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| << | < | > | >> |IndicePrefazione dell'Autore alla nuova edizione xiii Al nasuto lettore 1 Parte prima — Il potere degli odori 7 Capitolo 1 — Cos'è un odore? 9 La teoria degli stimoli olfattivi 10 Capitolo 2 — Profumo, enigma del paradiso 15 Un profumo di sesso 16 L'aroma del tè 17 Incontro al mistero degli odori 23 Il Sathori degli odori 23 L'odore tra culla e bara 25 Capitolo 3 — "Ti ricordi quel profumo?" 29 Gli spiriti Tupapau e un resto di terra 29 Capitolo 4 — Le parole degli odori 37 Classificazione degli odori 39 Il sentimento degli odori 45 Capitolo 5 — La macchina olfattiva 47 Elogio dei nasi 47 Il naso e il cervello 48 All'interno della mucosa 50 Come il mare 51 La bussola del naso 52 Verso il cervello più antico 53 L'«immagine» olfattiva 54 La rete odorante 55 Capitolo 6 — Creature sole nel buio 57 Percezioni di realtà, la magia di un senso animale 59 Lucidogeni ed evoluzione 60 Un buffo bastardino 62 Un piccolo salto evolutivo? 71 Parte seconda — Strani odori 73 Capitolo 7 — Il naso dei filosofi 75 Un senso proibito 76 Il profumo dell'"io" borghese 79 Cenni sull'organismo pranico 80 La "copulazione aromatica" di Fourier 81 Mi regalo un profumo 82 Il profumo di Narciso 82 Il culetto d'oro 84 Fuori gli scarafaggi dal cassetto 85 Oltre le apparenze 86 Dall'"odore di becchino" al "fiuto" di Nietzsche 87 Capitolo 8 — Mirare in basso 95 L'odore della lingua 99 I fili degli odori 101 Capitolo 9 — Quando Cassandra storce il naso 103 Premonizioni di strani odori 103 Capitolo 10 — Odore di sesso 107 Sniffando buchi di serrature 107 Dal formicaio al cybermondo 108 Esistono i feromoni umani? 110 Olocausto ormonale 111 Il profumo dell'amore 113 Il ritorno del rimosso 116 L'assenzio e l'odore di fine millennio 117 L'odore del diavolo 119 Capitolo 11 — Thalassa, uno odore di mare 123 Il più vivo e aromatico dei buchi 126 "Et non inducas in tentationem" 128 Capitolo 12 — Ti amo maialino 133 Il fascino dell'ascella 134 Capitolo 13 — Fikafutura 137 Gli ultimi sussulti di naturismo 138 Capitolo 14 — Appunti di stronzologia 141 Pubblicità di merda 145 Cose che accadono quando si cambia un pannolino 147 Capitolo 15 — Note animali 151 Quel certo profumo di musk 152 Capitolo 16 — Gusto e disgusto 159 Il caso del dottor Herriot 161 Condizionamenti sensoriali 162 Topi da laboratorio 163 Non tutti hanno lo stesso naso 164 Igiene e pregiudizio 165 L'amante del fognaiolo 165 Escrementi e pratiche occulte 166 Capitolo 17 — L'odore del denaro 171 Profumi e filtri magici fra moda, salute, consumi 171 Capitolo 18 — Odori di guerra 177 Premonizioni di cyberguerra 184 Un odore di gabbia di leoni 184 Capitolo 19 — I vapori di Caino 189 Qualche accenno all'uso dei gas 191 Ziklon B, il profumo nazista 192 Capitolo 20 — Quel certo profumo di morte 195 Capitolo 21 — Un odore da morire 205 Lo yoga al fondo dell'impurità 205 Parte terza — Aure e profumi celestiali 209 Capitolo 22 – La magia degli odori 211 I profumi magici 212 Corrispondenze astrali 214 Il corpo sottile 216 Felici coincidenze 218 L'odore dei chakra 218 L'aura dei corpi radiosi 220 Il roveto ardente 222 Capitolo 23 – Iconografia alchemica 225 Capitolo 24 – La regina delle essenze 229 L'occhio pineale 230 Capitolo 25 – Lampi profumati 233 L'essenza del mandala 234 Il momento magico 235 Capitolo 26 — L'anti-miracolo dell'odore 237 Capitolo 27 – L'uscita è nello spazio 241 Offerta del profumo nei campi astrali 243 Profumo di santità 245 Capitolo 28 – L'odore del viaggio 247 L'altra riva 250 Capitolo 29 — L'offerta dell'incenso 253 Bibliografia 259 Appendice – Le antiche fonti 267 Fonti delle illustrazioni 272 Postfazione – La tribù dei nasi perduti 273 Il maestro selvatico 276 Una sinistra sensazione di bagnato 277 Miliardi di Dèi 278 Impariamo ad annusare 279 La tribù chiede una risposta 280 Tra le parole e il corpo 282 Note 288 Appendice dell'Autore alla nuova edizione — Tra naso e caso 289 "O turpe mistero esto munno" 292 Le correnti pulsionali 294 Civiltà e barbarie 297 Il fascino della barbarie 300 La "morte aromatica" 303 "Oltre la linea" 305 |
| << | < | > | >> |Pagina 9CAPITOLO 1
Cos'è un odore?
Gli odori possono essere molte cose. Gradevoli o repellenti SENSAZIONI prodotte dalle emanazioni sottili di alcuni corpi sufficientemente volatili, AGENTI CHIMICI della percezione olfattiva, dell'emozione, della confusione e dunque degli incontri, MESSAGGERI INVISIBILI della memoria, delle premonizioni, dei gusti, dei disgusti, dei tentativi d'amore e degli imprevisti, gli odori glissano dal più intimo sentire al caos del mondo, aggirandosi vorticosamente dallo spazio al tempo e dalle cose agli esseri. Li si può immaginare rutilanti e ciechi come gli atomi di Lucrezio. Oppure come scintillanti mediatori tra la Terra e il cielo. E se gli odori fossero – come lo sono la Terra, il cielo e gli astri – Angeli? Dopo essermi forse illuso di aver lasciato i demoni alle spalle, non vorrei adesso affliggervi con gli Angeli. Ma, lettori cari, talvolta si ha l'impressione, lasciando la realtà virtuale ed odorando un fiore, di non essere più nel tempo. E nella gioia che sorge alle "porte della percezione", la Terra sembra un giardino da attraversare, un luogo splendido nell'immaginazione. Questi attimi forse non sono nel tempo: è come il fuori tempo di una coscienza che esplode e salta insieme agli Angeli. Che sono i messaggeri, gli arcobaleni, i ponti vuoti sui quali tuttavia passa l'annuncio dei mutamenti. Gli odori emanano dalla vita dei vegetali, degli animali, dei minerali e degli stessi esseri umani, suscitando emozioni, desideri e inquietudini. Io, per esempio, detesto – come la maggior parte di voi, a metà tra il tribalismo magico e l'invadenza della tecnologia – che qualcuno, dopo che mi sono lavato e sfregato ben bene, possa fare un'osservazione negativa sul mio odore personale o su quello della mia casa, dove ho appena acceso un bastoncino d'incenso. Mi disturba, per esempio, che la pubblicità – interrompendo il film in tv – insinui l'orribile suggestione dell'esistenza di qualcosa di terribile e maleodorante. "Vi sono giorni in cui non vi sentite 'a posto', afferma una vocina con brio agguerrito da professionista. Subito poi, con un sorriso brillante come un getto di napalm, vanta la "soluzione ai vostri problemi", brandendo un fitocoso, una specie di frullaculo dai colori accesi: "Il deodorante cambierà tutto questo!". Per quanto ci si lavi e ci si sfreghi ("fosse pure con il sangue dell'Agnello", come dice Mwage Kaneyena quand'è sbronzo o amareggiato), emettiamo tutti un odore personale, unico, come il colore degli occhi o le impronte digitali. E siamo tutti profondamente impressionati dagli odori degli altri e del mondo che ci circonda.
Il potere degli odori rimanda a un potere invisibile che il discorso
scientifico non riesce a circoscrivere. Esiste una casta di uomini
che hanno come compito quello di addomesticare gli odori per
combattere la scipitezza, la piattezza e la decomposizione. "Sono
esseri strani" come mi ha detto ironicamente durante il nostro primo incontro il
creatore di profumi Luigi Cristiano, spiegandomi
che l'impressione di stranezza dipende da due cose: dal segreto al
quale sono tenuti i creatori di profumi dalle leggi del commercio e
dalle multinazionali delle fragranze e degli odori, e poi dal fatto che
i cosiddetti "nasi" sono gli esploratori olfattivi di un mondo invisibile. Ma
forse sono gli odori che sono strani.
La teoria degli stimoli olfattivi Per molto tempo si è creduto che i corpi odoriferi emettessero onde simili a quelle della luce e del suono. Oggi la teoria che gli stimoli olfattivi siano particelle di materia volatile è stata suffragata sperimentalmente e il settore della percezione olfattiva è in rapido sviluppo, sia per gli interessi reali e immaginari messi in gioco dall'inquinamento dell'aria e dei cibi, sia per poter rendere conto della molteplicità dei fenomeni della vita quotidiana che sono collegati all'odorato, anche nella inquietante prospettiva di una possibile eliminazione bio-tecnologica del gene dell'olfatto. Dopo la recente clonazione di Dolly, la pecora creata all'istituto biotecnologico di Edinburgo, e lo spettro della possibile clonazione umana, dai cosiddetti settori in rapido di sviluppo ci si può ormai attendere di tutto. Il problema quantitativo dello stimolo olfattivo potrebbe cominciare a risolversi grazie agli strumenti di misurazione elettronica fra i più sofisticati, ma il problema della qualità della percezione e della sensazione olfattiva è lontano da una soluzione soddisfacente. A parte le complicazioni psicologiche che riguardano la sensazione, ancora oggi non è ben chiaro cosa determini esattamente l'esperienza olfattiva. È qualcosa di chimico o di fisico? Sappiamo, per esempio, che l'odore di rosa è associato a elementi chimici come, trattenete il fiato: geraniolo, nerolo, linalolo, alcol feniletilico, farnesolo, esteri, aldeide nonilica e altre aldeidi grasse, e citrale, eugenolo, sesquiterpeni, azulogeni e a tracce di altre molecole scoperte nel tempo da strumenti sempre più sofisticati di misurazione: ma non si sa cosa comportino in particolare le componenti chimiche. Si può ricreare per sintesi chimica l'odore della rosa, anzi esso è più netto e "squillante" dell'odore naturale, un po' come avviene con i suoni sintetizzati, ma si potrà mai ricrearne la sua componente sottile e immateriale? Alla esistenza di una tale componente si potrà credere o no, in ogni caso un odore di rosa, mediato dal sistema nervoso e in esso rappresentato, varierà comunque per qualità e intensità difficimente misurabili e nominabili. Per descrivere le qualità e le somiglianze degli odori, il sistema stereochimico di Amoore sembra il più accreditato, ed è anche il più conosciuto. L'ipotesi afferma che esistono sei classi di odori primari (etereo, canforaceo, muschioso, menta, pungente e putrido), e che sostanze aventi odori simili abbiano anche forme e dimensioni molecolari simili. Tale ipotesi risale all'antica teoria atomistica degli Epicurei, i primi ad affermare che gli stimoli olfattivi potessero essere particelle o "atomi". Lucrezio credeva che gli odori pungenti fossero associati ad "atomi" a forma di uncino o dentellata, mentre gli odori dolci fossero associati ad "atomi" lisci. Allo stesso modo, secondo la teoria di Amoore, le molecole con odore canforaceo sono simili a una palla e quindi nei recettori dovrebbero esistere dei siti a forma di ciotola per adattarvisi; mentre le molecole con odore etereo avrebbero una forma più allungata, simile ad una salsiccia, e corrisponderebbero a recettori a forma di piatto allungato. L'ipotesi è conosciuta come teoria della "chiave-e-serratura" e il suo fascino deriva probabilmente dalla credenza che se c'è una chiave deve esserci una serratura, e viceversa. La letteratura riporta altre teorie atomistiche, come per esempio quella detta della "penetrazione e perforazione": si suppone che un odore sia percepito quando le molecole odorifere, pungendo le cellule recettrici, causino un flusso di sodio e di potassio attraverso la membrana olfattiva, innescando così il potenziale chimico ed elettrico di azione. Un'altra teoria dello stesso tipo suppone invece che la frequenza delle vibrazioni atomiche della molecola odorosa sia l'attributo che modifica le cellule recettoriali. In altre parole, le varie velocità degli atomi di una molecola, diverse per sostanze odorose diverse, verrebbero mediate da recettori differenti e sintonizzati su frequenze diverse. In tal senso la sostanza odorosa possiederebbe uno spettro misurabile in frequenze diverse. Tutte le teorie citate, comprese le teorie globali che suppongono l'esistenza dei soli recettori generici, risentono tutte della stessa carenza d'informazioni riguardo la natura delle cellule recettrici e delle ciglia con cui le molecole dovrebbero interagire in maniera fisica e chimica. Al problema studiato dalle neuroscienze e dagli esperti di psico-fisica dell'olfazione, occorre aggiungere un'ulteriore complicazione riguardante la codificazione degli odori. Una volta risolto il problema di decidere o meno se sostanze odorose con molecole stereochimicamente simili possono avere odori simili, si pone la questione psicologica di avere soggetti d'accordo su come classificare le loro esperienze olfattive. Si potranno sempre semplificare i dati dell'esperienza e trovare un accordo a fini pratici, come si fa in profumeria o nelle industrie degli alimenti e delle fragranze, resterà comunque come una impossibilità di fondo a concettualizzare astrattamente gli odori. Non si tratta solo di questioni terminologiche, ma di qualcosa di più complesso e di più concettuale, simile a quello che i linguisti chiamano "concetto sfuocato", perché la risposta agli odori percepiti non solo varia straordinariamente da individuo a individuo e la biochimica del tessuto olfattivo non è chiarita, ma anche perché l'odore tende a strutturarsi in ogni caso come una configurazione di tipo relativamente emozionale. Allorché si parla di odori, in genere non se ne parla mai veramente, ma ci si riferisce alle fonti da cui provengono oppure li si usa come pretesti per dire come ci si sente con quel profumo e raccontare delle storie. Chi si occupa di odori è come se si trovasse, in fondo, molto in fondo, in un continente muto come un buddha o una lucertola, ed è quindi costretto a ripiegare sulla sensazione e sulla classificazione, in assenza di un "osservatore standard". Nel caso dei colori, la sensazione che ne ricaviamo e il nome che gli attribuiamo non sono cruciali per manipolare o prevedere il colore percepito. Nel sentimento che posso avere di un colore o nelle etichette "rosso", "blu" o "verde" non vi è infatti nulla d'indispensabile alla comprensione dei colori primari, che le tecnoscienze possono manipolare e prevedere in base alla selezione delle tre distinte lunghezze d'onda. Dire lunghezza d'onda di 410, 500 e 630 nanometri sarebbe la stessa cosa che dire blu-verde, viola e arancio. Mentre nel caso della vista esiste uno spazio rappresentativo vincolato alla scelta della lunghezza d'onda della luce, la cui misura è eguale per tutti e che sappiamo utilizzare, nel caso della percezione olfattiva non si conosce alcuna relazione paragonabile. Le difficoltà relative alla fisiologia della percezione olfattiva e alla impossibilità di descrivere nei termini quantitativi delle scienze esatte la relazione tra gli stimoli e le risposte percettive e sensoriali, contribuiscono a mantenere gli odori al di qua dell'astrazione, e gli conferiscono una certa misteriosa mutezza. Nonostante i molti dati empirici sulla percezione olfattiva e le teorie scientifiche che si vanno sviluppando, gli odori occupano gli spazi della nostra vita quotidiana e delle nostre vite passate, restando fedelmente vicini al silenzio del corpo fra la tenerezza e la paura, e le mute attese del cuore. | << | < | > | >> |Pagina 75CAPITOLO 7
Il naso dei filosofi
... Se tutte le cose fossero fumo il naso le conoscerebbe... — Eraclito Nel capitolo dedicato alle "officine dei lambiccanti" del suo celebre libro, La miniera del mondo, Piero Camporesi riporta le osservazioni di Lorenzo Magalotti, il "delicato odorista" toscano del Seicento, che sulla fisica e la metafisica degli odori ha lasciato tutta una serie di vertiginose meditazioni. Camporesi scrive: "Senso difficile, incerto, umbratile, ondeggiante, l'olfatto esplora l'invisibile e l'inesprimibile. Il più labile e precario di tutti i sensi indaga l'effluvio del divino, la fragranza del celeste. Senso oscuro e inesplicabile, permette di annusare il futuro, di pronosticare il cambiamento dell'aria e del tempo, di presagire l'odore della malattia e della morte. Labile e approssimativo ('l'andare a naso'), mortuario e ludico ('prendersi per il naso'), fragile e incerto, questo senso non ha la infallibilità del tatto (...). Neppure conosce la 'finezza del discernimento delle dita' (...). Né possiede le finezze dell'orecchio, la penetrazione dello sguardo, la sensibilità del gusto". Nelle osservazioni di Magalotti c'è l'essenza di quanto rende il discorso teorico consacrato all'odorato, una rete di affascinanti interdetti e misteriosi allettamenti. Ancora oggi la maggior parte delle discussioni sull'olfatto parte da una premessa, che è anche una conclusione, sulla sua minore finezza rispetto alla vista e all'udito. Questo raffronto di solito si accompagna all'ipotesi che la scarsa capacità di discriminare gli odori manifestata dagli esseri umani indichi una perdita di significato per loro, quasi come se fosse un segno della loro avvenuta civilizzazione. Secondo i filosofi antichi e moderni, vedere, udire, toccare sono da considerare più affidabili e necessari come fonti di percezioni reali del mondo. Di contro, l'olfatto gioca, a priori, la parte di un senso incerto, un po' labile e soprattutto incapace di astrazione. Mentre il tatto ci trasmette la sensazione di una realtà che può apparirci solida e indubitabile, e l'occhio comporta la sensazione di uno spazio che possiamo esplorare e misurare restando noi stessi, l'odorato prefigura una realtà intrusiva e confusiva, fugace e transitoria. Collocato alla cerniera dei sensi della distanza (la vista e l'udito) e di quelli del contatto (il gusto e il tatto), l'olfatto è stato considerato di volta in volta, o complessivamente, un senso animale, primitivo, istintuale, voluttuoso, erotico, egoista, impertinente, libertino, frivolo, asociale, contrario alla libertà (in quanto, volenti o nolenti, c'impone le sensazioni più penose), incapace di uscire fuori dal solipsismo originario della soggettività. In un continuo va e vieni tra proporzione e svalutazione dei dati olfattivi, le ragioni filosofiche di denigrare il naso sono numerose. E bisogna aggiungervi la fugacità e l'evanescenza del suo oggetto, che rendono difficile la designazione degli odori e forniscono argomenti supplementari a tutti quelli che considerano l'olfatto decisamente inferiore, se non aleatorio.
Le montagne non trascorrono come nuvole, le cose non sono
fumo fluttuante come ipotizzato da Eraclito. E il discorso dei filosofi
sull'olfatto è in genere venato di sospetto, e ambivalente come
forse sono quasi tutti i nostri sentimenti; specialmente quando viene pure
suggerito che l'attuale scarsa sensibilità olfattiva negli esseri
umani sia il risultato di un declino costante, iniziato quando i nostri
antenati sono usciti dall'acqua, proseguito quando hanno assunto
la stazione eretta, prendendo così le distanze prima dal caos biogenetico
marino, poi dal suolo e dalle parti "basse": vicino alle quali
presumibilmente gli odori tendono ad essere concentrati.
Un senso proibito Sebbene oggi l'olfatto non abbia un'importanza preminente nella nostra vita convulsa di cittadini ben strigliati, deodorati e smacchiati, senza i molteplici recettori delle nostre umide fosse nasali puntate verso il basso saremmo alquanto sguarniti per apprezzare il cibo, sentire l'aroma dei nostri amanti e per chiudere il gas. Anche il campo della nostra immaginazione ne sarebbe abbastanza ridotto. Ma né l'ambiente, né l'esperienza, né la cultura ci hanno insegnato a prenderci cura degli odori, come se questi non fossero necessari alla nostra vita interiore quanto le immagini e i suoni. Certo si parla molto di odori e di sapori, ma quasi sempre in termini di eventi, di prodotti, d'immagini e di segni. Insomma difficilmente ci capita di renderci conto della ricchezza dell'olfatto, e disabituati a distinguere e ad apprezzare le sfumature degli odori di qualità accantoniamo uno dei più squisiti piaceri della vita. "Non pensare che i tuoi sensi siano ciò che dovrebbero essere – osservava Osho Rajeneesh. – Sono stati ammaestrati: tu vedi qualcosa solo se la tua società ti permette di vederla. Ascolti solo ciò che la tua società ti permette di udire. Usi il tatto solo se la società te lo permette. L'uomo ha perso diversi dei suoi sensi, per esempio l'odorato. Non lo possiede praticamente più. Qualcosa blocca il suo naso". Il maestro di Poona accennava presumibilmente a quanti hanno indagato a fondo in questo ambito, affermando che la causa risiederebbe nella repressione del sesso. Fisiologicamente l'essere umano sarebbe sensibile come qualunque altro animale, ma psicologicamente il senso dell'olfatto sarebbe stato alterato. Non a caso, Sigmund Freud ritornerà più volte sulla "rimozione" dell'odorato, specialmente nelle note di Il disagio della civiltà, rintracciando il declino dell'olfatto nella "tendenza della civiltà a limitare la vita sessuale". Vittima di una vera "rimozione organica" legata all'anale e al genitale, l'odorato appare come il primo e più pesante tributo da pagare al "fatale processo d'incivilimento". Per Freud il nocciolo del nostro problema irrisolto con gli odori è che:
... gli uomini civili (...) sono evidentemente imbarazzati da qualcosa che
ricorda loro troppo da vicino l'origine animale. Cercano di emulare gli "angeli
più perfetti" dell'ultima scena del Faust che si lamentano:
A noi portare un resto di terra è sforzo duro! Ché, fosse pur di asbesto sempre rimane impuro". A scapito delle restrizioni che il naso impone alla libido, il suo indebolimento resta tuttavia, per Freud, la condizione di non-ritorno a una fase anteriore dello sviluppo umano. A tale proposito, sulla scia di Freud, Lacan (nel seminario sull' Identificazione del 1961), dichiarò addirittura che: "... la regressione organica nell'uomo dell'odorato gioca un grande ruolo nel suo accesso alla dimensione Altro", vale a dire alla sfera simbolica, implicante l'accesso al linguaggio verbale e alle relazioni sociali di ordine culturale. I paradossi dell'olfatto sono illustrati da pochi stereotipi alquanto elementari. Senso del desiderio, dell'appetito e dell'istinto, se esso fosse predominante farebbe dell'uomo un essere incatenato al mondo esterno. Assimilato alle bestie, l'uomo vivrebbe solo di vibrante estasi animale, e non svilupperebbe alcun pensiero. Sarebbe ancora capace di comunicare ma, come accade negli animali, la sua sarebbe soprattutto una comunicazione su base chimica e non verbale. Incapace di pensieri e di tecniche, l'uomo sarebbe incapace di risolvere, e persino di constatare, i temi difficili e profondi dei filosofi. L'odorato è, per i filosofi, l'inverso dell'intelligenza. In altre parole, l'olfatto – perlomeno a partire da Aristotele che, per primo, lo classificò come un senso "basso" – non favorisce la conoscenza del mondo attraverso concezioni astratte, e reca il sigillo dell'animalità. Nel Settecento, il filosofo Kant condivideva la definizione aristotelica dell'olfatto come di un "senso animale", e lo collocava all'ultimo posto di una ideale gerarchia dei sensi, su cui primeggiava il senso nobile per eccellenza: la vista, sul cui modello sono basate le idee da cui veniamo illuminati e, più spesso, abbagliati. L'occhio è rappresentato dall'aquila, dalla luce, dalla veglia di una Ragione che genera mostri in pieno sole; il naso, invece, dal cane, dal maiale, dal topo o sorcio, e dunque dal procedere raso terra nell'oscurità. Senso ingrato (forse perché nel mondo degli odori, come in quello degli amori, le repulsioni sembrano essere più numerose delle attrazioni) il naso è non solo un senso infimo, ma anche umile, lento e sporco, oltre che il cammino più corto verso l'intimità tra i corpi. Insomma, l'olfatto è, di volta in volta, o contemporaneamente, un angelo caduto, un topo sfuggente, e un cane che viene dall'inferno. | << | < | > | >> |Pagina 141CAPITOLO 14
Appunti di stronzologia
E questo è l'inno del corpo sciolto, lo può cantare solo chi caga di molto se vi stupite, la reazione è strana perchè cagare è soprattutto cosa umana. – Da Tuttobenigni, Tratto dall'lp "Amore lavati"Attribuire funzioni sempre più circoscritte al senso dell'olfatto è stata una necessità per la maggior parte degli esseri umani. Chi non sottoscriverebbe questa frase di Montaigne? "A me piace assai di essere deliziato da buoni odori e odio oltremodo i cattivi, che sento da lontano più di qualsiasi altro". E chi vorrebbe vivere nel pulviscolo olfattivo soffocante che nei secoli scorsi segnava le città della vecchia Europa? Alla fine del Cinquecento, Montaigne scriveva che belle città come Venezia e Parigi gli diminuivano l'affetto che aveva per loro "per il puzzo, l'una delle sue lagune, l'altra del suo fango". Poco diverso l'aroma delle altre città, segnate da torrenti d'escrementi e da acri zaffate, come per esempio la città di Merdid (e non Madrid, secondo Tommaso Stigliani), o la città di Valladolid (visitata da Tassoni nel 1602), dominata da: Stronzi odorati e monti di pitali versati e sparsi e lucidi torrenti d'orine e brodi fetidi e fetenti, che non si pòn passar senza stivali; acque stercoreggianti e d'animali morti feconde, pan senza fermenti, pesci che appestan di lontan le genti, vini agri, aceti dolci, olii mortali; fabbriche sontuose in su due stecche impiastrate di fango e di lordura, chi qua, chi là, senz'ordine distinte; dame di biacca e di verzin dipinte, ma lorde, senza crin, spolpate e secche, cui la potta colar suol per natura, sono la tua ermosura, sono i tuoi vanti e il tuo superbo grido, Valle di loto e non Valledolido. Non tutte le epoche sono state fiorite, ma la lotta contro la scarsa igiene e le graveolenze dei secoli puzzolenti, da cui si è emancipata gran parte dell'Europa, continua ad accompagnarsi a non pochi pregiudizi nei confronti soprattutto degli aromi corporei o esterni, ovvero di una certa poesia naturale. Anche se la necessità di limitare l'olfatto sembra venuta meno, il controllo tecnologico dell'ambiente affonda le sue radici nella diffidenza, nella paura e nella guerra alle ragioni del vivente, ed è ormai esteso a qualsiasi aspetto della vita fisica, compreso il controllo degli odori più "intimi". Le strategie del controllo tecnoscientifico degli odori hanno comunque la tendenza a eludere la realtà biologica del corpo, per immetterci in un oceano infinito di crociere di sogno e di metafore. Forse il libero arbitrio non è completamente libero, nella cultura dell'audiovisuale. Ma persino nel ribollire del Secolo XX, è sicuramente ostinato anche grazie al naso, che tra i sensi è il più difficile da ingannare. È vero che gli esseri umani sanno rigirare qualsiasi argomento, sfidare limiti, inventare strategie ed eludere le verità più sgradevoli. Il naso, però, non ha ancora superato il tradizionale hardware di pelle aromatica e di carne che respira. Senso "basso", senso forse un po' trascurato della quotidianità, il naso sembra conservare un'ingenua ma preziosa fiducia nella natura umana.
Nello stesso tempo, però, il "ficcanaso" ci ricorda qualcosa che
vorremmo dimenticare e che è scomodo da portare, ovvero l'instabile componente
pulsionale del fondamento su cui poggia la società.
La figura che meglio rappresenta l'instabile base della società è lo stronzo, sebbene occulto se non rigidamente occultato. Appena ieri, ai primi del Novecento, a Milano le scale del Duomo sono coperte di escrementi, e i cartelli "Proibito lordare" sono la prova che la raccomandazione è necessaria. I milanesi però sostengono che sono i turisti e non loro a defecare presso i monumenti pubblici. Attualmente, nonostante la generale mancanza di gabinetti pubblici a Milano e in altre grandi città, l'Italia ha raggiunto le altre nazioni europee sul piano dell'igiene urbana, o perlomeno così pare stando alle statistiche che situano la sua rete fognaria al terzo posto in Europa. Sulla cacca e la pipì la legge della strada è assolutamente formale: i regolamenti sanitari dicono che non si ha diritto di liberarsi e trovare sollievo sulla via pubblica. E da quasi un secolo che, anche in Italia, lo stronzo è una questione assolutamente privata. Il soggetto non è tuttavia ancora completamente occultato. Tutti i giorni, questa o quella strada, soprattutto i marciapiedi ingombri di automobili puzzolenti, accoglie le cacche dei piccioni e gli stronzi dei cani. E le multe sono molto rare. Non resta che prendersela con prostitute, marchette e travestiti che sulla strada esercitano quasi nudi la loro attività sotto gli occhi dei bravi bottegai dall'esagitato gestire. In un giorno un individuo produce circa 220 gr di stronzo fresco, in una vita di 80 anni si avrà un prodotto lordo, è il caso di dire, di 6.336 kg. La produzione planetaria di stronzi (5 miliardi di emettori) ammonta a circa 360 miliardi di Kg all'anno, senza calcolare la pipì (circa 2.700.200.000.000 l all'anno). È difficile immaginare l'incredibile quantità d'urina e di materia fecale prodotta dagli uomini e dalle donne. Le cifre si raddoppiano se si aggiungono le produzioni fecali degli ultimi animali che forse ancora per poco abitano con noi questo pianeta. Gli stronzi generalmente galleggiano o meno a seconda del "gasaggio" degli individui. Si è a lungo pensato che un'alimentazione ricca di grassi e indigesta provocasse la produzione di stronzi pesanti che colavano a picco nell'acqua. In realtà, gli stronzi galleggiano a seconda che gli individui mangino molte o poche fibre non raffinate. Il gas si raccoglie negli interstizi delle sostanze non digeribili della fibra durante la fermentazione nel colon. Il peto, questo sussurro o grido dell'ano che può o meno accompagnarsi alla produzione dello stronzo, dipende dalla pressione gassosa nell'intestino che se è debole difficilmente dà luogo al peto sonoro, sapientemente denominato "fenomeno di risonanza sfinterale". E per questo che circa il 75% dei venti spiranti dall'ano restano muti. Al contrario, se appare un leggero squilibrio nel sistema digestivo, cosa inevitabile e normale, il peto diventa sonoro, secondo la posizione di contrazione del muscolo otturatore. I processi di fermentazione possono provocare una forte emissione d'idrogeno solforato. Tale carica supplementare passa per il retto a una pressione piuttosto elevata, cosa che spiega perché una flatulenza dovuta a un'alimentazione particolare (fagioli, per esempio) sia generalmente sonora. Gli specialisti parlano allora di "crepitii accompagnati da vento fetido che esce dagli intestini". Come lo stronzo, il peto continua a far paura. Soprattutto se, pessimo tiratore, mira in basso, verso i talloni, ma colpisce il naso.
Nel 1992 una rivista americana lanciò uno studio sugli effetti
della flatulenza umana eccessiva. Informati di una emanazione quotidiana di 20
milioni di metri cubi, i lettori espressero il timore della formazione di nubi
tossiche, scollamento dei parati dai muri delle abitazioni, caduta delle foglie
dagli alberi, morte prematura dei piccoli animali domestici. In realtà basta
molto poco per aromatizzare un peto, in quanto la produzione di gas intestinale
odorifero (composto di insolo, scatolo e soprattutto idrogeno solforato)
costituisce appena l'1% della produzione totale di gas in un intestino
sano. È solo l'intensità olfattiva di tali sostanze aromatiche a rendere il peto
particolarmente fetido. Le circostanze sociali esigono che
ci si ritenga dallo scoreggiare e le metodologie degli scoreggioni variano da
individuo a individuo. Grosso modo si peta di preferenza
in compagnia di amici intimi, quando si è soli, oppure se c'è molto
rumore intorno. Quelli che barano coprono il rumore con colpi di
tosse, raschiandosi la gola o simulando uno sternuto. Se però il peto
è fetido, per quanto ci si dia da fare, si potrà ingannare sia l'orecchio che
l'occhio del vicino, ma non il naso. Non resterà allora che
accusare una terza persona o affermare che si tratta del cane, del
gatto o di un bambino. Naturalmente il comportamento intimo e
sociale dello scoreggione varia straordinariamente da cultura a cultura, benché
la paura del peto sia particolarmente diffusa nei luoghi
di lavoro, nei tram e in metropolitana. Il mercato propone una
grande varietà di prodotti per ambiente contro i peti e l'industria
delle fragranze e degli aromi, oggi concentrata in poche grosse multinazionali
soprattutto americane e giapponesi, ha attualmente allo
studio dei filtri anti-peto di cui esistono numerosi brevetti. Il principio si
basa su filtri sottili da porre nelle mutande che lasciano passare i venti
arrestando però le molecole odorifere.
Pubblicità di merda Quanto allo stronzo, secondo gli psicoanalisti, l'interesse centrato del bambino su di esso si trasforma più tardi in interesse per il denaro. L'idea è che, poiché per il bambino il fare la cacca è una specie di dono fatto a mamma e a papà, più tardi, allorché il bambino scopre il vero mezzo di scambio che è il denaro, si produce una trasposizione inconscia dalle pulsioni anali a questo nuovo valore. Gli uomini e le donne, guidati fin dalla loro prima infanzia a ottenere amore e riconoscenza dal loro ambiente tramite il "dono" puntuale della cacca, apprendono così a ottenere e a comprare l'amore e la riconoscenza altrui tramite il danaro, in una società del rendimento, del deodorante e del massimo profitto, soprattutto economico, fondata, in fin dei conti, su valori di merda.
In pubblicità, del resto, la stessa merda può essere un vettore di
richiamo ai valori civici. Un esempio è la pubblicità della municipalità di
Londra che ha fatto realizzare un film educativo in cui si vede
un uomo che esce da casa correndo per andare a fare cacca sul marciapiede. Una
voce fuori campo dice: "Non lasciate fare al vostro
cane quello che non fareste voi stessi". L'Unicef, nel 1996, ha utilizzato lo
stronzo nel quadro della lotta contro la fame nel mondo.
Come ricorda Martin Monestier nella sua opera dedicata a un viaggio nel pianeta
merda
Histoire et bizarreries sociales des excréments
(Le cherche midi), il manifesto mostra uno stronzo accompagnato
dal seguente commento: "Milioni di bambini muoiono di fame
perché non hanno neanche l'equivalente nutrizionale contenuto
nelle nostre feci".
Cose che accadono quando si cambia un pannolino
Questo è un classico che ormai si trova, con qualche variante, su
numerosi newsgroup, impossibile capire da chi è partito.
1. Il pannolino può essere cambiato per tre ragioni: a) perché lo dice la mamma; b) perché lo dice la suocera; c) perché il bimbo ha cacato.
Naturalmente il gesto perde, nei primi due casi, gran parte della
sua drammaticità. Il vero, autentico cambio di pannolino prevede
la presenza della merda. Di solito accade così. La mamma prende
in braccio il bambino, lo annusa un po' e dice, con voce gaia e piuttosto
cretina: "E qui cosa abbiamo fatto, eh? Sento un certo odorino... cosa ha fatto
l'angioletto?". Poi la mamma va di là e vomita. A questo punto si riconosce il
padre di destra e il padre di sinistra. Il padre di destra dice: "Che schifo!" e
chiama la tata. Il padre di sinistra prende il bambino e lo va a cambiare.
2. Il pannolino si cambia, rigorosamente, sul fasciatoio. Il fasciatoio è un mobile che, quando lo vedi a casa tua, capisci che un sacco di cose sono finite per sempre, tra le quali la giovinezza e l'avventura. Comunque è studiato bene: ha cassettini vari e un piano su cui appoggiare il bambino. Far star fermo il bambino su quel piano è come far stare una trota in bilico sul bordo del lavandino. È fondamentale non distrarsi mai. Il neonato medio non è in grado quasi di girarsi sul fianco, ma è perfettamente capace, appena ti volti, di buttarsi giù dal fasciatoio facendoti il gesto dell'ombrello: pare che si allenino nella placenta, in quei nove mesi che passano sott'acqua. Dunque: tenere ben ferma la trota e sperare in bene. | << | < | > | >> |Pagina 196Odore di morte, dunque. Confesso che non mi va di sentire quell'odore, e che preferirei rimandare questo capitolo sull'odore della morte. A ogni modo, sono stato pagato per dirvi qualcosa sul buio mondo degli odori, per cui ho cercato nelle Officine dei sensi di Piero Camporesi un passo da una predica (quaresimale, naturalmente) del settecentesco Sebastiano Pauli. Ecco una costoletta estratta da un corpus letterario molto più esteso, brulicante di dettagli derivanti dall'attenta osservazione di un corpo aperto alle prime dissezioni e all'esplorazione anatomica. L'avete sotto il naso:Appena questo corpo, ben composto tuttavia, e ben organizzato, sarà chiuso nel sepolcro e mutatosi di colore diviene giallo e smorto, ma di un certo pallore e di una certa smortezza che fa nausea e dà paura. Annerisce poi tutto da capo a' piedi; ed un colore tetro e fosco, come di carbone spento, lo riveste e lo ricopre. Indi sul viso e sul petto e sul ventre comincia stranamente a gonfiarsi: sul quale stomachevole gonfiamento nasce una muffa fetida e grassa, lordo argomento della corruzione vicina. Né molto va, che il ventre così giallo e gonfio comincia a squarciarsi e a dare qua uno scoppio e là una rottura: dalle quali ne sbocca fuori una lenta lava di marciume e di schifezze in cui a pezzi ed a bocconi quella carne nera e marciosa galleggia e nuota. E dove vedesi ondeggiare un mezzo occhio inverminito, ove uno squarcio di labbro putrido e corrotto; e più avanti un gruppo di budella lacere e livide. In questo grasso fango si genera poi una quantità di picciole mosche, di vermi e di altri schifosi animaletti che bullicano e si aggomitolano in quel sangue corrotto, e attaccatisi a quella carne marcita se la mangiano e se la divorano. Una parte di quei vermi sorge dal petto, un'altra con un non so che di sporco e di muccoso cola dalle narici; altri invischiati in quella putredine entrano ed escono per bocca, ed i più satolli vanno e vengono, gorgogliano e rigorgogliano giù per la gola... I segni della putrefazione seguono la morte più o meno rapidamente, a seconda specialmente della temperatura e dello stato del cadavere. La macchia verde addominale e l'odore tipico della putrefazione sono dovuti soprattutto alla polluzione dei microbi intestinali. Il corpo si gonfia e il rigonfiamento proviene dal cocktail dei gas della putrefazione (gas carbonico, idrogeno solforato, ammoniaca, idrogeno). Allorché l'ossigeno presente si esaurisce, non restano più che microbi anaerobici, che non vivono che nell'assenza di questo gas. L'odore della morte, quello più sgradito, più repellente alle narici dell'uomo, è stato descritto in molti romanzi come dolciastro, penetrante, pauroso. Ed è spesso preceduto da quello delle malattie: fetido in alcuni tipi di cancro, dolce nauseante nella difterite, di muffa nell'eczema, di piume appena staccate nel morbillo, di mela nella peste, di putrido nel vaiolo e nello scorbuto, di pane caldo appena sfornato nella febbre tifoide, di macelleria nella febbre gialla. Il corna diabetico ha un odore di acetone, un odore ammoniacale può invece indicare una disfunzione renale, e un odore fecale si riscontra spesso nelle ostruzioni intestinali. L'accumulo di certi acidi in alcune malattie, come per esempio il morbo di Osthaus, di origine genetica, assomiglia all'odore del malto fermentato, mentre le infezioni indotte da batteri di pseudomonas hanno invece l'odore tipico della muffa che si forma nelle cantine. Alcuni neonati, affetti da una malattia di disfunzione dei grassi, hanno lo stesso odore di "piedi sudati" e quasi agliaceo che regna nello spogliatoio di una palestra. Gli esempi si potrebbero moltiplicare e un tempo i medici erano in grado di diagnosticare le malattie e le cause del coma semplicemente annusando i loro pazienti. Pratica ancora oggi in uso presso gli sciamani, per stabilire le loro diagnosi. Nel culto etiopico di origine africano della possessione da parte degli spiriti Zar, per esempio, l'aggressione della vittima si accompagna con l'emissione di un odore particolarmente soffocante e nauseabondo che s'infiltra nelle vie respiratorie della vittima. In tal caso, i terapeuti d'ispirazione islamica procedono a incensazioni del "posseduto" con grani di hilba (fieno greco, una pianta della famiglia delle primulacee), una sostanza dall'odore forte e acre che modifica l'odore della traspirazione e quella del corpo. L'odore dolciastro, tante volte descritto dagli osservatori, si percepisce pochi istanti dopo il decesso. Uno studioso del Settecento, Becher, lo paragona a "una fermentazione vinosa"; si sviluppa quindi un odore acido più intenso, assai simile a quello del formaggio che marcisce, e che potrebbe definirsi "acidocaseoso", simile al formaggio Roquefort o al nostro gorgonzola. Un'ampia bibliografia degli studi, ormai classici, che hanno aperto la strada alle attuali ricerche di fior di scienziati sull'odore della morte, la si può trovare in Alain Corbin (Storia sociale degli odori). Qui mi limiterò a riportare le osservazioni di Gardane, uno di quei dotti intenti all'"ascolto" della corruzione: "Infine, si manifesta l'odore di putrefazione, che dapprima è insulso e un po' acre, e tuttavia questo nidore dà la nausea (...) impercettibilmente, l'odore diviene penetrante, ed eccolo ormai acre e abominevole. Al sentore putrido fa seguito uno erbaceo e con esso l'odore d'ambra". Queste osservazioni concordano con i dati dell'esperienza. Anche a me, per esempio, è capitato – in India o in Marocco – di sentire la carogna di qualche cane morto: da lontano sembra odore di biancospino, da vicino è putrido, pungente da mozzare il respiro. Quanto all'ambra, fino a pochi anni fa veniva estratta dalla concrezione patologica del capodoglio. Oggi, questa malattia del mare, per motivi ecologici, viene ricavata per sintesi chimica a base di scatolo e di lattoni, ed entra a far da "fondo" ai profumi più squisiti. I profumieri sanno quanto sia decisivo "legare" con odori più resistenti detti "fissativi" i sentori delicati e molto volatili come quelli di certi fiori come per esempio il gelsomino o la tuberosa. Il muschio ha la particolarità di esaltare gli odori volatili e delicati. L'ambra sintentica, invece si presta molto bene come "fissativo". Anche l'odore più forte e sgradevole, se diluito in misura sufficiente, può diventare celestiale. Da qui, probabilmente, l'"odore di santità" emanato da alcuni nobili cadaveri di santi e sante. Al contrario, anche il più celestiale dei profumi può far ribrezzo se troppo concentrato come il tipico odore del cadavere o di certi formaggi putridi ma deliziosi. Può darsi che la propensione per i gusti "forti" risalga al passato della nostra specie, che è onnivora, cioè anche carnivora. Anzi, secondo alcune interpretazioni, la diminuzione della soglia olfattiva negli esseri umani potrebbe risalire al tempo in cui i nostri antenati carnivori erano costretti a nutrirsi di carogne, come occasionalmente accade non solo alle iene, ma anche ai più nobili fra i carnivori come i leoni o le pantere. Naturalmente l'uomo non è prevalentemente carnivoro, i suoi piccoli denti e la mancanza di unghie lo dimostrano. Chissà perché l'uomo ha zanne e unghie di giaguaro nella testa. I nostri istinti sono sani, è la ragione che è malata e che, nella sua veglia, genera i mostri della civiltà diurna. Le indagini sulla putrefazione risalgono alla preistoria, allorché gli esseri umani seppellirono il primo morto, e cosparsero di fiori la prima tomba: dando inizio a quei riti di conservazione e di memoria su cui si è edificata la cultura e quello che chiamiamo la vita dello spirito. L'utopicità della cultura umana ha dunque la sua radice essenziale nella morte. Essa non è mai, nella nostra civiltà, un evento naturale, così come non è naturale la vita di fame, di miseria, di malattia, di repressione sprigionata dal capitalismo su scala planetaria. La cultura è rara come qualsiasi altro gesto d'intelligenza, di poesia o di pietà. La civiltà, al contrario, è la morte della cultura. Per farla, come ai vecchi tempi, di nuovo addosso al Marcuse di Eros e civiltà (uno dei nostri libri da comodino, o meglio da sacco a pelo): Sotto le condizioni di un'esistenza veramente umana, la differenza tra soccombere a una malattia all'età di dieci, trenta, cinquanta o settant'anni, e morire di una morte naturale dopo una vita compiuta, è una differenza che ben merita una lotta con l'energia degli istinti. Non coloro che muoiono, ma coloro che muoiono prima di quanto debbano e vogliano morire, coloro che muoiono in agonia e tra sofferenze, costituiscono il grande atto di accusa contro la civiltà.
La differenza fra una morte
umana
e una morte
alienata
ben merita
una lotta con l'energia degli istinti.
Questo, mi pare, direbbe ancora oggi l'odore della morte, se non fossimo ormai
abituati a vedere in televisione i massacri
inodori
delle guerre, la cui riproduzione ossessiva in spettacoli, in videogiochi e
nella letteratura delle ultime leve di scrittori è la moda del momento: una
nuova forma di manierismo falsamente anarchica e ribelle.
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