"Prima Pagina" di marzo 2013

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L'atto della lettura è a rischio. Leggere, voler leggere e saper leggere, sono sempre meno comportamenti garantiti. Leggere libri non è naturale e necessario come camminare, mangiare, parlare o esercitare i cinque sensi. Non è un'attività primaria, né fisiologicamente né socialmente. Viene dopo, implica una razionale e volontaria cura di sé. Leggere letteratura, filosofia e scienza, se non lo si fa per professione, è un lusso, una passione virtuosa o leggermente perversa, un vizio che la società non censura. È sia un piacere che un proposito di automiglioramento. Richiede un certo grado e capacità di introversione concentrata. È un modo per uscire da sé e dall'ambiente circostante, ma anche un modo per frequentare piú consapevolmente se stessi, il proprio ordine e disordine mentale.

Alfonso Berardinelli, "Leggere è un rischio", nottetempo, Roma, 2012