"Prima Pagina" di settembre 2020

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La lettura di libri è una pratica formativa, che richiede applicazione nella ricerca di relazioni con altre conoscenze o esperienze, che ci obbliga a 'stare sulle parole' per un tempo non breve. Ciò può accadere, ovviamente, anche in ambiente digitale, ma il fatto che in rete vi sia una grande quantità di contenuti facilmente accessibili e prontamente disponibili può farci credere che non ci sia bisogno di altro, che non valga la pena di 'perdere tempo' con strumenti lenti come i libri, e indurci ad accontentarci del molto che ci viene dato dalla rete. Ricchezza e facilità ci rendono passivi? Torniamo così al concetto di 'pazienza cognitiva', già enunciato in precedenza: la complessità che è propria del libro non riguarda solo la sua architettura, ma anche il fatto che esso ci predispone ad appropriarci progressivamente di contenuti articolati e complessi, attraverso uno sforzo di esercizio delle nostre capacità critiche.

Sarebbe però una semplificazione eccessiva ritenere che la complessità sta al libro come la superficialità sta al testo digitale. [...]

[...] L'alternativa dettata dalla rete non è perciò fra complessità e superficialità ma, semmai, fra attività e passività. Scorrere velocemente i testi con lo sguardo non è la stessa cosa che leggerli.

Giovanni Solimine, Giorgio Zanchini, "La cultura orizzontale", Laterza, Bari-Roma, 2020