tutta la collezione.
C'è ancora il problema Charles: PONCHIROLI rinuncerebbe per
difficoltà tipografiche. Il consiglio decide di rivedere la cosa
tecnicamente e di decidere definitivamente.
MILA Il dottor Enrico Fubini, assistente di estetica, tradurrebbe e
curerebbe un classico del '700: Charles Burney,
Viaggio musicale in Italia, Francia e Germania.
Si tratterebbe di un saggio di circa 500 pagine bene illustrato e piuttosto
interessante. Il consiglio dà parere favorevole.
ROSCIONI Un suo amico inglese, che sta pubblicando una grossa monografia,
ricca di inediti, su Burney afferma che Burney di musica
non capisce niente. Il consiglio ringrazia ROSCIONI per l'intervento.
SOLMI Antonio Giolitti propone di tradurre Paul Mantoux, La révolution industrielle au XVIII siècle. Essai sur les commencements de la grande industrie moderne en Angleterre. Il professor VENTURI fa notare che si tratta di un libro piuttosto vecchio per cui sarebbe necessaria una prefazione critica. Il prefatore proposto da Giolitti, Sylos Labini, andrebbe benissimo se fosse dell'intenzione di fare una prefazione in questo senso. PANZIERI fa notare come sia pericoloso che un libro di questo genere venga presentato da un economista che tenderebbe a vedere l'opera in modo parziale: pensa invece che potrebbe essere curato da un marxista rigoroso e serio come Dobb. Il consiglio decide di rispondere a Giolitti facendogli notare che desidera la prefazione critica e di mettersi in contatto appena possibile col prefatore. Il professor VENTURI fa notare che bisognerebbe anche tradurre altri classici dell'economia come il Maitland. Spisani ha tradotto la Logica di Condillac ma poiché non si tratta dell'opera principale e piú interessante dell'autore il consiglio è di parere contrario. I Pensieri sulla cometa di Beyle, corretti da Cantelli, potrebbero essere pubblicati in due volumi separati, con titoli diversi, e il primo dovrebbe uscire entro il '63. PONCHIROLI fa notare che le note del primo volume contengono dei rinvii interni al 2° volume. Ma il professor SERINI fa notare che il curatore potrebbe spostare i rinvii all'edizione originale.
L'antologia del filosofi oxoniensi, di cui si era parlato alcune
sedute fa, seppure non entusiasmi particolarmente, pur tuttavia, da come è
fatta, sembra piuttosto interessante. Il professor
BOBBIO fa notare che anziché l'antologia sarebbe meglio pubblicare un'opera
completa del Moore:
Principia Ethica.
Il consiglio dà parere favorevole a questa ultima proposta.
FORTINI Le poesie di Ripellino, viste con attenzione, sono decisamente brutte. Il giudizio (allegato) di Cases sulla tesi di Magris sul Mito absburgico è decisamente positivo. Il consiglio decide di pubblicarlo nei «Saggi». Il libro di Geissler intitolato Inchiesta è piuttosto interessante. Si tratta di un romanzo che però sta un po' tra il romanzo e l'inchiesta sociologica. Il consiglio decide che si chieda un giudizio a Cases e che eventualmente si allarghino gli interessi dei «Libri bianchi» a cose di questo genere. Le dispense del libro su Napoli che Francesco Compagna ci ha inviato lasciano un po' indifferenti: non si tratta né di un «Saggio» né di un «Libro bianco». Il giudizio di PANZIERI è ancora piú severo. Il consiglio decide di ristudiare la cosa. La Pischel ha accettato di rivedere il suo saggio sulla Cina e di mandarcelo accresciuto e aggiornato entro la fine del mese. Una raccolta di documenti russi e cinesi sulla disputa sarà corretta dalla Pischel per la parte cinese e da Calzini per quella russa entro l'autunno. | << | < | > | >> |Pagina 804Presenti: EINAUDI, SERINI, CALVINO, VIVANTI, VENTURI, CASTELNUOVO, BOLLATI, STRADA, FONZI, CAPRIOGLIO, MIGLIARDI, PANZIERI, SOLMI, PONCHIROLI, DAVICO, MILA, BOBBIO [BARANELLI].
Presiede BOBBIO.
BOBBIO: Propone che tutti esprimano il loro parere sul libro che è stato
letto da tutti i presenti salvo MILA e PONCHIROLI. La proposta è accettata.
SOLMI: Solleva una questione pregiudiziale. Nella lettera con cui EINAUDI
ha indetto questa riunione, si parla di un dissenso tra direzione e Consiglio.
A parere di SOLMI non esisteva dissenso.
EINAUDI: Non si può dire che in sede di Consiglio vi fosse un consenso
unanime: per questo ha usato l'espressione «parrebbe sussistere un certo
dissenso».
SOLMI: Solleva un'altra pregiudiziale. Nella lettera di E. si dice che,
sentito il Consiglio, spetta alla direzione la decisione finale
«nell'ambito della sua, limitata, ma esclusiva, competenza e
responsabilità, cioè l'ambito economico e legale». Non posso
accettare questa impostazione, che potrebbe svuotare il Consiglio di ogni
contenuto.
EINAUDI: Rivendico l'una e l'altra competenza: sia quella relativa a
eventuali rischi giuridici, sia quella attinente alla valutazione del costo e
dei risultati economici di una proposta, nel quadro d'una
visione d'insieme dei problemi dell'azienda. Entro questi limiti, spetta alla
direzione l'ultima parola.
SOLMI: Cosí precisata, posso accettare la posizione di EINAUDI, che
respingerei se fosse interpretata in senso piú largo, per la ragione
detta sopra. Ma anche aderendo all'interpretazione data da E.,
ai rapporti tra direzione e Consiglio, la sua presa di posizione
circa il libro di Fofi resta inaccettabile. Non ci si può limitare,
da un lato, a discutere pregi e difetti dell'opera, né sono sufficienti, d'altro
lato, i criteri discrezionali fatti propri dalla direzione per escluderne la
pubblicazione. Occorre parlare esplicitamente delle ragioni di ordine politico
ed economico generale che hanno messo in forse la pubblicazione stessa.
EINAUDI: Se temete che la mia presenza possa costituire un freno o un
ostacolo alla discussione, sono disposto ad abbandonare la riunione.
SOLMI: Non dico questo. Dico al contrario che le ragioni politiche ed
economiche cui alludo, vanno proprio discusse in tua presenza.
Insisto che la dissociazione tra Consiglio e gestione o direzione è molto grave.
Ne siamo tutti responsabili. Ma bisogna farvi molta attenzione: la forza della
Casa sta proprio nel valore della collegialità del lavoro.
BOBBIO: Forse una delle ragioni della minor efficacia del Consiglio sta
nel fatto che i partecipanti alle riunioni sono molto aumentati di numero.
CALVINO: Trovo inesatta l'interpretazione che SOLMI dà delle funzioni del
Consiglio. Il Consiglio non è rappresentativo o elettivo. L'incarico viene
attribuito ai suoi componenti dalla direzione ed è un incarico consultivo. Non
vedo quale responsabilità direttiva gli si potrebbe attribuire.
BOBBIO: Effettivamente il Consiglio ha funzione consultiva e la direzione
potere esecutivo. Si potrebbe forse istituzionalizzare piú
precisamente il rapporto tra i due organismi, benché ne veda
la difficoltà.
MILA: Non c'è un rapporto vincolante tra Consiglio e direzione. Il
Consiglio resiste perché il buon gusto e la civiltà dei rapporti tra
consulenti e direzione hanno fatto sí che i pareri del Consiglio
abbiano sempre trovato attuazione da parte della loro direzione.
BOBBIO: Se la pregiudiziale SOLMI è superata, apro la discussione sul libro
di Fofi.
MILA: Forse sarebbe bene precisare la cronistoria del manoscritto.
PANZIERI: Il libro venne commissionato per la collezione «Nuova Società»
con contratto. Una volta consegnato il manoscritto, questo
venne presentato favorevolmente al Consiglio. Cessata la collezione «Nuova
Società», il libro venne assegnato ai «Libri bianchi». Poi SOLMI ne propose il
passaggio nei «Saggi», collana per la quale il libro fu poi composto.
BOLLATI: Continua in sintesi la storia del volume. Letto il libro in bozze,
SOLMI informò EINAUDI che esso conteneva passaggi che potevano offendere persone
vicine alla Casa editrice. A questo punto E. chiese all'autore di eliminare o
attenuare quei passaggi. Intanto si sviluppava una discussione all'interno della
Casa editrice. Mentre SOLMI sosteneva che il libro andasse attenuato, ma
egualmente pubblicato, la direzione, avendone approfondito la
lettura, giudicò il libro di livello non adeguato alla pubblicazione; e
nonostante le correzioni apportate da Fofi al suo testo, gli
comunicò con un'altra lettera questo suo parere.
BOBBIO: Apro perciò la discussione, e prendo, se volete, la parola. Il
tema studiato da Fofi è importantissimo: benvenute le indagini su questo tema.
Bisogna distinguere nell'opera due parti:
quella documentaria, che è ben raccolta, sistematica; e quella
interpretativa. C'è qualcosa di molto irritante nel libro, ed è
l'angolo interpretativo. Tre cose fanno andare in bestia Fofi:
«La Stampa», la Fiat, i Piemontesi. C'è un atteggiamento di
aggressività preconcetta che compromette l'efficacia dell'indagine, anche se il
libro è serio, fatto da una persona per bene,
ricco di dati. Il linguaggio usato dall'a. è inutilmente irritante:
«calata dei burocrati piemontesi», «Ivrea feudo dell'Olivetti»,
«la piccola borghesia della Torino-Fiat». Potrei fare cento esempi. C'è del
dileggio, del disprezzo (per esempio, verso gli enti
assistenziali). Ci sono degli scatti polemici o gratuiti o troppo
insistiti, l'aggettivazione che tradisce quasi a ogni riga il partito
preso (per es. «l'ossessiva diffusione della "Stampa"»). Il libro
ne esce pregiudicato. Da p. 70 a p. 84 molte cose dette sulla
politica economica della Fiat sono pericolose, dubbie, perché
basate su dati forse poco attendibili. Da p. 200 a p. 250 le cose
dette sull'assistenza potrebbero essere attenuate. Io penso che,
facendo uno sforzo comune, il libro potrebbe essere corretto
e pubblicato. Il libro sul piano scientifico è di valore minimo:
ma c'è un lavoro descrittivo non privo di utilità, su un tema
che merita tutta l'attenzione.
MILA: Non ho letto il libro. Oso sperare che le ragioni di diffidenza
verso questo libro siano piú sostanziose di quelle che ho appena
ascoltato. Devo dire che molte delle citazioni portate da BOBBIO
non suscitano in me alcuna indignazione. Trovo anch'io che la
diffusione della «Stampa» è "ossessiva". Trovo anche che si
può parlare di una piccola borghesia tipicamente torinese e influenzata dalla
presenza di un'enorme industria com'è la Fiat,
che pesa su tutta la vita cittadina. «La Stampa» determina il
gusto e gli indirizzi del pubblico torinese.
VENTURI: Rispondo a MILA: ci sono ragioni di critica piú sostanziali al libro di Fofi. Il fenomeno che Fofi analizza è quello di una rapida industrializzazione che richiama masse di manodopera con un processo di altrettanto rapido inurbamento. Siamo cioè alla presenza d'un fatto importantissimo certo per Torino, ma comune a molte altre città, ad altre economie. Il fenomeno, nelle varie forme in cui si è presentato in epoche e in luoghi diversi, è stato studiato, ha dato luogo a discussioni. Non si può "scoprirlo" improvvisamente oggi a Torino, senza tener conto - almeno sullo sfondo - di fenomeni analoghi, di discussioni già avvenute. Non ci si improvvisa studiosi d'un fatto cosí complesso. La preparazione di Fofi è scarsa, la sua ottica è ristretta. Grande è solo il suo entusiasmo. Predomina in Fofi l'aspetto folkloristico, esterno, verbale della situazione: non è affatto studiata, ad es., la situazione tecnica e politica della città. Se ciò fosse stato fatto, F. avrebbe capito che l'immigrazione a TO è accaduta in maniera molto meno aspra, molto meno grave che altrove: cos'è successo ad es., a Parigi tra le due guerre con gli immigrati italiani?
La cornice ideologica a priori entro cui Fofi conduce l'indagine
è debolissima. Ma anche la parte descrittiva andrebbe rifatta: su
100 000 operai, quanti sono i dipendenti della Fiat, 200 soltanto
sono stati intervistati dall'A., e non si sa come scelti. Se questa
è sociologia, sarà: ma di comprensione storica non ce ne trovo.
CALVINO: Avevo grande interesse per questo libro. Avevo letto su «Nuovi Argomenti» delle testimonianze molto vive raccolte da Fofi sul tema degli immigrati. È con delusione che ho visto che questo materiale interessante perché vivo, e perciò significante, Fofi non l'ha travasato nel suo libro. Si è limitato a compilarlo, a riassumerlo, col risultato che ne sono venute fuori le cose piú ovvie, e meno pungenti.
Come linguaggio e come contenuto il libro di F. è molto vecchio. Chi ha
fatto come me del giornalismo di partito ricorda le
lunghe battaglie sostenute a partire dal '45 perché il linguaggio
giornalistico di sinistra perdesse quel carattere di eterna declamazione
polemica, da comizio, che lo indeboliva e ne diminuiva
l'efficacia. Da allora molto cammino si è fatto, oggi sulla stampa
di partito e su quella sindacale si scrive con maggior concretezza, con maggior
ricchezza di dati e di statistiche. Fofi è rimasto
indietro, e fa male a non prendere a modello certe pubblicazioni sindacali,
dedicate proprio al tema che lo interessa, e tanto
piú serie del suo lavoro (e delle quali del resto si serve). Fofi fa
male a sputare sul lavoro delle organizzazioni operaie.
Le accuse poi che F. muove alle organizzazioni politiche comuniste sono assurde
e offensive. Siamo in questi ambienti a un livello piú rispettabile di...
PANZIERI: Non è un libro rispettabile, è chiaro.
BOLLATI: Cosa vuoi dire PANZIERI? Per favore niente sarcasmi e
provocazioni. Discutiamo civilmente.
CALVINO: Dicevo che anche le cose propagandistiche, oggi sono su un piano
piú alto. In questi giorni sfogliavo una rivista "riformista"
«Tempi Moderni»: ci ho trovato un atteggiamento di polemica
e una padronanza dei fatti molto piú efficaci di quelli di Fofi,
che si presenta come "rivoluzionario". Nel suo libro ci sono addirittura cose
ridicole. Dice che le masse vanno a Roma attratte
dalle raccomandazioni e dai provini...
SOLMI: Scusa, tu perché ci vai?
BOBBIO: Insomma, SOLMI...
CALVINO: Insomma sotto questo libro non c'è una linea. Le sue conclusioni
quali sono? Possono rientrare comodamente nei quadri
capitalistici. Vuole che le cose siano fatte meglio, ecco tutto.
Poi ha quest'odio contro le organizzazioni operaie. All'ultimo
congresso del Pci la Federazione torinese ha portato una bellissima analisi
sulla trasformazione del monopolio, di cui F. non ha
tenuto alcun conto. Quello che gli manca è l'idea di una classe
operaia in cui gli operai del Sud si fondano con quelli del Nord,
dando vita a una nuova spinta rivoluzionaria. Magari fosse vero
che Torino si meridionalizzasse. Il modello di questa fusione è
l'America (ha ragione VENTURI), dove è accaduto ben altro, e
piú tragicamente. La parte piú interessante è:
I Meridionali e gli altri;
torno ad uno dei difetti del libro: il fatto che egli trascuri
i sindacati e le organizzazioni operaie è inammissibile.
BOBBIO: CALVINO, ti prego di concludere...
CALVINO: Io non sono d'accordo che si faccia tanta ironia sulle aiuole,
che dice lui sono care al sindaco e simbolo della rispettabilità
borghese. C'è qualcosa anche nell'aspetto esterno d'una città
che è noioso veder ironizzato con foga da ragazzino. A me le
aiuole piacciono.
CASTELNUOVO: Certo, certo, le aiuole! Questo libro è preso d'assalto. Di
fronte a queste reazioni sono molto meravigliato. Io ho avuto l'impressione che
la sua parte iniziale sia molto vaga. Il capitolo sulla Fiat
mi pare fondato solo sul libro di Vertone e Minucci. Ma via via
ho trovato altre cose: la testimonianza sentita di un missionario
laico che ha cercato di dare sistematicità alle sue esperienze. Ho
trovato anch'io certi squilibri, ma credo che questo libro con dei
tagli possa essere fatto. La cosa migliore sarebbe che redazionalmente si
stabilisse una serie di tagli e ritocchi da fare.
BOLLATI: Mi associo alla proposta di BOBBIO ora ripresa da CASTELNUOVO.
Conosco Fofi dal suo arrivo a Torino e lo apprezzo per la
sua onestà e generosità. Mi sono perciò accostato al libro con
interesse e simpatia. E ne sono rimasto deluso. Fofi è un principiante, in
politica come in sociologia. Questo si sente. Non
posso tacere il grande fastidio che mi dà quella sua mistica d'una
classe operaia pura, vaga e indistinta, la cui "carica rivoluzionaria" non si
incanala in formule e programmi politici, in azione
coordinate, in organizzazioni. Non credo che sia una progresso
riportare la lotta operaia alla pura e semplice contrapposizione
di ricchi e di poveri, di castelli e di capanne. Fofi è padrone di
avere le sue idee. Ma circa la pubblicabilità del suo libro debbo dire che anche
la parte descrittiva la trovo prolissa, talvolta
piatta e confusa per eccesso di diligenza o scarsa padronanza
del metodo. Bisognerebbe aiutare l'autore a fare di questo, che
libro non è, un piú modesto ma preciso libro di documentazione.
STRADA: Mi associo perché si costituisca un comitato per il lavoro di
revisione del libro. Quello che mi pare impossibile è di chiedere
a Fofi di rifarlo. Sono d'accordo con CALVINO, quando critica
il modo in cui l'A. polemizza coi partiti e i sindacati operai.
Questo non è un libro di sociologia; è un libro populista, cioè
non è marxista: nel tono con cui è scritto mi ricorda certi populisti russi. Per
la prima parte, mi pare che l'impostazione e il linguaggio siano fuori luogo. La
sede adatta è secondo me la collana dei «Libri bianchi».
CAPRIOGLIO: Sono d'accordo con STRADA: la sua posizione è anche la mia.
FONZI: Altrettanto posso dire io.
MIGLIARDI: Qualche precisazione sulle idee di Fofi, che conosco e frequento
abitualmente. Fofi, mi pare, ha cercato di vedere qual è il
momento di presa di coscienza e dei meridionali e dei torinesi.
Questa presa di coscienza si ha con lo sciopero: questa è una
nostra esperienza personale. Sul problema delle organizzazioni
operaie, CALVINO ha detto che Fofi dà un giudizio sbrigativo e
aprioristico. Non mi pare che abbia ragione. Se c'è una critica
a partiti e sindacati, questa emerge dai fatti. Prendiamo l'esempio della
Lancia. Gli scioperi della Lancia sono avvenuti al di
fuori dei sindacati, sono stati spontanei. Questa problematica
di Fofi nasce quindi da una situazione di fatto. Sono d'accordo
con STRADA e CAPRIOGLIO sulle modifiche da apportare al libro.
Ci sono frasi inutili, che stonano con tutto l'andamento del discorso. Non sono
d'accordo con BOBBIO per eliminare l'intero
blocco tra pp. 70-80. Anche la prima parte mi sembra buona,
perché il problema dell'immigrazione è strettamente connesso
con quello della Fiat.
VIVANTI: Sono d'accordo perché si riveda il libro, benché lo trovi molto lacunoso e sbagliato come impostazione. Ho però in proposito due preoccupazioni. Uno: bisognerà correggere in fretta, perché il libro invecchia. Secondo: apprezzo molto le buone intenzioni di MIGLIARDI, ma è difficile salvare una impostazione che non è sorretta da alcuna tesi, da alcuna ideologia. Si è parlato di tesi estremiste, populiste ecc. Dal momento che il libro di Fofi è vuoto lo si può riempire come si vuole. Quindi chi correggerà dovrà riempire questi vuoti.
Nelle conversazioni direi ossessive che ci sono state in casa editrice, non
si è discusso solo del libro. Si è parlato anche di limitazione della libertà
editoriale. L'incidente Fofi mi pare abbia
confermato che non c'è nessun limite, tranne quello della validità culturale
d'un'opera. Mi sembra che le dichiarazioni di EINAUDI abbiano assicurato tutti
su questo punto: la c. e. può pubblicare tutto quello che non è peccato contro
la cultura. Questo è l'unico limite.
BOLLATI: Sono d'accordo.
CALVINO: Vorrei che si esprimessero chiaramente quelli che credono che
il libro manca di ogni validità culturale.
SERINI: Io non conoscevo queste discussioni interne, quindi la mia
voce può suonare ingenua. Mi pare che nel libro non manchi
l'equilibrio: per la semplice ragione che la prima parte, quella
d'impostazione ideologica, non esiste affatto. Ho trovato grave l'assoluta
mancanza di delineazione dell'azione di partiti e
sindacati. Sí, Fofi dice spesso cose ovvie, ma appunto perché
queste cose andavano approfondite su un altro piano.
Comunque il libro, dal punto di vista descrittivo, mi è abbastanza piaciuto:
scrittura piuttosto discontinua, modo irritante
di porre il problema, molto debole l'impostazione generale: ma
il materiale raccolto è interessante.
DAVICO: Ho poco da dire. Sulla prima parte ho da dire che il libro è
superficiale e irritante. La parte che mi interessava di piú era
la parte descrittiva. Ma l'ho trovata di grande ovvietà o piena
di osservazioni generiche. Ad es. quelle che dedica al problema
del tempo libero. Mi pare inutile una revisione.
BARANELLI: Sono d'accordo con CASTELNUOVO, anche nel tono, e con MIGLIARDI.
A CALVINO contesto che Fofi "sputi" sulle organizzazioni sindacali.
CALVINO: Sí, avrò un po' esagerato!
BARANELLI: A BOLLATI vorrei chiedere se a una mistica della classe operaia
preferisce una mistica dei partiti e dei sindacati.
BOLLATI: Non è detto che si debba necessariamente scegliere tra una mistica
e l'altra.
Lettura dei pareri della Frigessi e di Cases (allegati)".
SERINI: Non mi pare che pubblicare questo libro sia un atto di coraggio
politico come dice Cases, perché modestamente questo coraggio nella denuncia del
monopolio l'ha dimostrato perfino un borghese come me.
PANZIERI: Voglio chiarire una cosa: non sono un paladino estremista del
libro. Quando arrivò, espressi le mie riserve sulla sua impostazione. Queste
riserve tuttavia sono quelle che facemmo anche
su altri libri che dovremo pubblicare. C'è un settore in Italia -
il settore sociologico - che è ancora sperimentale. Fatta questa
premessa, il libro di Fofi è dei piú validi finora capitati in casa
editrice. (A CALVINO) Tu ti collochi ad un livello di ricerca dove
c'era una certa sistematicità e che è ormai consumato. Questi
dei giovani sono dei tentativi che vanno seguiti con amore, incoraggiati. Del
resto questa è la tradizione della casa editrice.
«Il Politecnico» era qualcosa...
BOBBIO: Non vogliamo ripetere gli errori del «Politecnico».
EINAUDI: Erano solo errori?
PANZIERI: Sono state dette anche cose ingiuste: il libro nasce dalla
polemica antipopulista (e non dal contrario) come è stato detto qui da qualcuno.
C'è un punto di vista giusto: l'accettazione dello sviluppo industriale. Si può
chiamare populista qualsiasi libro che si metta dal punto
di vista degli sfruttati? Per quanto riguarda la polemica antisindacale, uno dei
suoi dati principali è la rivelazione dell'insufficienza
dei sindacati: fatta però non per appoggiare lo spontaneismo, ma
per constatarlo, perché non si eluda la realtà della situazione. Fofi è
stato nelle sezioni e non ci ha trovato niente. Direi anzi che Fofi è
molto cauto nella denuncia. Le proposte di BOBBIO sono giuste, però
non è un libro da rifare, non è neanche vero che non ha un punto di
vista. Va preso come testimonianza appassionata che, nonostante i
suoi difetti, è molto importante.
BOBBIO: PONCHIROLI, il suo parere.
PONCHIROLI: Come MILA, non ho letto il libro. Ma se posso ugualmente
esprimere un parere sulla base di quello che ho sentito qui, dirò che il mio
conterraneo VIVANTI è quello che mi ha convinto piú d'ogni altro...
SOLMI: Se non hai letto il libro taci e limitati a scrivere il tuo verbale.
BOBBIO: Invita alla calma.
SOLMI: Prima di parlare volevo sapere se EINAUDI voleva dire qualcosa.
EINAUDI: Mi pare che il parere della maggioranza coincida con quello che
ho detto nella mia lettera a Fofi.
SOLMI: Constato innanzi tutto il fatto che questo libro ha un potente effetto sui suoi lettori: lo ha al punto da costringerlo a prendere precise posizioni. Non dico di VENTURI, il cui 10% di verità è sempre nascosto in un 90% di falsificazione. Per es. la sua idealizzazione della gente del Sud che VENTURI attribuisce a Fofi è falsa, completamente falsa. (Lettura di un pezzo di Fofi). Piú mi ha meravigliato che questo esame abbia portato il prof. BOBBIO all'inesattezza; certe sue citazioni sono inesatte, si riferiscono a Roma e non a Torino. Quanto alle relazioni del comune sono citate piú avanti. (Si chiarisce che BOBBIO e SOLMI dispongono di bozze numerate diversamente).
Contesto a CALVINO ed a BOLLATI di atteggiarsi a difensori dei
partiti e delle organizzazioni di sinistra, che hanno lasciato nel '56...
BOLLATI: Protesto. Non sono tenuto a dare spiegazioni autobiografiche.
SOLMI resti in tema.
SOLMI: Questo libro sarebbe uscito senza obiezioni se non costituisse
un duro colpo portato alla Fiat. Il motivo determinante della
sua non pubblicazione è che non si vuole pubblicarlo per ragioni politiche ed
economiche precise, di cui tutti qui sono a
conoscenza. Se questo libro non si pubblica, il nostro è qualcosa di piú di un
rifiuto: e come tale sarà giudicato da tutti quelli
che sono fuori dalla casa editrice. Quanto alla questione della
revisione, la parola spetta a Fofi. Io penso che Fofi si rifiuterà di tagliare
quelle parti che contengono i motivi per cui non
viene pubblicato il libro. Il Consiglio ha finto di non vedere il
punto della questione...
SERINI: Questo è offensivo per il Consiglio.
EINAUDI: Respingo l'interpretazione di SOLMI. Io non avrei alcuna difficoltà a pubblicare un libro di critica alla Fiat o a qualsiasi altra industria o istituzione se si trattasse d'un libro serio, motivato, documentato. Da quanto risulta dalla discussione avvenuta tra noi, non è questo il caso del libro di Fofi. Attacchi condotti su questa base espongono inutilmente chi li conduce, senza nessun vantaggio per la causa che si pretende di difendere.
Ricordatevi che non molti mesi fa sono stato portato sui banchi
del tribunale per la questione dei
Canti della Resistenza spagnola.
Sarebbe bastato per evitarlo che qualcuno di noi si rendesse conto che la
quartina incriminata doveva essere espunta dal
libro per non indebolirlo e per non indebolire la casa editrice.
BOBBIO: Constata che la maggioranza si è espressa a favore d'un tentativo
di convincere l'autore a rivedere il libro.
EINAUDI: Propone che sia la casa editrice a suggerire a Fofi le correzioni
da fare al suo libro, e che di questo lavoro venga incaricata
una commissione a tre composta da EINAUDI, SOLMI, BOBBIO.
CALVINO: Chiede che sia messo a verbale che si oppone comunque alla
pubblicazione del libro, che giudica non correggibile.
DAVICO: Si associa.
VENTURI: Accetta che si tenti di correggere il libro «per dimostrare
fiducia non all'opera ma all'autore».
BOBBIO: La maggioranza ha deciso per il tentativo di correzione. La
commissione a tre è approvata ed è delegata dal Consiglio a
condurre la trattativa con l'autore, tenendo conto di tutte le
critiche e le osservazioni emerse dalla discussione o documentate dal presente
verbale. Nel caso di fallimento del tentativo il caso sarà riportato in
Consiglio.
La seduta è tolta.
PANZIERI: Non siamo noi che abbiamo voluto questo.
BOLLATI: Noto con amarezza (rivolto a SOLMI e PANZIERI) che per la prima
volta da che faccio parte del Consiglio si è parlato di "noi"
e di "voi". Questa divisione in parti, in fazioni è un fatto grave, su cui
richiamo l'attenzione dei colleghi perché vogliano eliminarlo.
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