Sul piacere del testo non è possibile nessuna «tesi»; appena un'ispezione
(una introspezione), che taglia corto. "Eppure si gaude!" [In italiano nel
testo]. Eppure, a dispetto di tutto, io godo del testo.
Almeno degli esempi? Si potrebbe pensare a un'immensa mietitura collettiva:
si raccoglierebbero tutti i testi a cui è toccato di "far piacere a qualcuno"
(da qualunque parte questi testi vengano) e si manifesterebbe questo corpo
testuale (corpus: è la parola giusta), un po' come la psicanalisi ha esposto il
corpo erotico dell'uomo. Un simile lavoro, però, c'è da temere che arriverebbe
solo a "spiegare" i testi scelti; ci sarebbe una biforcazione inevitabile del
progetto: non potendosi dire, il piacere si metterebbe sulla via generale delle
motivazioni, di cui "nessuna riuscirebbe a essere definitiva" (se adduco qui
certi piaceri del testo lo faccio sempre di sfuggita, in modo molto precario,
nient'affatto regolare). In una parola, un lavoro del genere non potrebbe
scriversi. Non posso che "girare" intorno a un soggetto simile - e allora
meglio farlo brevemente e solitariamente che non collettivamente e
interminabilmente; meglio rinunciare a passare dal "valore", fondamento
dell'affermazione, ai "valori", che sono effetti di cultura.
Roland Barthes, "Variazioni sulla scrittura", Einaudi, Torino, 1999
|