L'atto della lettura è a rischio. Leggere, voler leggere e saper leggere,
sono sempre meno comportamenti garantiti. Leggere libri non è naturale e
necessario come camminare, mangiare, parlare o esercitare i cinque sensi. Non è
un'attività primaria, né fisiologicamente né socialmente. Viene dopo, implica
una razionale e volontaria cura di sé. Leggere letteratura, filosofia e scienza,
se non lo si fa per professione, è un lusso, una passione virtuosa o leggermente
perversa, un vizio che la società non censura. È sia un piacere che un proposito
di automiglioramento. Richiede un certo grado e capacità di introversione
concentrata. È un modo per uscire da sé e dall'ambiente circostante, ma anche
un modo per frequentare piú consapevolmente se stessi, il proprio ordine e
disordine mentale.
Alfonso Berardinelli, "Leggere è un rischio", nottetempo, Roma, 2012
|