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| << | < | > | >> |IndicePREFAZIONE 9 L'ORGANIZZAZIONE DI QUESTO LIBRO: GENIO E CABALA 11 I LUSTRI 16 GNOSTICISMO: LA RELIGIONE DELLA LETTERATURA 17 INTRODUZIONE: CHE COS'È IL GENIO? 20 GENIO: UNA DEFINIZIONE PERSONALE 32 I. KETER Lustro 1: William Shakespeare, Miguel de Cervantes, Michel de Montaigne, John Milton, Lev Tolstoj 37 Lustro 2: Tito Lucrezio Caro, Publio Virgilio Marone, sant'Agostino, Dante Alighieri, Geoffrey Chaucer 97 II. HOKMAH Lustro 3: Lo Jahwista, Socrate e Platone, san Paolo, Maometto 149 Lustro 4: Dottor Samuel Johnson, James Boswell, Johann Wolfgang von Goethe, Sigmund Freud, Thomas Mann 195 III. BINAH Lustro 5: Friedrich Nietzsche, Soren Kierkegaard, Franz Kafka, Marcel Proust, Samuel Beckett 235 Lustro 6: Molière, Henrik Ibsen, Anton Cechov, Oscar Wilde, Luigi Pirandello 275 IV. HESED Lustro 7: John Donne, Alexander Pope, Jonathan Swift, Jane Austen, Murasaki Shikibu 313 Lustro 8: Nathaniel Hawthorne, Herman Melville, Charlotte ed Emily Bronte, Virginia Woolf 355 V. DIN Lustro 9: Ralph Waldo Emerson, Emily Dickinson, Robert Frost, Wallace Stevens, T.S. Eliot 395 Lustro 10: William Wordsworth, P.B. Shelley, John Keats, Giacomo Leopardi, Alfred Tennyson 443 VI. TIFERET Lustro 11: Algernon Charles Swinburne, Dante Gabriel e Christina Rossetti, Walter Pater, Hugo von Hofmannsthal 491 Lustro 12: Victor Hugo, Gérard de Nerval, Charles Baudelaire, Arthur Rimbaud, Paul Valéry 525 VII. NEZAH Lustro 13: Omero, Luis Vaz de Camoes, James Joyce, Alejo Carpentier, Octavio Paz 575 Lustro 14: Stendhal, Mark Twain, William Faulkner, Ernest Hemingway, Flannery O'Connor 635 VIII. HOD Lustro 15: Walt Whitman, Fernando Pessoa, Hart Crane, Federico Garcia Lorca, Luis Cernuda 671 Lustro 16: George Eliot, Willa Cather, Edith Wharton, F. Scott Fitzgerald, Iris Murdoch 711 IX. YESOD Lustro 17: Gustave Flaubert, José Maria Eça de Queiros, Joaquim Maria Machado de Assis, Jorge Luis Borges, Italo Calvino 749 Lustro 18: William Blake, D.H. Lawrence, Tennessee Williams, Rainer Maria Rilke, Eugenio Montale 791 X. MALKUT Lustro 19: Honoré de Balzac, Lewis Carroll, Henry James, Robert Browning, William Butler Yeats 835 Lustro 20: Charles Dickens, Fedor Dostoevskij, Isaac Babel', Paul Celan, Ralph Waldo Ellison 881 NOTE 923 |
| << | < | > | >> |Pagina 11Ho raccolto questi cento geni del linguaggio in dieci gruppi da dieci e ho quindi suddiviso i dieci gruppi in sottogruppi da cinque. Il genio, a mio parere, è stravagante e sommamente arbitrario e, in ultima analisi, è isolato. Un contemporaneo di Dante avrebbe potuto avere precisamente il suo stesso rapporto con la tradizione, la sua cultura minuziosa e un amore affine al suo per una donna paragonabile a Beatrice, ma solo Dante ha scritto la Divina Commedia. Ognuno dei miei cento è unico ma questo libro, come ogni libro, richiede un'organizzazione. Io l'ho costruito come un mosaico, ritenendo di far emergere in questo modo contrasti e armonie significativi. Dal momento in cui, anni fa, ho pensato per la prima volta di scrivere questo libro, avevo in mente l'immagine delle sefirot della Cabala. I titoli dei miei dieci capitoli sono i nomi più comuni delle sefirot. La Cabala è un corpo di meditazioni che poggiano su un linguaggio altamente figurato. Le principali tra le sue allegorie o metafore sono le sefirot, attributi allo stesso tempo di Dio e dell'Adamo primordiale, l'Uomo Divino immagine di Dio. Questi attributi o qualità vengono emanati da un centro che non è costituito da nessun luogo e da nulla, essendo infinito, e si diffonde a una circonferenza che è insieme ovunque e finita. L'idea dell'emanazione è fondata su Plotino, il più grande dei neoplatonici, ma in Plotino le emanazioni derivano e procedono da Dio, mentre nel pensiero cabalistico le sefirot rimangono in Dio o nell'Uomo Divino. Dal momento che i cabalisti credevano che Dio avesse creato il mondo a partire da se stesso, essendo egli Eyin (nulla), le sefirot tracciano il processo della creazione; sono i nomi che Dio assume durante il lavoro di creazione. Le sefirot sono metafore così vaste che diventano esse stesse dei poemi, o anche dei poeti. L'ebraico sappir (zaffiro) è probabilmente all'origine del termine sefirah (pl. sefirot). Si può pensare alle sefirot come luci, testi o fasi creative. Qui ho raggruppato i miei cento brevi studi sul genio sotto le sefirot che mi sono sembrate più rilevanti, ma non ci sono al mondo due anime che possano riuscire ad accordarsi su quello che è più rilevante. [...] Keter, la prima sefirah, potrebbe essere chiamata «la corona» poiché è rappresentata come la testa coronata dell'Adamo primordiale, il Dio-Uomo, prima della cacciata. Tuttavia, come tutte le sefirot, Keter è un paradosso, dal momento che i cabalisti la chiamano anche Eyin o «nulla». Borges osservò che Shakespeare era «tutti e nessuno», affermazione che io modificherei in «tutto e niente», «la corona» della letteratura eppure il principale «nulla». Essendo io l'ammiratore numero uno di Shakespeare, non ritengo azzardato considerare il genio di Shakespeare una sorta di divinità secolare e questo è il motivo per cui lo metto al primo posto tra i miei cento rappresentanti del genio del linguaggio. Ho fatto seguire a Shakespeare, nel capitolo intitolato Keter, quattro figure praticamente paragonabili a lui: Cervantes, il «primo romanziere», Montaigne, il primo autore di saggi brevi di argomento personale, Milton, che ha reinventato la poesia epica, e Tolstoj, che ha fuso l'epica e il romanzo. Nel secondo gruppo si trovano una serie di grandi biografi di se stessi e del proprio io: i poeti Lucrezio e Virgilio, lo psicologo e teologo Agostino e i sommi poeti (insieme a Shakespeare e Omero) Dante e Chaucer. Queste cinque figure sono ordinate in sequenza a seconda della loro influenza reciproca: ognuno di essi ha tratto ispirazione dal precedente, a eccezione di Lucrezio, che si è orgogliosamente ispirato al filosofo Epicuro. Dal momento che le dieci sefirot formano un sistema in costante movimento, tutti i miei cento autori potrebbero essere stati influenzati, oltre che da quella in cui li ho raggruppati, anche dalle altre nove sefirot praticamente allo stesso modo, perciò questo libro va letto come un mosaico in continuo divenire. Tuttavia, un volume stampato necessita di una sequenza e la mia è pensata per essere evocativa piuttosto che fissa o arbitraria. Hokmah, la seconda sefirah, viene di solito tradotta come «saggezza», motivo per cui dovrebbe evocare l'atmosfera generale dei «libri sapienziali» della Bibbia ebraica e i suoi commentari. Ho scelto Socrate, Platone, lo Jahwista, san Paolo e Maometto per il primo gruppo di figure sapienziali e ho quindi accostato loro una seconda serie, che comprende il dottor Samuel Johnson, il suo biografo Boswell, i saggi Goethe e Freud, e l'ironista Thomas Mann, come panoplia di saggezza secolare. La terza sefirah, Binah, è l'intelletto in uno stato ricettivo, un'intelligenza non tanto passiva quanto drammaticamente aperta alla forza della saggezza. Per me Nietzsche, Kierkegaard e Kafka rappresentano la mente nella sua apertura, come del resto anche Proust, l'ultimo dei grandi romanzieri, e il veggente angloirlandese Beckett. Nella seconda sequenza ho raggruppato cinque dei più grandi drammaturghi europei: Molière, Ibsen, Cechov, Wilde e Pirandello hanno infatti l'agilità intellettuale che i cabalisti associano a Binah. Per Hesed, il generoso patto d'amore (l'Alleanza) che deriva da Dio (o dalle donne e dagli uomini), ho trovato un primo gruppo di rappresentanti in cinque grandi scrittori umoristici che ironizzano sull'amore: John Donne, Alexander Pope, Jonathan Swift e, più gentili nella loro padronanza dell'ironia, Jane Austen e Murasaki Shikibu. Anche del secondo gruppo fanno parte geni dell'eros, ma essi si occupano maggiormente dell'angoscia del patto: Hawthorne e Melville, le sorelle Bronte e Virginia Woolf. Din, la successiva, è chiamata anche Gevurah. Din significa qualcosa come «giudizio severo», mentre Gevurah è il potere che permette di adottare tale rigore. Ho cominciato il capitolo con un'austera serie di grandi poeti visionari americani di genio: Emerson, Emily Dickinson, Frost, Wallace Stevens, T.S. Eliot, tutti esempi della nostra inclinazione originaria, che un tempo era una sorta di puritanesimo. Dopo di loro ho posto cinque poeti del romanticismo maturo, che hanno manifestato la forza di un'immaginazione rigorosa: Wordsworth, Shelley, Keats, Tennyson e l'italiano Leopardi. Per Tiferet, «la bellezza», nota anche come Rahamin o «compassione», ho scelto innanzi tutto cinque grandi esponenti dell'estetismo: Swinburne, i Rossetti, Walter Pater e l'austriaco Hofmannsthal; quindi sono passato ai maggiori poeti del romanticismo francese e ai loro eredi: Victor Hugo, Nerval, Baudelaire, Rimbaud e Valéry. La settima sefirah, Nezah, può essere tradotta come «la vittoria di Dio», o come «l'eterna resistenza che non può essere sconfitta». Qui ho cominciato con tre giganti dell'epica: Omero, il portoghese Camões e James Joyce; quindi ho aggiunto al gruppetto il superbo romanziere epico cubano Alejo Carpentier e il poeta messicano Octavio Paz, che dà il meglio di sé nei «poemi epici brevi». Il secondo gruppo condivide forse col primo non tanto la vittoria quanto una strenua resistenza: Stendhal, Mark Twain, Faulkner, Hemingway, Flannery O'Connor, che ironizzano anch'essi sull'eternità. Hod, lo splendore o maestà dotati di forza profetica, domina una serie di poeti-profeti, a partire da Walt Whitman e da tre poeti che egli ha influenzato: il portoghese Pessoa, Hart Crane e Garcia Lorca, originario dell'Andalusia. Completa questo magnifico gruppo un grande poeta esule spagnolo, Cernuda. Dal momento che Hod è l'emblema dello splendore morale, la sua influenza si estende anche al gruppo dei romanzieri che comprende George Eliot, Willa Cather, Edith Wharton, Scott Fitzgerald e Iris Murdoch, romanziera e filosofa scomparsa di recente. Yesod, la nona sefirah, a volte tradotta come «fondamento», è un attributo simile all'originario significato latino di «genio», cioè forza generatrice. Ho posto in un primo gruppo una serie di maestri della narrativa erotica: Flaubert, il portoghese Eça de Queiros, il brasiliano di colore Machado de Assis, l'argentino Borges e Italo Calvino, favolista italiano moderno. Il secondo gruppo è costituito da cinque vitalisti eroici: il poeta-profeta William Blake, il romanziere profetico D.H. Lawrence, il grande drammaturgo americano Tennessee Williams, fortemente influenzato da Lawrence e da Hart Crane, e due poeti moderni la cui opera è fondamentale: l'austrotedesco Rilke e l'italiano Montale.
La decima e ultima
sefirah
è
Malkut,
«il regno», nota anche come
Atarah,
«il diadema». Sebbene
Malkut
sia identificata con
Shekinah,
irradiazione femminile di Dio, ho scelto come attributo la sua essenza profonda
e ho raggruppato sotto il suo nome dieci geni maschi che trascendono la
sessualità.
Malkut
è, secondo me, la più affascinante delle
sefirot,
dal momento che diffonde l'immanenza divina nel regno di questo mondo. Si
possono raggiungere le altre
sefirot
solo attraverso
Malkut
e quindi la utilizzo qui anzitutto per raggruppare gli autori diversi tra loro
eppure curiosamente uniti che hanno creato le loro commedie umane:
Balzac,
Lewis Carroll,
lo psicologo-romanziere
Henry James,
Robert Browning, inventore del
monologo drammatico e W.E. Yeats, poeta drammatico irlandese. Un secondo gruppo
correlato è costituito da
Dickens
e Dostoevskij, visionari romanzieri del
grottesco, Isaac Babel', narratore ebreo russo, e Paul Celan, ebreo rumeno
inventore di una poesia del dopo olocausto in lingua tedesca che corrisponde
all'irradiazione della prosa narrativa in tedesco di Kafka. Il romanziere
afroamericano da poco scomparso Ralph Waldo Ellison, il cui genio visionario
raggiunse la perfezione nel suo
Uomo invisibile,
completa la discesa di
Malkut
nel nostro tempo ed è l'ultimo dei cento geni che ho trattato in questo libro.
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