Dei libri come oggetti, come cose; delle librerie come
vestigia archeologiche, mucchi di stracci o archivi che
non intendono rivelarci la conoscenza che possiedono,
che si negano per natura a occupare il luogo che spetterebbe loro nella storia
della cultura; della loro condizione
sovente non territoriale, che si contrappone a una gestione politica dello
spazio in termini nazionali o statali; dell'importanza dell'eredità,
dell'erosione del passato; del rapporto tra memoria e libri; del patrimonio
immateriale che si concreta su materiali destinati a decomporsi; della
libreria e della biblioteca come volti di Giano bifronte o
come anime gemelle; della censura che è sempre oppressiva; degli spazi apolidi;
della libreria come caffè e come luogo che travalica i punti cardinali – Est e
Ovest, Oriente e Occidente –; delle vite e delle opere dei librai, stabili
o ambulanti, isolati o ascrivibili a una tradizione comune;
della tensione tra unicità e serialità; del potere dell'incontro in un contesto
librario e del suo erotismo, della sua latente sensualità; della lettura come
ossessione e come follia, ma anche come pulsione inconscia o come impresa
commerciale, con i relativi problemi di gestione e forme
di abuso sul lavoro; dei tanti centri e delle infinite periferie; del mondo come
libreria e della libreria come mondo; dell'ironia e della solennità; della
storia di tutti i libri e dei libri veri e propri, con nomi e cognomi in
copertina, di carta e di pixel; delle librerie universali e delle mie
librerie private: di tutto ciò parlerà questo libro, [...]
Jorge Carrión, "Librerie", Garzanti, Milano, 2015
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